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Operatore morto in Iraq
Internazionale 19 Lug 2016

Iraq, cameraman vittima dell'Isis a sud di Mossul. La Ifj: «Le istituzioni garantiscano più sicurezza agli operatori sul campo»

Un cameraman iracheno, Ali Mahmoud, è stato ucciso il 13 luglio a sud di Mossul, in Iraq. A darne notizia è la Federazione Internazionale dei Giornalisti (Ifj) che «si unisce al suo affiliato, il Sindacato dei giornalisti iracheno (Ijs), nel condannare l'uccisione e nel fare appello alle istituzioni locali perché garantiscano più sicurezza agli operatori dei media presenti sul territorio».

Un cameraman iracheno, Ali Mahmoud, è stato ucciso il 13 luglio a sud di Mossul, in Iraq. A darne notizia è la Federazione Internazionale dei Giornalisti (Ifj) che «si unisce al suo affiliato, il Sindacato dei giornalisti iracheno (Ijs), nel condannare l'uccisione e nel fare appello alle istituzioni locali perché garantiscano più sicurezza agli operatori dei media presenti sul territorio».

Stando a quanto riportato dai media locali, Mahmoud, operatore del canale satellitare Al-Ghadeer, si trovava a bordo di un veicolo delle forze di sicurezza irachene nell'area a Sud di Mossul, in mano all'Isis, quando è stato colpito da una bomba. Nell'attacco è rimasto ferito anche un altro operatore, Ali Jawad, inviato di Al Iraqiya, la tv nazionale irachena.

«Piangiamo la morte del collega Ali Mahmoud e rivolgiamo alla sua famiglia, ai colleghi e agli amici, le nostre condoglianze», ha dichiarato il Sindacato dei giornalisti iracheni. «Auguriamo ad Ali Jawad - prosegue la nota dell'Ijs - una pronta guarigione ed invitiamo il personale dei media ad essere vigile e prudente nel lavoro al seguito delle forze di sicurezza».

Secondo le statistiche della Ifj, Mahmoud è il quarto operatore morto in Iraq dall'inizio dell'anno.

«Siamo profondamente addolorati per la morte di Ali Mahmoud - ha commentato il presidente del sindacato internazionale dei giornalisti, Philippe Leruth -. Facciamo appello ai media che operano in Iraq affinché si sforzino per garantire la sicurezza del personale sul campo, organizzando corsi di formazione sulla sicurezza che possano contribuire a ridurre il rischio nelle aree di conflitto. Nessuna storia vale una vita umana».

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