La lettura dei bilanci e dei conti tendenziali della Rai ridimensiona finalmente l’ottimismo superficiale della precedente gestione. La previsione di un deficit di 120 milioni per il 2006 conferma tutte le preoccupazioni e le denunce a suo tempo avanzate dall’Usigrai: è un dato allarmante, traducibile grossolanamente in un “debito” di 10.000 euro per ogni dipendente.
Come è possibile che una azienda con gli ascolti stabili o in leggero calo sia l’unica azienda che nel 2005 vede ridursi pesantemente gli introiti pubblicitari (meno 40 milioni)? C’entra qualcosa la nuova regolamentazione del sistema televisivo introdotta a colpi di voti di fiducia nonostante il rinvio alle Camere da parte del Presidente della Repubblica? Si può ignorare l’effetto del conflitto di interessi che spinge gli inserzionisti pubblicitari a spostare gli spot dalla Rai all’azienda del Presidente del Consiglio? Quanto a lungo l’Italia può restare ancora senza alcuna seria normativa antitrust nel campo televisivo? Se si rischia un deficit di quelle proporzioni, perché pochi mesi fa la Rai ha pagato all’azionista un dividendo di 80 milioni? In altri termini, perché ha tolto 80 milioni dal proprio bilancio a beneficio della fiscalità generale? Cosa aspetta allora il governo (e in particolare il Ministro delle Comunicazioni) a restituire almeno in parte quella somma incautamente sottratta alla Rai, che continua ad avere il canone più basso d’Europa? O dobbiamo continuare a pensare che ci sia un progetto politico che lucidamente cerca di sterilizzare, se non di togliere di mezzo dal panorama televisivo, il soggetto pubblico? Il tema della legislazione televisiva antitrust e della ripartizione delle risorse pubblicitarie è un’emergenza che continua a reclamare di essere affrontata, pena un declino progressivo di tutto il sistema televisivo italiano che deve essere messo in condizioni di competere sul mercato internazionale. L’Esecutivo Usigrai Roma, 3 novembre 2005