L’Associazione Stampa Romana sostiene l’azione sindacale dei colleghi del Messaggero che hanno richiesto all’azienda di intervenire secondo leggi e contratto per le sostituzioni ferie, per garantire una corretta gestione e organizzazione del lavoro e la qualità del prodotto nel periodo estivo.
Di fronte alla chiusura dell’azienda la redazione ha deciso tre giornate di sciopero (la prima delle quali sabato 8 luglio). L’Associazione Stampa Romana, inoltre, considera provocatoria la risposta dell’Editore (pubblicata sul “Messaggero” del 4 luglio), che scambia una doverosa trattativa sindacale con un tentativo di co-gestione del giornale: l’art. 34 del Cnlg recita infatti che è “compito del Comitato di Redazione (...) formulare proposte sulla fissazione degli organici redazionali e sui criteri per la loro realizzazione”. Comunicato del Cdr L'Assemblea dei redattori del Messaggero proclama lo stato di agitazione, e affida al Cdr un pacchetto di tre giorni di sciopero, il primo dei quali indetto per sabato 8 luglio, a sostegno di una vertenza per le condizioni di lavoro dei giornalisti e per la difesa della dignità della testata. La Redazione del Messaggero denuncia con preoccupazione le scelte dell'Editore che dimostrano una volta di più, e ora in maniera clamorosa, il disinteresse per quella che è la vocazione di un quotidiano, e cioè essere al servizio dell'informazione. L'Editore del Messaggero, nonostante i suoi vistosi profitti ai quali sono puntualmente dedicati ampi spazi su queste colonne, si ostina a fare sempre nuove economie sulle risorse professionali, cioè proprio sulle risorse primarie che danno qualità al giornale. Tutto questo avviene mentre è in corso nella Redazione una riflessione, che si è espressa anche in assemblea, sull'invadenza di interessi economici e politici che possono nuocere alla completezza e correttezza dell'informazione. Quest'estate la novità è la rinuncia ai "cambi ferie", e cioè alle assunzioni temporanee di colleghi disoccupati chiamati a sostituire per luglio e agosto i redattori che vanno in vacanza. Una prassi necessaria, visto che il prodotto-giornale non va in ferie. Questa decisione è maturata dopo che il Direttore e il rappresentante dell' Azienda avevano preannunciato, da settimane, che i "cambi ferie" erano in programma. C'era solo un disaccordo con il sindacato su quanti ne dovevano essere stipulati. Il Comitato di Redazione, in particolare, poneva l'attenzione sulla situazione delle redazioni decentrate del Lazio, dell'Abruzzo, dell'Umbria e delle Marche, da dove in un anno e mezzo sono andati via, perché trasferiti a Roma, pensionati o licenziati, otto giornalisti. L'Editore li ha sostituiti con due sole assunzioni, una delle quali part-time. E dall'anno scorso non c'è più neanche un coordinatore delle redazioni locali. L'Editore, dopo aver tenuto sulla corda i redattori, ha comunicato solo pochi giorni fa al Direttore l'intenzione di non procedere ai "cambi ferie". Tutto questo senza motivazioni illustrate al Comitato di Redazione, che ha la competenza affidatagli dal Contratto nazionale di lavoro di esprimere e formulare proposte sugli organici redazionali e i criteri per la loro realizzazione. Contemporaneamente, l'Editore non ha nemmeno risposto a due lettere del sindacato, consegnate una settimana fa, che chiedevano venissero comunicate le iniziative promozionali di abbinamento del Messaggero con altri quotidiani, e le tirature del giornale nelle sue varie edizioni locali. Comunicazioni, soprattutto quest'ultima, che permetterebbero di organizzare meglio il lavoro. Tutto questo avviene mentre è sempre più complicato ottenere il disegno e le modifiche delle pagine dalla Tipografia, che patisce anch'essa una forte conflittualità con l'Editore. Così la Redazione si trova ad affrontare sempre maggiori difficoltà, con un organico sempre più ridotto. Una situazione insostenibile se si vuole garantire ai lettori la qualità tradizionale del Messaggero. Comunicato dell'Editore La Società Editrice non ritiene opportuno rispondere al comunicato del Cdr. Ritiene invece necessario evidenziare le aspettative della rappresentanza sindacale dei giornalisti tendenti ad una co-gestione dell'azienda che la stessa non è e non sarà mai disponibile ad accettare.