“Episodi sempre più gravi di intimidazione e di illecito controllo del lavoro dei giornalisti - ha dichiarato il Segretario Generale della Fnsi, Paolo Serventi Longhi - rendono la situazione dell’informazione una vera emergenza nazionale. Ritengo che il più grave di questi episodi sia quello denunciato dai colleghi de “la Repubblica” e che riguarda intercettazioni e pedinamenti di alcuni giornalisti del quotidiano ed in particolare del collega Giuseppe D’Avanzo da parte di alti funzionari del Sismi".
"La gravità di questo episodio - ha proseguito Serenti Longhi - è determinata dalla totale illegalità dell’iniziativa dei servizi, dall’assenza di autorizzazioni della magistratura. Non vi sono precedenti noti, ma si può ragionevolmente ipotizzare che le intercettazioni delle telefonate di D’Avanzo non rappresentino l’unico atto illegale nei confronti del mondo dell’informazione. Occorre una seria indagine delle istituzioni, della Commissione parlamentare sui servizi e, naturalmente, dello stesso Governo che debbono valutare gli opportuni radicali provvedimenti. L’informazione italiana ha vissuto nel recente passato, ed anche in questi giorni, pagine oscure e per questo occorre la massima vigilanza democratica per impedire che settori deviati degli apparati dello stato cerchino di celare o travisare la verità e di impedire quel giornalismo di inchiesta che deve continuare a portare un grande contributo all’accertamento della realtà e alla solidità delle istituzioni. In questo ambito è opportuno che ciascun giornalista difenda con rigore, sempre, la propria autonomia dalle fonti e i valori della professione”. Il Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Franco Siddi, ha dichiarato: “Suscita grande sconcerto, ed è cosa di gravità assoluta, che settori di un alto organismo istituzionale preposto alla sicurezza dello Stato anziché scovare e seguire i terroristi si sia esercitato in pedinamenti e intercettazioni illegali a carico di giornalisti che si occupano, professionalmente, di problematiche di sicurezza e non si accontentano di alcuna velina. E’ legittimo che i servizi segreti operino con riservatezza, ma quanto emerge dagli atti dell’inchiesta di Milano sulla vicenda di Abu Omar, che mette in luce “comportamenti di controllo degli spostamenti fisici” dei giornalisti D’Avanzo e Bovini appare fuori da ogni criterio di legittimità e di rispetto dei compiti istituzionali affidati ai servizi segreti. Un abuso inconcepibile. Si tratta di intromissioni inaccettabili nella vita personale dei colleghi e di vera e propria intimidatoria che incide, oltre che sulle persone interessate, sulla libertà di stampa e sul suo valore costituzionalmente protetto. Peraltro, appare ancor più inquietante il fatto se rapportato ad altri elementi che vengono in luce dalle indagini di Milano, per cui un ramo dei servizi segreti militari avrebbe avuto una sorta di preoccupazione sopra le altre: adottare atteggiamenti diversi rispetto a giornalisti presunti amici o presunti nemici. I primi sono ora in qualche modo inguaiati nell’inchiesta Abu Omar, addirittura sospettati di collusioni. A tutela e a loro garanzia è bene attendere l’accertamento della verità in corso da parte della magistratura. Occorrerà verificare con attenzione il significato del rapporto fiduciario con le fonti, cosa diversa da complicità improprie con i servizi segreti. Se queste ci fossero sarebbero gravissime, anche perché sono vietate dalla legge che impedisce a magistrati, giornalisti e religiosi di essere spie o collaboratori di agenti segreti e, specificamente, nessun agente segreto può essere giornalista (pena, tra le altre, la radiazione). I secondi, invece, sono colpiti da un’attività esterna di intercettazioni e pedinamenti che hanno un sapore di antiche vicende di debolezze e deviazioni che si sperava non albergassero più in nessun ambiente riservato e preposto alla sicurezza del Paese. Perché cosa venivano seguiti D’Avanzo e Bonini? Quali condizionamenti si intendeva esercitare? Cosa “doveva essere taciuto”? Quali punti deboli si voleva scoprire? Per che cosa? Per servire chi? Certo non il diritto dell’informazione a fare il proprio dovere nel cercare di svelare i misteri. Certo non l’interesse di uno Stato che costituzionalmente fa della libertà di stampa la sua bandiera essenziale. Le Autorità di controllo competenti, oltre la magistratura la cui attività farà il suo corso, sono chiamate a fare chiarezza al più presto con rigore, per rimettere in ordine le cose andate fuori quadro e garantire il prestigio di istituzioni che, nella loro essenza, servono realmente lo Stato e dfendono tutti i beni umani, morali e materiali protetti dalla Costituzione".