Lo sviluppo dell’ ’’informazione su ordinazione’’ e la diffusione delle ‘’fabbriche di contenuti’’, che cercano di intercettare le presunte richieste dei lettori analizzando i flussi di ”domanda” sui motori di ricerca, stanno accrescendo in maniera esponenziale il ruolo della pubblicità, che finisce per determinare l’ analisi delle tendenze e indirizzare le indicazioni di argomenti che arrivano alle ‘’batterie’’ di collaboratori dei vari siti online pagati a click – Ma c’ è chi ridimensiona l’ allarme: ”Non siamo in concorrenza con i media tradizionali. Non c’ è l’ attualità. Facciamo dei contenuti freddi, atemporali”, precisano a Wikio, aggiungendo: ‘’gli inserzionisti non sono degli idioti e sanno che non si può fare a meno della qualità’’
E se il vero redattore capo fosse il pubblicitario?
L’ ipotesi non è peregrina e Mediawatch, il blog della France Press dedicato ai nuovi media, la rilancia (Le publicitaire rédacteur en chef) ponendosi proprio questa domanda.
E’ lo sviluppo dell’ informazione su ordinazione – con le ”content farms”, le ”industrie dei contenuti’’, che si stanno espandendo dagli Stati Uniti all’ Europa -, a portare la questione in primo piano.
Negli Usa, ad esempio, Demand Media e Associated Content conoscono un successo crescente. Demand Media, che pubblica anche video e possiede un gran numero di siti come eHow, trails.com e Livestrong, è valutata 1,45 miliardi di dollari e si vanta di aver avuto 67,3 milioni di visitatori unici sull’ insieme dellasua rete nel dicembre scorso.
Il loro funzionamento è semplice. Demand media ad esempio chiede alle sue batterie di collaboratori – giornalisti professionali o meno – di produrre quei contenuti che gli utenti cercano maggiormente nei motori di ricerca e che sono poco presenti sul web, e che, quindi, nei mercati di nicchia potranno avere i migliori ritorni per gli investimenti pubblicitari.
(segue su Lsdi)