Federazione nazionale della Stampa italiana, Associazione Stampa Umbra e Ordine dei giornalisti dell'Umbria esprimono «grande soddisfazione per la sentenza emessa oggi, martedì 17 settembre 2024, dalla Corte di Appello di Perugia sul cosiddetto 'Caso Ceraso', il giornalista umbro vittima di un tentativo di querela bavaglio finito male, come noto, per il querelante, Leodino Galli, ex consigliere di amministrazione della Spoleto Crediti e Servizi rinviato a giudizio e condannato per calunnia dopo l'archiviazione della querela da parte del giudice».
La Corte d'Appello ha respinto totalmente il ricorso di Galli, confermandone la condanna a 1 anno e 4 mesi e il risarcimento danni da quantificare in sede civile ma con una provvisionale di 10 mila euro a favore del giornalista.
Nel processo si erano costituiti parti civili la Fnsi, l'Associazione Stampa Umbra e l'Ordine dei giornalisti dell'Umbria per i quali era stato disposto un risarcimento di 5mila euro ciascuno.
«Quella di primo grado era stata una sentenza molto importante sia a livello regionale che nazionale. Oggi si ribadisce che il diritto di cronaca e la libertà di stampa sono principi intangibili della nostra professione e della democrazia di questo Paese», dicono la segretaria generale e il presidente della Fnsi, Alessandra Costante e Vittorio di Trapani, e i presidenti di Asu Massimiliano Cinque e Odg dell'Umbria Mino Lorusso.
«La sentenza è un passo importante sul fronte della lotta alle querele bavaglio – continuano sindacato e Ordine - ma c'è ancora parecchio da fare e la partita non è affatto vinta. Resta infatti l'assoluta urgenza di una norma contro le querele bavaglio, come richiesto anche dall'Europa. Quello di oggi tuttavia è un fatto per certi versi storico che deve fungere da esempio in un momento molto difficile per la professione in Italia nel quale i tentativi di comprimere il diritto di cronaca e quello dei cittadini ad essere correttamente informati sono purtroppo evidenti».