Il Pd provinciale di Lecce ha utilizzato per poco più di tre anni, tra il 2010 e il 2013, uno studente universitario come addetto stampa, tenendolo come co.co.co e a partita iva per 1.200 euro lordi al mese, mentre di fatto era un dipendente del partito, con un "rapporto di lavoro subordinato". Per questo la sezione lavoro della Corte di appello di Lecce lo ha condannato a pagare a Maurizio Pascali oltre 50mila euro, di cui 6.700 in solido con l'ex ministra Teresa Bellanova, all'epoca dei fatti ancora esponente del Partito democratico.
"L'attività di Pascali era meramente esecutiva delle richieste degli esponenti del Pd, rispetto ai quali si poneva come interfaccia - scrivono i giudici - con gli organi di stampa locale, anche monitorando e segnalando la pubblicazione di interventi di soggetti di diverso orientamento politico ai quali il Pd potesse replicare (…). L'apporto di Pascali si connotava per continuità temporale e per coordinamento attesa la stretta correlazione con gli input degli esponenti del partito resa ostensibile anche dall'utilizzo di una postazione di lavoro nonché di una utenza telefonica fissa", si legge.
Lo studente poi, "oltre a interessarsi della comunicazione del Pd provinciale", "fu direttamente chiamato dall'onorevole Bellanova per integrare il suo personale staff in vista delle elezioni nazionali indette per quell'anno", si spiega nella sentenza di appello che risale allo scorso giugno ma che è stata depositata in questi giorni nell'ambito di un processo per diffamazione che la Bellanova ha intentato contro Pascali e contro i tre giornalisti che hanno raccontato la vicenda: Mary Tota per il Fatto Quotidiano, Francesca Pizzolante per Il Tempo e Danilo Lupo per La7 (allora inviato di La Gabbia).
Il processo per diffamazione è in corso da otto anni: i giornalisti sono assistiti dall'avvocato Sisto, con il supporto dell'Assostampa Puglia.