“La comunicazione può avere una fondamentale funzione civile. Una donna angosciata riesce a documentare con un telefonino l'azione violenta e sconsiderata di alcuni agenti di polizia ai danni di un bambino, e l'informazione può dare così il giusto, grande risalto ad una vicenda che appena pochi anni fa sarebbe stata messa a tacere. Ma è violenza che si aggiunge alla violenza della polizia quella che sul bambino hanno compiuto i troppi media (non tutti, per fortuna e per senso di responsabilità deontologica) che hanno trasmesso il video senza preoccuparsi di rendere non identificabile il suo protagonista.
Non c'era nessun bisogno di darne il nome, né di far vedere il volto. Sarebbe stato sufficiente adottare pochi, elementari accorgimenti tecnici. La denuncia non avrebbe perso nulla della sua forza. Non se ne può più di un'informazione priva di senso del limite, che ogni volta deve fare sacrifici umani al dio spietato della spettacolarizzazione”.