L'Associazione invita i media a riaprire un dibattito costruttivo sulla tutela dell'infanzia, alla luce dei principi della Carta di Treviso
«La terribile immagine del bambino siriano, trovato senza vita sulla spiaggia di Bodrum, sta scuotendo le coscienze di tutto il mondo, riportando all'attenzione il drammatico tema dell'immigrazione. Si tratta di un'emergenza che non è possibile ignorare e che chiede a tutti uno scatto di responsabilità e di coraggio. Nessuna buona intenzione, nemmeno quella di accendere con più forza i riflettori su quanto sta accadendo e sull’inadeguatezza delle soluzioni che sono state finora messe in campo, può permetterci però di superare il limite e di ledere la dignità della persona, in particolar modo se si tratta di un bambino». Il Professor Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro, interviene nel dibattito che sta dividendo l'opinione pubblica e il mondo dell'informazione, riguardo alla pubblicazione delle immagini del piccolo Aylan.
«I media - prosegue Caffo - hanno dovuto prendere una decisione estremamente complessa in brevissimo tempo, scegliendo a seconda dei casi di pubblicare o meno uno o tutti gli scatti del servizio fotografico. Un dilemma che non ha riguardato solo il tema del rispetto della privacy e che ha fatto emergere la necessità di denunciare la tragedia vissuta da un essere umano, in questo caso minore straniero non accompagnato, purtroppo ritrovato cadavere sulla spiaggia.
Alcuni quotidiani on line hanno lasciato ai lettori la scelta, avvertendoli del fatto che quell'immagine avrebbe potuto urtare la loro sensibilità. Altri hanno deciso di posizionarla in home page, senza alcun filtro. Scelte diverse che danno il senso di un dibattito drammatico che prosegue tra i colleghi delle diverse testate e che continua anche all'interno delle stesse redazioni».
«Davanti a tutto ciò Telefono Azzurro non può però non ricordare i principi che già nel 1990 avevano spinto l'Associazione, l'Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa a lavorare insieme alla Carta di Treviso per una cultura dell'Infanzia.
Il documento, in uno dei suoi passaggi più significativi, recita: "nel casi di minori malati, feriti, svantaggiati o in difficoltà occorre porre particolare attenzione e sensibilità nella diffusione delle immagini e delle vicende al fine di evitare che, in nome di un sentimento pietoso, si arrivi ad un sensazionalismo che finisce per divenire sfruttamento della persona"».
«Parole ancora attuali - conclude il professor Caffo - che ci chiedono di ribadire il nostro no alla spettacolarizzazione della morte. La pubblicazione di quelle immagini è stata a nostro avviso un errore nei confronti del bambino siriano e della sua famiglia, ma anche dei bambini e delle persone fragili che non hanno potuto scegliere se vedere o meno quelle fotografie e che non sono state accompagnate e adeguatamente aiutate a comprendere. Questo fatto, che continuerà a interrogarci a lungo, può essere l'occasione per riaprire un dibattito sincero e leale su questi temi, per trovare insieme un nuovo equilibrio tra deontologia e informazione tempestiva, nel rispetto della dignità della persona, con una particolare attenzione all'infanzia».