«Non esistono prove plausibili per sospettare che la giornalista Nazli Ilicak faccia parte dell'organizzazione gulenista accusata del tentato colpo di stato nel luglio del 2015, che abbia tentato di rovesciare il governo o cercato di ostacolarne il funzionamento». Quindi la sua detenzione, basata su queste accuse, ha violato i suoi diritti alla libertà e d'espressione. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani (Cedu) che ha condannato la Turchia a versarle 16 mila euro per danni morali.
Nella sentenza i giudici affermano che gli articoli scritti da Ilicak, su cui è fondata parte delle accuse contro di lei, facevano parte del dibattito pubblico su quanto stava accadendo, e inoltre non sostenevano o promuovevano l'uso della violenza per rovesciare il governo, e neanche contenevano un sostegno per l'organizzazione sospettata di aver condotto il golpe.
I giudici hanno inoltre contestato alla Turchia il fatto che le telefonate fatte dalla giornalista – molto nota in patria – ad alcune persone messe in seguito sotto inchiesta possano essere considerate prove plausibili. Questa attività, come anche lo scambio di messaggi, e la pubblicazione di tweet, dice la Corte, fanno parte del normale lavoro di un giornalista, protetto dalla libertà d'espressione e di stampa. (Ansa)