In occasione del decimo anniversario della scomparsa di Giorgio Santerini riportiamo di seguito il ricordo scritto da Marco Volpati, che dello storico presidente Alg e segretario della Fnsi è stato collega e amico, e pubblicato su giornalemetropolitano.com.
di Marco Volpati*
Se all'età di vent'anni non avessi incontrato Giorgio Santerini, probabilmente non avrei scelto il giornalismo come mestiere. Più tardi fu ancora lui a guidarmi verso la rappresentanza sindacale di categoria. Aveva la stoffa del leader. Dieci anni fa ci ha lasciati, ma la sua esperienza è sempre importante, perché ha segnato un'epoca delle più positive per la tutela della professione. Sotto la sua guida, negli anni '80 e '90, il sindacato era forte e autorevole.
Oggi, purtroppo, l'informazione attraversa una crisi pesante con posti di lavoro che scompaiono, precarietà, compensi anche miseri, incertezza del panorama dei media. Panorama inimmaginabile ai suoi tempi. Eppure, la ricetta di Santerini è sempre valida: unità di intenti, difesa del giornalismo professionale e qualificato, non subalternità a poteri economici e politici.
Genovese, si era trasferito a Milano, inizialmente con interessi più letterari che giornalistici. Approdò all'Avanti!, organo del Psi; poi nel 1974 passò al Corriere.
Attorno a lui si formavano gruppi di giovani, affascinati dalla sua capacità di visione. Aveva un'idea chiara: i giornalisti non devono snobbare la politica, ma nemmeno servirla come fossero propagandisti o funzionari. Perché negli anni '70, quando si stava passando dal piombo ai computer nei giornali, e dal monopolio Rai-Tv alla moltiplicazione delle antenne nell'emittenza, il sindacato dei giornalisti era troppo politicizzato: relegati in minoranza i moderati alla Montanelli, dominava un'alleanza di "progressisti". Le segreterie sembravano fotocopie di giunte o governi, con presenze attentamente dosate di democristiani, comunisti, e socialisti.
Santerini e Tobagi erano convinti che ciò che accomuna tutti i giornalisti sia l'autonomia della professione. Che si fonda su rapporti di lavoro corretti e retribuzioni adeguate. Nacque così, alla fine degli anni '70, il gruppo di Stampa Democratica. Il motto che Giorgio lanciò era: "Da una parte sola, quella dei giornalisti".
Nessun isolamento, ma neanche scimmiottare il "quadro politico". Il gruppo ottenne prima la guida dell'Associazione Lombarda, con Tobagi. Poi conquistò la Federazione della Stampa. Nel 1980, dopo l'assassinio di Tobagi, Santerini assunse la guida del sindacato lombardo. Più tardi quella nazionale, fino al 1996, superando i pregiudizi: si poteva andare d'accordo nel sindacato anche se si litigava in politica.
Accantonati i vecchi steccati, si arrivò in pochi anni a soluzioni inclusive. Divergenze e contrapposizioni non scomparvero, ma toccavano le scelte sindacali, non le ideologie. Perché i giornalisti, dal grande direttore fino al giovane esordiente, sono associati con parità di diritti in organismi democratici.
Una lezione preziosa, tanto più oggi che il giornalismo, in rapida trasformazione, è messo in crisi ovunque nel mondo, tra pervasività del web, fake news e l'incognita dell'intelligenza artificiale.
*L'intervento integrale di Volpati è pubblicato qui.