«La memoria è qualcosa che ti deve indurre a coltivare i semi che ha lasciato chi non c'è più. Perché il modo giusto per ricordare le persone è tramandarne gli insegnamenti. Nel caso di Walter Tobagi quello che mi colpisce è il riferimento a quell'ultima riunione sindacale della sera prima dell'assassinio, con tanti elementi di straordinaria attualità. E poi il rapporto tra testo e contesto, la capacità che aveva Tobagi di collegare gli elementi, di cogliere i nessi, di spiegare». Così il presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana, Giuseppe Giulietti, partecipando a Milano alla cerimonia in ricordo del giornalista del Corriere della Sera e presidente dell'Associazione Lombarda dei Giornalisti ucciso il 28 maggio 1980, a 33 anni, da uomini della Brigata XXVIII marzo, una formazione terroristica di estrema sinistra.
«Eravamo qui lo scorso anno, siamo qui per i 41 anni dall'omicidio, ci saremo anche nei prossimi anni. Nella speranza, nel 42esimo anniversario, di poterci recare anche dove dovrebbe essere collocata, come hanno chiesto i familiari, la panchina che il sindaco di Milano ha promesso lo scorso anno», ha aggiunto Giulietti.
Ad aprire la cerimonia, cui era presente anche la presidente dell'Inpgi, Marina Macelloni, il presidente dell'Alg, Paolo Perucchini. «Un eroe del giornalismo, un personaggio che ha segnato la storia del giornalismo e la storia di libertà di questo Paese», ha esordito. «Tobagi è stato un testimone di libertà e di chiarezza che si impegnava nel giornalismo e nel sociale, che cercava di dare una nuova dimensione di verità agli anni bui del terrorismo. Per me – ha ribadito Perucchini – è fondamentale portare avanti il suo ricordo perché i suoi insegnamenti, a distanza di 41 anni oggi, sono ancora importanti e attuali. Coltiveremo sempre il ricordo di Walter».
A portare i saluti e il ringraziamento della famiglia Marco Volpati, che ha anche ricordato «l'impegno civile, in particolare nel sindacato» di Tobagi, «persona buona ed esemplare – ha detto – presa di mira perché i nemici della democrazia nutrivano nei confronti di chi rappresentava un mestiere di testimonianza e professionalità un odio strutturale».
E Giovanni Negri, predecessore di Perucchini alla guida della Alg, ha rievocato l'uomo di cultura. «Un predestinato», che scrisse «una tesi di laurea di 562 pagine, che a trent'anni aveva già scritto 12 libri di approfondimento», il cui motto era «voler capire per poter spiegare», un lavoro svolto all'insegna «non delle parole tonanti, ma – ha evidenziato – del lavoro costante, faticoso, giorno per giorno».