La Segreteria
lancia un appello
per la partecipazione
di tutti i giornalisti
allo sciopero
generale:
"Vogliamo
un'informazione
di qualità
fuori da ogni
condizionamento"
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana comunica: “La Segreteria della Federazione Nazionale della Stampa rivolge un appello ai giornalisti a partecipare allo sciopero per la libertà dell’informazione, per l’autonomia professionale e per l’indipendenza dei media che si svolgerà, per i quotidiani e le agenzie di stampa, martedì 10 giugno e, per l’emittenza radiotelevisiva nazionale e locale, il 18 giugno. La Fnsi chiama i giornalisti allo sciopero perché è sempre più difficile, in tantissime aziende della comunicazione, fare un’informazione corretta, fuori da ogni condizionamento. Una situazione non nuova, ma che rischia ulteriormente di aggravarsi a causa dell’attuale quadro istituzionale, che vede ancora irrisolto il problema del conflitto di interessi mediatico del Capo del Governo ed una proposta di legge che consentirebbe, se approvata, a pochi soggetti forti di dominare il sistema della comunicazione. A rischio sono quindi le regole dell’informazione, la pluralità delle proprietà e degli orientamenti dei giornali, grandi o piccoli, la stessa occupazione, garantita, peraltro solo in parte, dalla molteplicità dei giornali in edicola. Un giornalismo in crisi di identità, nel quale nessun collega ha più la certezza del proprio ruolo, di fronte al dilagare di un precariato senza limiti e controlli, che giustamente reclama diritti. Questo giornalismo non può chinare la testa, rinchiudersi nel proprio particolare, rifiutarsi di vedere ciò che accade nel Paese e nel mondo dei media. Non abbiamo proclamato uno sciopero di sinistra contro la destra o viceversa, non abbiamo proclamato uno sciopero contro questo o quel direttore del “Corriere della Sera”, non abbiamo proclamato lo sciopero perché ci siamo iscritti al “partito Rai”, anche se pensiamo che una privatizzazione selvaggia dell’azienda del servizio pubblico, senza garanzie di pluralismo, sarebbe drammatica per la stessa democrazia del Paese, e non solo per i posti di lavoro. Scioperiamo perché i giornalisti di tutti i giornali, delle agenzie di stampa, delle radio e delle televisioni, dei siti web, degli uffici stampa, possano avere voce in capitolo nelle redazioni, possano rivendicare un’informazione di qualità, corretta, dai propri direttori e dalle aziende per le quali lavorano. E’ vero oppure no che interessi estranei al settore della comunicazione determinano i sommari dei Tg e dei Gr, i titoli e le notizie dei giornali, fuori da quella logica della completezza e della correttezza che sono patrimonio di un vero giornalismo liberale? Il licenziamento, la rimozione, l’emarginazione di centinaia di giornalisti, non soltanto alla Rai; il tentativo da parte di pochi di controllare settori sempre più vasti di informazione; la determinazione di molti editori di fare piazza pulita dei colleghi scomodi oppure di coloro che hanno l’ardire di fare sindacato e di rappresentare i colleghi. Sono fatti che purtroppo avvengono tutti i giorni e che appartengono alla realtà quotidiana in molte aziende. Per questo è sbagliato ritenere che la rimozione di un giornalista, famoso o meno, la sostituzione forzata di un direttore, di un grande o piccolo giornale, le ispezioni in una redazione ed i provvedimenti disciplinari, siano episodi che non ci riguardano. Quello che sta accadendo in una redazione domani può capitare nella nostra. Che poi l’idea dello sciopero non piaccia a molti politici, al Governo, agli editori, a tanti direttori (anche quelli rimossi) ed ad una parte della categoria non sorprende. Non fa piacere nemmeno alla Fnsi proclamare scioperi. Li facciamo quando li riteniamo davvero indispensabili, come in questa circostanza, dopo una serie infinita di episodi che, nell’insieme, prefigurano un tentativo di condizionare i media. Se ciò significa legittimare l’accusa che lo sciopero è politico, perché le ragioni non risiedono nella mera difesa degli interessi della categoria, non la confutiamo. Nel senso che un sindacato come il nostro, che rappresenta tutto il giornalismo italiano, ha il dovere di seguire l’unica strada realmente efficace per porre alle istituzioni, alla politica, al sistema delle imprese il problema della libertà di stampa e del diritto dei cittadini di essere correttamente informati. E cioè una protesta forte, generalizzata, convinta.”