Sono stati condannati in primo grado a 6 anni di reclusione Roberto Spada e Ruben Nelson Alvez del Puerto, ritenuti colpevoli dell'aggressione al giornalista di 'Nemo' Daniele Piervincenzi e al cameraman Edoardo Anselmi avvenuta a Ostia lo scorso 7 novembre. Per entrambi è stata riconosciuta l'aggravante del metodo mafioso. La pubblica accusa, il pm Giovanni Musarò, aveva chiesto per i due 8 anni e 9 mesi.
La sentenza della nona sezione del tribunale di Roma ha disposto anche la misura della libertà vigilata per un anno al termine della pena per Roberto Spada e Ruben Nelson Alvez del Puerto. Stabiliti anche risarcimenti in favore di Piervincenzi, Anselmi e delle altre parti civili, tra cui la Regione Lazio, il Comune di Roma, la Federazione nazionale della Stampa italiana, l'Ordine dei giornalisti e Libera.
«La condanna in primo grado inflitta a Roberto Spada e Ruben Nelson Alvez del Puerto, ritenuti colpevoli dell'aggressione a Daniele Piervincenzi e Edoardo Anselmi, è la conferma che sul litorale romano la mafia esiste, come avevano già denunciato anche altri cronisti come Federica Angeli», è il commento del segretario generale e del presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti.
«Ringraziamo Piervincenzi e Alselmi e con loro tutti i cronisti dalla 'schiena dritta' che con il loro lavoro contribuiscono a illuminare quelle periferie dove la criminalità tenta di nascondere i propri traffici. La Federazione nazionale della Stampa italiana, che, grazie all'assistenza dell'avvocato Giulio Vasaturo, si è costituita parte civile insieme con l'Ordine dei giornalisti e con Libera, continuerà a schierarsi, dentro e fuori le aule di tribunale, al fianco dei giornalisti che indagano su mafie, corruzione e malaffare», concludono i vertici del sindacato.
«È importante rilevare – osserva l'avvocato Vasaturo – che nella sentenza i giudici hanno voluto riconosce e valorizzare in pieno il ruolo di Fnsi e Ordine quali parti direttamente lese dal reato commesso. Come a dire che chi aggredisce un cronista aggredisce quel diritto di cronaca che ordine e sindacato sono chiamati a tutelare assieme ad ogni singolo giornalista».
Per il presidente dell'Unione nazionale cronisti, Alessandro Galimberti, «la sentenza, con l'affermazione dell'aggravante mafiosa, segna un principio importante a tutela dei giornalisti e della stessa comunità di riferimento. Mafiosità che, ricordiamolo, è stata 'scoperta' dai giudici proprio a seguito dell'incessante lavoro dei cronisti locali, a cominciare da Federica Angeli».