Ancora un aggiornamento per l'assemblea degli azionisti Rai che deve procedere alla nomina formale del nuovo Cda di viale Mazzini. La nuova seduta e' fissata per mercoledi' 25 alle ore 16. Ancora una settimana di tempo, quindi, per arrivare alla soluzione della questione relativa al nuovo presidente Rai.
Il mancato completamento del nuovo vertice della Rai ''produce, senza possibili dubbi, effetti pregiudizievoli per gli interessi della societa''': e' quanto denuncia il presidente uscente della tv pubblica, Claudio Petruccioli, in una dichiarazione fatta mettere a verbale dopo l'aggiornamento al 25 marzo dell'assemblea di oggi, che avrebbe dovuto appunto completare la nomina del nuovo vertice. Nella dichiarazione, Petruccioli ricorda che il cda resta in carica fino alla nomina del nuovo, ''ma e' di solare evidenza - sottolinea - che, in queste condizioni, la operativita' del vecchio Cda risulta compromessa, mentre il nuovo non e' ancora costituito''. Per questo ''l'azionista dovrebbe ridurre al minimo il tempo che intercorre fra la indicazione dei sette da parte della Commissione di vigilanza e il voto dell'Assemblea che vara il nuovo Cda. Un ''intervallo di tempo, che nell'interesse della societa' dovrebbe essere di giorni se non di ore'' e invece ''si e' dilatato gia' a un mese''. Petruccioli sottolinea che sin dal 24 giugno 2008 ci sono "tutte le condizioni per procedere al rinnovo degli amministratori, compresa la iscrizione dell'argomento all'ordine del giorno della Assemblea degli azionisti". E fa una ricostruzione storica di quanto da allora avvenuto, a cominciare che da quell'epoca si sono succeduti dodici aggiornamenti dei lavori assembleari, fino a quando, il 29 gennaio 2009 la Assemblea e' andata deserta". E il Cda ha provveduto a convocare di nuovo l'Assemblea degli azionisti ponendo all'ordine del giorno il punto restato inevaso dalla precedente convocazione: vale a dire il rinnovo degli amministratori (ai sensi dell'art. 2364 del Codice civile). La convocazione e' stata fissata per il 23 febbraio in prima e per il 24 in seconda convocazione. Il 18 febbraio 2009, la Commissione parlamentare di vigilanza ha provveduto alla nomina dei sette membri del nuovo Cda che la legge affida alle sue determinazioni. Fino ad allora il Cda da Petruccioli presieduto ha operato in regime di prorogatio ma nella certezza delle procedure e nelle pienezza dei poteri. Un unico limite all'azione del Cda in uscita era - ricorda Petruccioli - di "opportunita'", ovvero che - fatto salvo l'interesse della Rai intesa come azienda - "in periodi di prorogatio e' bene evitare decisioni che si proiettino troppo avanti nel futuro". Con la indicazione di sette componenti del nuovo Cda, si e' determinata una situazione nuova, mentre "nel vecchio consiglio siedono persone che sanno gia' che non faranno parte del nuovo organismo", mentre al tempo stesso "il voto della Commissione di vigilanza da' ad altre persone la certezza che saranno membri del nuovo Cda della Rai". E' si' vero - ricorda ancora Petruccioli - che resta valida la norma generale del codice civile secondo cui 'la cessazione degli amministratori per scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il consiglio di amministrazione e' stato ricostituito', ma al tempo stesso "e' di solare evidenza che, in queste condizioni, la operativita' del vecchio Cda risulta compromessa, mentre il nuovo non e' ancora costituito". Di qui la denuncia del presidente uscente che i tempi dilatati stanno pregiudicando l'insieme del lavoro da svolgere da un organismo di gestione di un'azienda come la Rai. ''La politica non decide, l'Usigrai si''', afferma in una nota l'esecutivo del sindacato dei giornalisti Rai, dopo l'aggiornamento dell'assemblea dei soci che doveva completare la nomina del nuovo vertice, confermando lo sciopero proclamato per il 31 marzo. ''Proprio nelle ore in cui l'assemblea degli azionisti si aggiornava per l'ennesima volta con un nulla di fatto - afferma l'Usigrai in una nota - il sindacato dei giornalisti della Rai effettuava il tentativo di conciliazione obbligatorio, previsto dalla legge sui servizi pubblici essenziali, e confermava cosi' la data del 31 marzo per lo sciopero. Una protesta che diventa ancora piu' necessaria alla luce dell'ultimo allarme del direttore generale Cappon sui rischi che la maggiore azienda culturale italiana sta correndo a causa della crisi economica e del crollo degli investimenti pubblicitari''. ''Una crisi - conclude il sindacato - che i rinvii irresponsabili della politica stanno rendendo drammatica per la nostra azienda''.