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Walter Tobagi
Anniversario 27 Mag 2024

1980-2024, 44 anni senza Walter Tobagi

Il 28 maggio 1980 un commando di ragazzi aspiranti brigatisti uccise a Milano il presidente dell'Associazione Lombarda dei Giornalisti, firma di punta del Corriere della Sera. Aveva 33 anni. Come ogni anno la memoria del cronista scomparso verrà omaggiata davanti alla targa che gli è dedicata sul luogo dell’agguato, e al cimitero di Cerro Maggiore, dove è sepolto. Il ricordo del collega e amico Marco Volpati.

di Marco Volpati

Gli avvenimenti interni e internazionali ci dicono che il mestiere di giornalista rimane scomodo e anche pericoloso. Ci sono le guerre di questi inimmaginabili anni ’20, ma anche azioni non cruente e tuttavia intimidatorie. Oggi è arduo ripensare in quale clima si vivesse in Italia nell’epoca che è conosciuta come gli Anni di Piombo, quando lo scontro politico-ideologico era esploso; e vittime designate di organizzazioni armate erano forze di polizia, magistrati, docenti, dirigenti industriali, e con loro anche giornalisti.

Sono passati 44 anni dall’assassinio di Walter Tobagi. Aveva 33 anni, era inviato del Corriere della Sera esperto in politica, società, inchieste giudiziarie; e contemporaneamente presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti. Sembra impossibile che riuscisse a svolgere tutti i suoi compiti, compresa la scrittura di saggi di storia, lezioni all’università e anche incontri in parrocchia con i giovani.

La sua convinzione era che il giornalista dovesse dare il massimo non solo per sé, per il proprio lavoro, ma anche aiutare, difendere, indirizzare gli altri. Professionista e cittadino insieme. Si era occupato di terrorismo, di Brigate Rosse: con il metodo dello storico approfondiva le conoscenze, studiava da vicino le situazioni, parlava con tutti per capire gli avvenimenti. Non aveva esitato a presentarsi, armato solo della penna e del suo sorriso pacato, in sedi semiclandestine dove abbondavano le armi e fiorivano le contiguità con i terroristi.

La mattina del 28 maggio 1980, a Milano in via Salaino, sotto casa sua, un commando di ragazzi aspiranti brigatisti lo attese e lo freddò a revolverate. Uno di quei terribili volantini di “rivendicazione” lo indicava come “terrorista di stato”. La sua colpa era solo di non rinunciare al lavoro che svolgeva senza pregiudizi e senza invettive. C’erano stati segnali di pericolo, ma Walter era convinto di non poter tradire il mestiere e il dovere di informare.

I suoi articoli sono adesso testi di studio per futuri giornalisti. Esempi efficaci di come acquisire notizie, andando alle fonti, tra la gente; ascoltando tutte le voci possibili. Anche nell’epoca del web e dei social si può agire con il suo metodo, la sua etica della professione. È duro, ma soltanto così il giornalismo è un valore.

I colleghi dell’Associazione Lombarda, ogni 28 maggio, ricordano Walter: davanti alla targa che gli è dedicata sul luogo dell’agguato, e al cimitero di Cerro Maggiore, dove è sepolto accanto ai suoi familiari.

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