Nel Paese che occupa il poco lusinghiero 73esimo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa succede anche che 96 giornalisti, 78 cronisti e 18 direttori, vengano denunciati in massa per il loro lavoro sullo scandalo di Mafia Capitale. "Una vicenda indegna di un Paese civile", commenta il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, che nel ribadire la solidarietà del sindacato esorta i colleghi a "non lasciarsi condizionare da tentativi di intimidazione che qualificano chi li compie".
"In un Paese che si dice democratico è impensabile che si disponga una denuncia collettiva per 96 giornalisti, 78 cronisti e 18 direttori, 'colpevoli' di aver illuminato con il loro lavoro uno dei peggiori scandali della storia d'Italia e forse il più triste della storia della Capitale".
Così il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, commenta la vicenda dei giornalisti divenuti oggetto di un esposto di alcuni avvocati della Camera penale di Roma alla Procura della Repubblica per "la pubblicazione pedissequa in articoli di stampa di atti, o stralci degli stessi, di un procedimento penale in fase di indagine" in relazione al caso di Mafia Capitale.
"Torna in voga - osserva Lorusso - l'idea che si possa tentare di imbavagliare la stampa impedendo la pubblicazione di intercettazioni tra l'altro non più coperte da segreto istruttorio: è l'ennesimo esempio che deve far riflettere la politica sull'opportunità di una delega in bianco al governo su una materia così delicata. È anche a causa di episodi come questo che l'Italia occupa il 73esimo posto nella classifica sulla libertà di stampa. È preoccupante che si sferri un attacco così rozzo e plateale alla libertà dei cronisti di informare e al diritto dei cittadini ad essere informati: chi l'ha concepito farebbe bene a rileggere quanto stabilito in modo assolutamente inequivocabile dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nelle numerose sentenze in materia di libertà di espressione e diritto di cronaca. Oltre che la totale solidarietà della Federazione nazionale della stampa italiana, ai colleghi finiti nel tritacarne giudiziario va rivolto l'invito a proseguire il loro lavoro nell'interesse esclusivo dell'opinione pubblica, senza lasciarsi condizionare da tentativi di intimidazione che qualificano chi li compie".