CERCA
Cerca nelle notizie
Dal
Al
Cerca nel sito
Fnsi 01 Mar 2004

Assostampa Ligure, G8: la penna più forte della spada Giusta la costituzione di parte civile Processo blindato: no alle immagini, vietato il lavoro a fotogiornalisti e telecineoperatori Assostampa Ligure e Gruppo cronisti chie

Assostampa Ligure, G8: la penna più forte della spadaGiusta la costituzione di parte civileProcesso blindato:no alle immagini, vietato il lavoro a fotogiornalisti e telecineoperatoriAssostampa Ligure e Gruppo cronisti chiedono la revoca del provvedimento

Assostampa Ligure,
G8: la penna più forte
della spada
Giusta la costituzione
di parte civile
Processo blindato:
no alle immagini, vietato il lavoro a fotogiornalisti e telecineoperatori
Assostampa Ligure e Gruppo cronisti chiedono la revoca del provvedimento

“La penna più forte della spada”. Lo avevamo sostenuto prima, durante e dopo il G8 del 2001 con le denunce – non solo “politiche”, ma anche giudiziarie – contro tutte le violenze subite dai giornalisti. Lo avevamo sostenuto denunciando e documentando le aggressioni, i ferimenti e le distruzioni delle attrezzature per non meno di una trentina di colleghi (fotogiornalisti, telecineoperatori, giornalisti dipendenti e free lance), durante gli scontri di piazza da parte dei manifestanti violenti. Lo avevamo sostenuto testimoniando (per primi in sede giudiziaria, con il presidentete dell’Ordine dei giornalisti della Liguria e due altri colleghi), sulle violenze alla Diaz, al Press center e nel carcere provvisorio di Bolzaneto (caso svelato dall’inchiesta giornalistica di un collega genovese di Repubblica): “situazioni” in cui cinque giornalisti italiani e stranieri furono fermati o arrestati con abusi di vario tipo. Tutte le violenze e le intidimidazioni di ogni “parte”, del prima-durante e dopo G8, avevano un unico obiettivo: impedire di raccontare, documentare, testimoniare. Dove c’è violenza non ci sono diritti e chi non ha cognizione dei diritti, non può e non sa né tutelare i propri, né (soprattutto) quelli degli altri. Lo ribadiamo oggi, condividendo la giustezza della costituzione di parte civile nei processi contro i violenti di qualsiasi appartenenza: la “non” violenza e il rispetto della legalità e dei diritti sono una discriminante fondamentale per questo sindacato. L’Associazione ligure dei Giornalisti conferma oggi le posizioni e le denunce del 2001, ribadendo la volontà di costituirsi al fianco dei giornalisti parti offese nei processi che verranno celebrati. Processi che, peraltro, giudicheranno purtroppo solo una parte delle vicende, delle violenze e dei misteri del G8 del 2001, comprese molte delle violenze subite dalla stampa nei cosiddetti “fatti di strada”. I colleghi non devono avere timori o paure nei confronti dei violenti. L’invito è esteso alle Associazioni di stampa regionali italiane, alla Fnsi e alle associazioni internazionali della stampa alle quali le vittime degli abusi sono iscritti. Non ci possono essere regole e diritti con la violenza, da qualsiasi parte provenga. L'Associazione ligure dei giornalisti ed il gruppo cronisti liguri criticano la decisione di tribunale e procura generale di Genova di vietare la ripresa di immagini del processo a 26 manifestanti del G8 che comincerà martedì e chiedono che i magistrati tornino sui propri passi, revocando un provvedimento iniquo e contradditorio. «Sarà un processo a numero chiuso, per il pubblico e per il mondo dell'informazione - scrivono il segretario dell'Associazione, Marcello Zinola ed il presidente dei cronisti, Marco Menduni - Le udienze saranno riservate a una elite di pubblico e di giornalisti. Perché Tribunale e Procura generale hanno deciso di vietare l'ingresso a fotogiornalisti e telecineoperatori, negando così di fatto il diritto a fare informazione per queste due categorie del giornalismo italiano e internazionale». Definita incomprensibile la scelta, i giornalisti chiedono che essa venga ritirata, consentendo a tutti i giornalismi di potere rispondere, in piena libertà, al diritto-dovere di fare e di ricevere informazione. «E' stridente - affermano Zinola e Menduni - che un processo che si fonda, in molte parti, proprio sulle immagini video e fotografiche, dove molti atti di violenza sono stati indirizzati nei confronti di operatori dell'informazione, venga oscurato con una decisione che, pur a fronte di esigenze di organizzazione e di sicurezza, non può essere accettata dal mondo ell'informazione italiano e internazionale». (ANSA)

@fnsisocial

Articoli correlati