Conferenza stampa questa mattina in Fnsi per presentare la petizione online “No bavaglio” promossa dal professor Stefano Rodotà e dai giornalisti Marino Bisso, Arturo Di Corinto e Giovanni Maria Riccio. “Siamo pronti a portare la mobilitazione fino a Bruxelles – ha detto il segretario generale Raffaele Lorusso – perché purtroppo la voglia di bavaglio sta contagiando troppi Paesi dell’Unione Europea”. Intanto giovedì appuntamento a Piazzale Clodio, a Roma, per raccogliere nuove adesioni all’iniziativa.
Portare avanti la mobilitazione, fino alla piazza se necessario, e fino a Bruxelles, per sollecitare l’intervento dell’Unione Europea, dal momento che la voglia di bavaglio si aggira ormai in troppi Paesi del continente. E intanto manifestare giovedì prossimo fuori dall’aula dove si terrà la prima udienza relativa alla vicenda dei 96 giornalisti denunciati per il loro lavoro su ‘Mafia Capitale’. Queste le principali indicazioni emerse nel corso della conferenza stampa organizzata questa mattina nella sede della Fnsi per dire “No” al nuovo tentativo di imbavagliare la stampa rappresentato dalla delega al governo in materia di intercettazioni disposta nell’articolo 30 del ddl di riforma del processo penale in discussione in Parlamento.
Anche se molte sono state le proposte lanciate da quanti hanno raccolto l’appello del comitato ‘No Bavaglio’ a partecipare all’incontro.
“La delega al governo è uno strumento sbagliato e pericoloso – ha esordito il
segretario generale della Fnsi Raffaele Lorusso aprendo la conferenza stampa –
per una materia di rilevanza costituzionale come quella del diritto/dovere di
informare. Qualunque sia il colore del governo non possiamo accettare questa
logica e non lo faremo”.
“Purtroppo bisogna registrare che in tutta Europa cresce la voglia dei governi
di mettere il bavaglio alla stampa. Per questo porteremo, se necessario, fino a
Bruxelles la battaglia per la libertà di informare”, ha poi spiegato Lorusso.
“Il testo del disegno di legge è scritto male e va stralciato”, ha ribadito il professor
Stefano Rodotà, evidenziando il pericolo insito “in una delega in bianco al
governo, che esautora il parlamento delle sue normali funzioni e priva i
cittadini del diritto di esercitare il controllo democratico sulle leggi”.
“Tra l’altro esiste già – ha proseguito Rodotà – una norma in materia ed è
quella contenuta nel codice deontologico sulla privacy, che è anche scritto in
un italiano che non lascia spazio ad interpretazioni. E ci sono poi le sentenze
della Corte europea dei diritti dell’uomo, che chiaramente stabiliscono come ai
personaggi che rivestono ruoli pubblici vada riconosciuto un diritto attenuato
alla privacy. L’Italia non può ignorare questo consolidato indirizzo della
giurisprudenza”.
“A questo punto bisogna intensificare la mobilitazione – ha rilanciato Arturo
Di Corinto, tra i promotori del comitato ‘No bavaglio’ – e far capire a
giornalisti, magistrati, politici e cittadini che, ad esempio, se questa norma
fosse già realtà noi oggi non sapremmo nulla degli scandali che stanno
funestando il Paese”.
Mentre Marino Bisso, altro promotore del ‘No’ al bavaglio, ha posto l’attenzione
“sul combinato diabolico tra intercettazioni e diffamazione che metterebbe a
rischio il lavoro dei giornalisti”.
Vittorio Di Trapani, segretario Usigrai, ha insistito sulla necessità
restituire al parlamento il suo ruolo di luogo deputato alla funzione
legislativa, anche su temi come le intercettazioni e la riforma della Rai,
ponendo “una questione di metodo che in questi casi diventa sostanza. Attenzione
– ha concluso Di Trapani – perché silenziare il diritto di cronaca è solo il primo
passo per attaccare gli altri diritti: facciamo capire all’opinione pubblica
che ci mobilitiamo per i cittadini”.
Si è invece concentrato sul lavoro dei cronisti il presidente dell’Unci,
Alessandro Galimberti, notando come “se passassero le nuove norme i giornalisti
si troverebbero a non poter più lavorare, perché sparirebbero gli atti, i
documenti e quindi le notizie: dobbiamo tenere alta l’attenzione”, ha concluso
Galimberti richiamando la categoria all’unità intorno alla battaglia comune.
“Portiamo la battaglia in parlamento, ma anche nelle redazioni e parliamone nei
corsi formazione professionale” è stata la proposta del segretario
dell’Associazione stampa romana, Lazzaro Pappagallo, che ha poi ricordato
l’appuntamento di domani nella sede della Regione Lazio dove si parlerà di “Diritto
di cronaca e lotta alle mafie”.
“I giornalisti non contano più niente, ma è ora di reagire”, è il provocatorio
invito di Carlo Bonini, uno dei 96 giornalisti denunciati nella vicenda Mafia
Capitale. “Dimostriamo alla politica – ha poi proposto Bonini – che i
giornalisti italiani sanno difendersi”.
Beppe Giulietti, portavoce dell’Associazione Articolo21, che invece ricordato
la campagna internazionale della Ifj #endimpunity e ha poi rilanciato l’intenzione
di spostare battaglia a livello internazionale, il no convinto alla delega e
alcune soluzioni alternative “a tutela del soggetto debole, e non del soggetto
forte, come l’istituzione dell’udienza filtro, il giuri per l’informazione”.
“Se l’Italia occupa il 73° posto nella classifica mondiale per la libertà di
stampa - ha detto il segretario Lorusso a conclusione dell’incontro - è a causa
del fenomeno delle querele temerarie, delle minacce ai giornalisti ma anche di
alcuni provvedimenti normativi. Se sarà necessario – ha concluso Lorusso -
porteremo la mobilitazione in piazza, ma intanto i giornalisti continuino a
dare le notizie: la stella polare deve essere il diritto dei cittadini ad
essere correttamente informati”.
Stampa Romana, "Pronti a mobilitarci con la Fnsi in
tutte le sedi"
“Lo diciamo subito: non è una battaglia corporativa. Non può
essere una battaglia corporativa quella sul no al bavaglio. Non è una questione
di definire quali intercettazioni possano essere pubblicate e in quali termini.
E' un'altra la linea prospettica. Vogliamo capire, anche in questo passaggio,
quale società vogliamo declinare anche con il contributo dei giornalisti.
Vogliamo una società della riservatezza, del riserbo su cosa fa chi riveste
ruoli di responsabilità nel paese? Vogliamo una società in cui ci siano
corpi separati nei quali i giornalisti non possono accedere? Vogliamo una
società in cui le pareti divisorie tra amministrazione, politica, giornalisti,
società civile siano alte o siano ridotte allo stretto necessario per lavorare
nell'interesse comune al servizio dei cittadini?”. Così il segretario di Stampa
Romana, Lazzaro Pappagallo, in una nota con la quale ribadisce l’adesione alla
mobilitazione lanciata questa mattina durante la conferenza stampa in Fnsi
contro il nuovo tentativo di legge bavaglio.
“Se vogliamo questo tipo di società – prosegue la nota - non aperta, ma a
scompartimenti, a blocchi, a logge allora non firmate l'appello di Stefano
Rodotà, Marino Bisso, Arturo Di Corinto, Giovanni Maria Riccio che hanno
lanciato l'iniziativa di no bavaglio. Se invece vogliamo una società aperta in
cui il ruolo dell'intermediazione giornalistica abbia un senso, in cui le
querele temerarie si ritorcano contro chi le commette (il provvedimento sulla
diffamazione è l'altro corno su cui lavorare in Parlamento), in cui ci sia un
adeguato rilievo per le notizie che fanno riferimento ai personaggi pubblici,
allora firmate.
E firmate anche per dire al governo che la delega in materia di pubblicazione
delle intercettazioni non ha senso. Ma non perché delegare l'esecutivo sia lesa
maestà ma perché discuterne in Parlamento significa ricucire il dibattito con i
rappresentanti della comunità, dell'elettorato, di chi ha il diritto di essere
informato”.
“Stampa Romana – conclude Pappagallo - aderisce, invita i comitati di redazione
e i singoli colleghi a farlo, pronta a mobilitarsi in tutte le sedi ritenute
opportune dalla Federazione Nazionale della Stampa. A iniziare da una raccolta
firme prevista davanti piazzale Clodio giovedì mattina alle 9. Simbolo di un
processo che ha un senso per Roma proprio perché ci sono state inchieste
giornalistiche e si è potuto conoscere in profondità quale mondo sommerso si
agitava sotto le strade della Capitale. Per firmare accedere al sito www.nobavaglio.org”