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Gruppi di Specializzazione 29 Mag 2011

Mantenere viva la memoria dei colleghi uccisi serve a tutelare i cronisti che scrivono di mafia

E’ stata celebrata sabato 28 maggio a Genova, nella sala del consiglio provinciale a Palazzo Doria Spinola,  la quarta edizione della Giornata della memoria dei giornalisti uccisi da mafia e terrorismo, organizzata dall’Unci: i  nomi di vittime e feriti sono stati letti in un’atmosfera di commozione.A Genova è stata scritta una delle pagine più dolorose della storia degli “anni di piombo”, tra il 1970 e il 1980. Proprio a Genova dove Brigate Rosse e Autonomia Operaia hanno steso la loro rete di adepti e informatori nei cantieri navali, nelle acciaierie, nelle fabbriche, ma anche negli uffici pubblici, inizia l’attacco al mondo dell’informazione.

E’ stata celebrata sabato 28 maggio a Genova, nella sala del consiglio provinciale a Palazzo Doria Spinola,  la quarta edizione della Giornata della memoria dei giornalisti uccisi da mafia e terrorismo, organizzata dall’Unci: i  nomi di vittime e feriti sono stati letti in un’atmosfera di commozione.
A Genova è stata scritta una delle pagine più dolorose della storia degli “anni di piombo”, tra il 1970 e il 1980. Proprio a Genova dove Brigate Rosse e Autonomia Operaia hanno steso la loro rete di adepti e informatori nei cantieri navali, nelle acciaierie, nelle fabbriche, ma anche negli uffici pubblici, inizia l’attacco al mondo dell’informazione.

La sera del 1° giugno 1977 un terrorista, all’uscita del garage della redazione di via Varese, spara a Vittorio Bruno (vicedirettore de Il Secolo XIX). Alcuni proiettili raggiungono agli arti il giornalista che dopo essere stato ferito riesce a salire nuovamente sull’auto e a suonare il clacson per dare l’allarme. E’ la prima aggressione armata a un giornalista.
Poche ore dopo, la mattina del 2 giugno, a Milano viene ferito Indro Montanelli (direttore del Giornale) e, il giorno successivo, il  3 giugno, a Roma viene ferito il collega genovese  Emilio Rossi (direttore del Tg1-Rai) raggiunto da  12 colpi di pistola. Per alcuni giorni resta tra la vita e la morte. Lo stesso 3 giugno a Massa Carrara falliscono due attentati all’auto di un corrispondente della Nazione di Firenze e di uno del Telegrafo di Livorno mentre a Milano viene incendiato u n furgone del Corriere della sera. Sabato 4 giugno a Roma viene trovato un volantino in cui i terroristi annunciano “Colpiremo ancora, e presto,.. ed alzeremo il tiro…”. E’ stato un anno tragico per i giornalisti il 1977. Culmina, il 29 novembre, a Torino, con la barbara esecuzione di Carlo Casalegno (vicedirettore de La Stampa).
“A noi cronisti resta l’onore di aver avuto “grandi colleghi” e  il dovere di ricordarli - ha detto Edoardo Pusillo, presidente del Gruppo Cronisti Liguri, organizzatore della cerimonia - A tutti i giovani colleghi rivolgo un invito: non dobbiamo accontentarci di  scrivere su un giornale o di apparire alla televisione, dobbiamo pretendere di essere cronisti indipendenti e liberi, come liberi e indipendenti sono stati coloro che in nome della libertà di stampa hanno lasciato la loro vita”. I giornalisti hanno la possibilità di far uscire fenomeni, come la mafia, il terrorismo e il malaffare, dalla pura cronaca nera e a connetterli con gli aspetti della società, della politica e dell’economia – ha espresso nel suo discorso l’onorevole Alessandro Repetto,  presidente dell’amministrazione provinciale Genova, Ente che ha patrocinato l’evento - Scegliere di occuparsi di questo tipo di giornalismo è un atto di coraggio, è una scelta di vita radicale, è dare la priorità assoluta alla ricerca della verità a scapito della propria sicurezza. Proteggere il pluralismo e il diritto all’informazione è un dovere di tutti- ha sottolineato,- poiché la critica giornalistica e il giornalismo di indagine rappresentano una delle più forti espressioni della democrazia ed è la stessa democrazia a essere colpita quando un giornalista resta vittima della mafia o del terrorismo".
Alla cerimonia sono intervenuti in rappresentanza dei giornalisti, il presidente dell’Unione nazionale italiana dei cronisti, Guido Columba, il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Jacopino e il segretario Giancarlo Ghirra, il presidente dell’Ordine dei giornalisti regionale, Attilio Lugli, e il segretario dell’Associazione ligure dei giornalisti, Marcello Zinola, oltre alle massime autorità di Genova.
Dopo la lettura del lungo elenco dei cronisti, vittime per mano di terroristi e mafiosi, e caduti in guerra o per mano del potere politico, in Italia e all’estero, sono state le testimonianze, fornite da Vittorio Bruno, l’ex vicedirettore del Secolo XIX, ferito nell’attentato del 1° giugno 1977, e da Lirio Abbate, inviato dell’Espresso che vive da anni sotto scorta, minacciato di morte dalla mafia, a toccare il pubblico, numeroso e particolarmente partecipe. Nella sala, tra le altre, è spiccata la presenza di Sabina Rossa, figlia di Guido, il sindacalista dell’Italsider di Genova ucciso il 24 gennaio 1979 dalle Br perché aveva avuto il coraggio di denunciare un operaio della stessa fabbrica Italsider, fiancheggiatore delle Brigate Rosse.
Vittorio Bruno, oggi scrittore e giornalista parlamentare, ha ricordato quella sera di giugno del 1977: “Non solo gli operatori di polizia e carabinieri, ma nemmeno il ministro dell’Interno di allora, Francesco Cossiga, sapeva chi fossero, come agissero, quali obiettivi avessero le Brigate Rosse. Io fui colpito da un giovane che vestiva come un impiegato, giacca e cravatta, e che confuso tra i tanti, aveva raggiunto Genova in treno, si era armato prelevando la pistola da un’auto, e dopo aver compiuto l’azione, aveva deposto l’arma nella stessa auto e si era allontanato da Genova con il primo treno in partenza dalla stazione Principe. Solo dopo l’affare Moro, con i pentiti, i primi pentiti, si riuscì a capire chi fossero i terroristi e a cosa ambissero le Brigate Rosse”.
“Celebriamo giustamente questi eroi del giornalismo uccisi da mafia e terrorismo – ha sottolineato nel fornire la sua testimonianza Lirio Abbate – ma dovremmo celebrare anche quei cronisti che con altrettanto eroismo, e sono tanti ovunque non solo in Sicilia e Calabria,  da vivi ogni giorno con il loro lavoro d’inchiesta, con coraggio, mettendo a rischio la loro esistenza e le loro famiglie, denunciano i crimini e i criminali della mafia e della ’ndrangheta”.
“La nostra è una Giornata di impegno e mobilitazione – ha detto Guido Columba, presidente dell’Unci -  il doveroso omaggio ai colleghi che alla libertà dell’informazione hanno sacrificato la vita, o sono stati gravemente feriti, si coniuga con il sostegno ai molti, troppi, giornalisti che nella loro attività quotidiana subiscono offese, minacce, intimidazioni, e con la rivendicazione del pieno e libero esercizio della professione e del diritto dei cittadini ad essere informati in modo corretto, completo e tempestivo di tutto ciò che accade nel Paese, secondo quanto riconosce loro la Costituzione”
Enzo Jacopino ha spiegato l’attività dell’Ordine nazionale dei giornalisti a sostegno di una stampa libera e responsabile e ha affermato con decisione che il giornalismo italiano oggi è senza alcun tentennamento dalla parte della legalità e dello Stato.
 Marcello Zinola, segretario della Ligure, ha rivendicato ancora una volta la necessità di essere "liberi e coerenti" e ha detto 'no' alle intimidazioni "come quelle che, tutti i giorni, cercano di bloccare le inchieste sotto la minaccia di cause civili insopportabili per colleghi non contrattualizzati".
La cerimonia, iniziata alle 9,30 con la deposizione, da parte dei rappresentanti dei cronisti e del Questore Filippo Piritore di una corona d’alloro alla stele di piazza Della Vittoria dedicata a tutte le vittime del terrorismo, si è conclusa alle 13,30.
Dopo quelle di Roma, Napoli, Milano e Genova, la prossima Giornata è in programma a Palermo il 3 maggio 2012 dove, ha annunciato il presidente dei cronisti siciliani Leone Zingales, è in corso di realizzazione un Museo della memoria. (di Natalino Famà)

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