Il Consiglio direttivo del Sindacato giornalisti del Veneto, con i rappresentanti dell’Ordine nazionale e regionale dei giornalisti, ha affrontato i problemi dell’accesso alla professione e dell’utilizzo degli stagisti nelle redazioni del Veneto.
L’aumento dei colleghi disoccupati e della precarizzazione è una questione al centro del rinnovo del contratto, e anche l’immissione sul mercato di nuovi praticanti e professionisti è un problema del sindacato nel momento in cui entrano in concorrenza con altri colleghi seguendo canali privilegiati che riducono o azzerano i costi per gli editori. La Fnsi ha invitato a vigilare sull’utilizzo improprio degli stagisti nelle redazioni, e i CdR del Veneto si sono attivati per il rispetto delle regole individuando protocolli da firmare con le direzioni che non prevedono alcuna attività lavorativa utilizzabile nella produzione del giornale: lo stagista non può essere inviato a seguire avvenimenti, né titolare, né impaginare, né scrivere articoli destinati alla pubblicazione. La violazione di queste regole comporta la trasformazione del rapporto di stage in rapporto di lavoro subordinato. Regole diverse tra stagisti generici e quelli provenienti dai master ma anche gli stagisti che hanno riconosciuto il praticantato devono rispettare dei limiti perché non sono né lavoratori subordinati né autonomi. I Comitati di Redazione del Veneto hanno ottenuto dalle aziende contratti a termine per sostituzione ferie, favorendo il riassorbimento temporaneo dei colleghi disoccupati. Le trattative hanno avuto esito positivo tranne che nelle aziende del Gruppo Finegil dove vige un preoccupante e inaccettabile veto della direzione centrale del Gruppo Espresso-Repubblica. Sull’accesso alla professione il Direttivo del Sindacato veneto invita la Fnsi e l’Ordine dei giornalisti a una seria riflessione che preveda anche una drastica revisione degli imminenti bandi per i master in giornalismo e la definizione di un numero chiuso a livello nazionale per tutte le scuole. La strada di una formazione universitaria per i giornalisti è condivisa, ma in mancanza di un unico accesso alla professione (la riforma Siliquini è finita nel cestino) il proliferare dei master in giornalismo diventa un elemento di turbativa che non è gestibile ulteriormente. Il meccanismo è impazzito e si autoalimenta, non ha più nessun rapporto con il mercato del lavoro: ci sono 77 università in Italia, vogliamo ritrovarci con 77 master in giornalismo? Come se non bastasse ci sono poi le scuole di fatto aziendali (Rai e Mediaset), vogliamo che ogni azienda si faccia la sua scuola? E poi, a chi servono se non ai docenti? I docenti-giornalisti come vengono scelti? Quanto vengono pagati? Siamo sicuri sulle forme di finanziamento delle scuole? Non si possono utilizzare i fondi europei per la riqualificazione dei disoccupati per creare invece nuovi inoccupati. Da una parte si nega il riconoscimento del praticantato per i cosiddetti free-lance che non riescono a raggiungere un determinato reddito date le cifre ridicole che le aziende pagano per i loro pezzi, e dall’altra ci sono quelli che si pagano il praticantato. Perché le iscrizioni hanno quote diverse? Vogliamo il praticantato a pagamento solo per i ricchi? E tutti gli abusivi che per anni fanno i redattori occulti nelle redazioni (quelli individuati dall’Inpgi nel 2005 sono 155), hanno diritto o no al riconoscimento del praticantato? Non si può continuare ad aprire scuole senza renderci conto della realtà che ci circonda. Le convenzioni tra Ordine e Università vanno radicalmente riviste, tutto il sistema va uniformato, avendo come principi ispiratori la qualità dei corsi e una seria selezione in base alle capacità. Per quanto riguarda gli stage il sindacato deve porre regole chiare alle aziende che aderiscono al processo formativo. Oltre ai master c’è un altro fenomeno che sta assumendo proporzioni preoccupanti, è quello del praticantato a termine. In un solo anno questo rapporto si è quasi quadruplicato: il 18,10% di crescita contro un aumento del 4,67% dei normali contratti articoli 1. Fnsi, Ordine nazionale e la maggioranza degli Ordini regionali si sono espressi contro questo abuso; purtroppo c’è chi, come il Presidente dell’Ordine della Lombardia, Abruzzo, assieme a pochi altri Presidenti rema contro i giornalisti e fa contenti gli editori: perché le aziende dovrebbero pagare un disoccupato come redattore se possono fare le sostituzioni ferie o altri contratti a termine con nuovi praticanti pagati molto meno? Testate Finegil della Lombardia utilizzano il praticantato a termine per le sostituzioni a termine mentre testate Finegil del Veneto applicano correttamente il contratto. Una tendenza pericolosa che spezza l’unicità del contratto. Parecchi dei colleghi assunti dal Gruppo Grauso-E Polis per le nuove iniziative avrebbero avuto contratti di praticantato a termine di pochi mesi se l’Ordine regionale del Veneto avesse accettato questa forma di assunzione. Il mancato riconoscimento ha portato l’editore a fare contratti di praticantato a termine di 18 mesi. Per fortuna una mano sul problema del precariato e dei disoccupati viene dal CdA dell’Inpgi che ha approvato una delibera con la quale si farà carico per due anni della contribuzione dovuta dall’azienda (20,28% della retribuzione) qualora l’editore assuma giornalisti iscritti alla lista di disoccupazione. Manca ancora la firma della Fieg per rendere operativo il provvedimento, ed è bene che tutti i Comitati di Redazione facciano presente agli amministratori delle aziende nelle quali operano che la loro testata, per ogni assunzione a termine o a tempo indeterminato effettuata, sta perdendo generosi sgravi contributivi. E poi non ci vengano a parlare solo e sempre di costi dei giornalisti da ridurre. Approvato all’unanimità dal Direttivo del Sindacato giornalisti del Veneto Venezia, 7 luglio 2006