Questa mattina la Guardia di Finanza di Napoli ha operato una perquisizione a casa del giornalista del “Fatto Quotidiano” Marco Lillo, autore di numerose inchieste tra cui anche quelle su Mafia Capitale e Consip.
«Ancora una volta – commentano il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti – si cerca di risolvere un problema reale, quello della fuga di notizie, colpendo chi invece ha il dovere professionale di dare le notizie nell’interesse dei cittadini ad essere correttamente informati».
E «ancor più gravi – proseguono – sono le dichiarazioni dei legali di Alfredo Romeo che confessano candidamente di aver tentato, con la segnalazione alla Procura, di aggirare l’esimente del diritto di cronaca che avrebbe portato a “cestinare” una loro eventuale querela per diffamazione nei confronti del giornalista».
Si tratta, concludono i vertici della Fnsi, «di un’azione dai chiari contorni intimidatori, in quanto, com’è noto, il reato di violazione del segreto istruttorio non è mai contestabile ai giornalisti».
Il comunicato dei Cdr del Fatto Quotidiano e de ilfattoquotidiano.it
Da stamattina e fino al tardo pomeriggio militari della Guardia di Finanza e consulenti tecnici, su ordine della Procura di Napoli, hanno perquisito a Roma e in Calabria abitazioni e ufficio del vicedirettore del Fatto Quotidiano, Marco Lillo, nell'ambito di un'inchiesta su presunte rivelazioni del segreto investigativo nel caso Consip. Sono stati sequestrati telefoni, tablet, pc, pen drive, cd e dvd appartenenti a Lillo e anche a persone a lui vicine, estranee alla sua attività professionale. Telefono e computer sono stati sequestrati anche al collega Fabio Corsi, art director del Fatto quotidiano.
L'inchiesta nasce una querela di Alfredo Romeo, imprenditore indagato per corruzione di un dirigente Consip e per questo arrestato nel marzo scorso. Solo oggi, dopo oltre una settimana, è stato restituito il telefonino a Federica Sciarelli, conduttrice di "Chi l'ha visto?": era stato sequestrato dalla Procura di Roma nell'ambito di un'altra indagine per rivelazione di segreto, sempre relativa al caso Consip.
Siamo certi che le Procure di Roma e Napoli conducano con altrettanta solerzia e determinazione le indagini sugli appalti miliardari della Consip e sulle rivelazioni di segreto che nel dicembre 2016 consentirono ai vertici della centrale acquisti pubblica di ripulire i loro uffici dalle microspie collocate dai carabinieri su ordine dei pm del capoluogo campano, vanificando in larga parte l'indagine. Tuttavia, fino a oggi, non abbiamo avuto notizia del sequestro di telefoni e pc dei principali presunti responsabili, dal ministro Luca Lotti a Tiziano Renzi.
Ferma restando la nostra incrollabile fiducia nella magistratura e negli organi di polizia giudiziaria, occorre sottolineare la valenza intimidatoria del sequestro di telefoni e memorie digitali dei giornalisti, che attenta alla segretezza delle fonti senza la quale non può esistere un'informazione libera. I giornalisti e chiunque entri in contatto con loro sono esposti ad azioni giudiziarie che colpiscono di fatto il diritto di cronaca e l'interesse generale a un'informazione libera e non condizionata, tutelati dall'art. 21 della Costituzione italiana. Piena solidarietà ai colleghi Corsi, Lillo, Sciarelli e alle persone in vario modo coinvolte nell'operazione di oggi.