Patrick Zaki sarà scarcerato «anche se non è stato assolto» dalle accuse. La notizia, data da alcuni avvocati ai cronisti al termine dell'udienza a Mansura, arriva veloce in Italia, suscitando la soddisfazione di associazioni, attivisti, politici e istituzioni. Una soddisfazione comunque parziale, anche perché non è dato sapere quando Zaki sarà scarcerato, se nella stessa giornata di oggi, 7 dicembre, oppure nei prossimi giorni. Intanto, i giudici egiziani dinanzi ai quali lo studente dell'Università di Bologna è comparso per l'ennesima udienza in questi 22 mesi di detenzione preventiva hanno fissato per il primo febbraio 2022 la prossima tappa del processo a suo carico.
«Speriamo che la scarcerazione di Patrick Zaki sia il primo passo per liberarlo da ogni catena e riportarlo in Italia», è l'auspicio del presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, che ancora lo scorso primo dicembre era in piazza, a Roma, insieme con il segretario dell'Usigrai, Daniele Macheda, per partecipare alla mobilitazione a sostegno della richiesta di liberare Patrick.
«Un enorme sospiro di sollievo perché finisce il tunnel di 22 mesi di carcere e speriamo che questo sia il primo passo per arrivare ad un provvedimento di assoluzione», commenta Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, che in questi quasi due anni ha continuato a reclamare la liberazione di Zaki.
L'annuncio della scarcerazione è stata accolta dalle urla di gioia dei familiari, amici e attivisti che hanno partecipato all'udienza. Zaki non era in aula al momento dell'annuncio. La notizia della decisione di scarcerarlo è stata confermata dall'Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr), l'ong egiziana con la quale lo studente collaborava.
Patrick Zaki era finito in carcere il 7 febbraio 2020 dopo essere stato arrestato all'aeroporto del Cairo al suo ritorno in Egitto per un periodo di vacanza. I capi d'accusa menzionati nel mandato di arresto sono minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di notizie false, propaganda per il terrorismo. In particolare, il ricercatore egiziano avrebbe compiuto propaganda sovversiva attraverso alcuni post pubblicati su Facebook.
Il rinvio a giudizio è avvenuto invece per "diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese" sulla base di tre articoli scritti da Zaki. Tra i testi messi sotto accusa ne spicca uno, scritto nel 2019, sui cristiani copti in Egitto perseguitati dallo Stato Islamico, l'Isis, e discriminati da alcuni elementi della società musulmana.
In questi mesi si sono susseguite le udienze in cui ogni volta è stata rinnovata per 15 o 45 giorni la detenzione preventiva, nonostante i numerosi appelli e iniziative del governo italiano, di politici, attivisti e associazioni.