Sono già 35 i giornalisti uccisi in varie parti del mondo dall'inizio dell'anno. Nel 2006 furono in totale 107. Nell'85% dei casi il colpevole non viene individuato. E non si muore solo negli scenari di guerra ma anche in Colombia, Messico, Haiti, Filippine, Algeria, Iran, Federazione russa. È la denuncia che arriva da Isf, Information safety and freedom, l'associazione, con sede a Firenze, a difesa delle libertà di stampa e di espressione nel mondo, nel giorno della 17/a Giornata mondiale della libertà di stampa.
Isf ha scelto di dedicare la giornata all' Afghanistan organizzando un convegno nella sede del Consiglio regionale della Toscana con il giornalista afghano Mir Haidar Mutahar, direttore del quotidiano indipendente 'Arman-e-Millie'. ''Più di 200 giornalisti - ha affermato Stefano Marcelli, presidente di Isf - hanno perso la vita in Iraq, paese nel quale oggi gli inviati occidentali sono quasi scomparsi, se si eccettua qualche 'embedded'. Dopo la vicenda irachena ci chiediamo oggi se sia possibile un giornalismo indipendente sugli scenari di guerra, e in principal modo in Afghanistan, dove i giornalisti si trovano schiacciati tra l'incudine del terrorismo sanguinario dei talebani e il martello delle censure''. Marcelli ha poi ricordato la vicenda del rapimento di Daniele Mastrogiacomo e l'esecuzione del collega Adjmal Naskhbandi, ''che molti si ostinano a definire guida afghana mentre era un giornalista professionista che collaborava con il nostro reporter''. Per Isf, comunque, censure, intimidazioni e condizionamenti, anche legislativi e finanziari, si stanno diffondendo anche nelle democrazie occidentali. ''In Italia - ha concluso Marcelli - guardiamo con preoccupazione alle norme censorie varate dall'Autorità garante per la privacy o la nuova legge approvata quasi all'unanimità dalla Camera sull'informazione giudiziaria''. (ANSA)