Il mezzo, o, come lo definiva McLuhan, il 'medium', è alla base della crisi della carta stampata? Davvero internet e la multimedialità uccideranno i giornali? Editori e giornalisti si sono messi a confronto nel convegno che l'Università La Sapienza, insieme a Osservatorio TuttiMedia - Media Duemila, ha dedicato martedì 31 maggio a Marshall McLuhan (1911-1980), il sociologo canadese che per primo parlò di 'villaggio globale' e di cui quest'anno ricorre il centenario della nascita, festeggiato, solo in Italia, da 250 conferenze.
Un'intensa giornata, intitolata 'McLuhan: Tracce del futuro - The future of the future is the present', aperta dall'ambasciatore canadese S.E. James A. Fox e guidata dal sociologo Derrick de Kerckove, che in varie declinazioni ha illustrato la lungimiranza delle dieci predizioni formulate da McLuhan nel '62, dalle applicazioni bio-mediche raccontate dallo psichiatra della Columbia University Norman Doidge all'importanza di internet in eventi come le rivolte del nord Africa o l'elezione del presidente Obama ricordati dal professor Abdullah Alrefaee dell'Università dell'Arabia Saudita. Momento focale, i sei Atelier di Intelligenza Connettiva, dibattiti aperti che, come la rete prevista da McLuhan, mettessero in connessione temi, voci e soluzioni. Ad animare l'Atelier sull'editoria, il tema della multimedialità.
''L'editoria oggi è sinonimo di crisi'', ha esordito Giulio Anselmi, presidente dell'ANSA. ''Ma in realtà - ha aggiunto - alla caduta delle copie cartacee dei giornali, -25% in 10 anni, corrisponde una tenuta su internet. Molti pensano che la multimedialità possa risolvere tutti i problemi e non c'è grande gruppo editoriale che non sia stia impegnando su questo fronte. Il problema centrale, però, oggi è innanzitutto la qualità''. In uno scenario, in alcuni casi, all'impasse, tra editori ''capaci solo di tagliare'' e giornalisti ''abbarbicati sulle loro posizioni'' per capire se fosse il caso di ''accettare o meno la multimedialità'', per Anselmi la conoscenza delle nuove tecnologie è ormai la dotazione indispensabile di un giornalista. ''Ma - sottolinea – la macchina è la macchina. A fare la differenza è l'intelligenza della persona. Il cervello, per cominciare''. Fino a quando ''l'informazione sarà poco attraente, autoreferenziale o si limiterà a uno scambio tra poteri, sarà destinata alla crisi.
Non è vero che la carta stampata è stata uccisa da internet, è stata vittima di un suicidio'' con atteggiamenti ''cerchiobottisti'' in cui ''si è utilizzato strumentalmente persino l'infoteinment per non dare l'informazione. C'è un problema alla base che è di gran lunga più importante del dibattito 'carta o internet'''.
A scommettere tutto sulla multimedialità e sullo sfruttamento incrociato di media diversi nel recupero pubblicitario è Paolo Liguori, direttore del Tgcom, per il quale ''le nuove generazioni di giornalisti sono dei 'McLuhan naturali', ma senza nessuno che insegni loro come maneggiare i contenuti''. Di parere contrario Enrico Pedemonte, a lungo corrispondente per L'Espresso da New York, che citando il caso americano (''dove persino il New York Times non riesce a fare soldi con i filmati che pubblica'') rilancia l'idea del data-journalism, delle newsletter e delle inchieste regionali.
''Il problema non è essere disponibili al cambiamento'', conclude Franco Siddi, segretario della Federazione Nazionale della Stampa. ''Se gli editori accoglieranno la sfida della multi-piattaforma con più coraggio'' e investendo '' su un'informazione professionale, con un contenuto etico, identitario e coerente, potranno ottenere che i giornalisti non si fermino a discutere su cosa spetti loro in più''. (di Daniela Giammusso) (ANSA)