Il 2006 è stato l'anno ''più sanguinoso'' per i giornalisti e gli operatori dell'informazione nel mondo, secondo due organizzazioni internazionali per la difesa dei giornalisti e della libertà di stampa, Reporter senza frontiere (Rsf) e la Federazione internazionale dei giornalisti (Fij).
Le due organizzazioni, d'accordo nel considerare il 2006 il peggiore ''mai registrato'' per gli operatori dei media, forniscono comunque cifre un po' diverse sul numero dei giornalisti uccisi e su quello delle varie figure di collaboratori dei cronisti che hanno ugualmente trovato la morte. Reporter senza frontiere parla di 81 giornalisti uccisi nel mondo e di 32 ''collaboratori dei media'' - autisti, traduttori, tecnici, agenti di sicurezza - ugualmente morti. Per l' organizzazione basata a Parigi, l'Iraq è per il quarto anno consecutivo il paese più pericoloso per gli operatori dei media - 64 fra giornalisti e collaboratori morti - seguito dal Messico (9), dalle Filippine (6), dalla Russia e dal Libano. Secondo la Federazione internazionale dei giornalisti, basata a Bruxelles, sono stati 155 ''i giornalisti e collaboratori dei media'' uccisi, mentre 22 sono morti in incidenti nell'esercizio delle loro funzioni. (ANSA) RSF, 2006 TRAGICO, ALMENO 81 UCCISI E 56 RAPITI Nel 2006, sono stati uccisi in 21 paesi del mondo almeno 81 giornalisti e 32 collaboratori dei media. Inoltre, almeno 871 giornalisti sono stati fermati, 1472 aggrediti o minacciati, 912 media censurati e 56 sono stati rapiti, soprattutto in Iraq e nella striscia di Gaza. Sono i dati del rapporto 2006 sulla libertà di stampa di 'Reporters sans Frontieres', un anno infausto che trova un solo precedente, quello del 1994 quando furono assassinati 103 giornalisti. Per il quarto anno consecutivo, l'Iraq resta il paese più pericoloso al mondo per i professionisti dei media: 64 giornalisti e collaboratori sono morti nel paese durante il 2006. In totale, dall'inizio della guerra, 139 giornalisti sono stati uccisi in Iraq, ossia più del doppio del numero dei giornalisti uccisi durante i venti anni della guerra in Vietnam (63 giornalisti uccisi tra il 1955 e il 1975). Nel 90% dei casi, scrive Rsf, le vittime sono dei giornalisti iracheni. Le indagini per ritrovare i colpevoli, denuncia l'associazione, sono rarissime, incomplete e, in generale, inefficaci. Al secondo posto nella lista degli Stati più pericolosi, il Messico, diventato il paese più violento del continente americano, davanti alla Colombia. Nel 2006, 9 giornalisti sono stati uccisi mentre indagavano sul narcotraffico locale oppure sullo sviluppo dei violenti movimenti sociali in corso nel Paese. Sono oltre 1.400 i casi di aggressioni e intimidazioni registrati da Reporters sans frontieres, atti di violenza che sono stati, il più delle volte, il corollario delle campagne elettorali svoltesi in alcuni paesi. Il numero dei casi di censura è invece leggermente diminuito: 912 nel 2006 contro i 1006 dell'anno precedente. Quest'anno, il maggior numero di casi di censura è stato registrato in Tailandia. La Rete Internet è rigorosamente controllata in numerosi paesi del mondo. Reporters sans frontieres ha diffuso, nel mese di novembre 2006, la lista dei 13 nemici di Internet: Arabia Saudita, Bielorussia, Birmania, Cina, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Iran, Uzbekistan, Siria, Tunisia, Turkmenistan, Vietnam. Almeno 871 giornalisti sono stati arrestati nel 2006 e per la prima volta, Reporters sans frontieres ha registrato, in modo esatto, il numero di giornalisti rapiti nel mondo: almeno 56 nel 2006 in una decina di paesi. Le due zone maggiormente a rischio sono l'Iraq, dove 17 professionisti dei media sono stati rapiti dall'inizio del 2006, e la Striscia di Gaza, dove sei reporter sono stati rapiti. Se, nel caso dei Territori palestinesi, i rapimenti si sono tutti conclusi con la liberazione degli ostaggi, in Iraq, sei professionisti dei media sono stati uccisi dai loro rapitori. (ANSA)