Se c’è una cosa che mi fa veramente ridere è sentirlo difendere i diritti dei giovani colleghi, dei giornalisti in erba penalizzati dalla legge Biagi. Lui che di anni ne ha quasi sessanta. Lui che declina il giornalismo al passato remoto, un giornalismo che i giovani colleghi (parlo di quelli che fanno informazione nel mondo della piccola editoria: cioè il 90 per cento dei ragazzi…) non hanno mai vissuto.
IL SERVENTOSAURO E LA JURASSIC PRESS gianluigi paragone Se c’è una cosa che mi fa veramente ridere è sentirlo difendere i diritti dei giovani colleghi, dei giornalisti in erba penalizzati dalla legge Biagi. Lui che di anni ne ha quasi sessanta. Lui che declina il giornalismo al passato remoto, un giornalismo che i giovani colleghi (parlo di quelli che fanno informazione nel mondo della piccola editoria: cioè il 90 per cento dei ragazzi…) non hanno mai vissuto. Lui che fa il sindacalista da una vita e il presidente della federazione nazionale della stampa italiana da oltre dieci anni. Lui che parla tanto dei giovani e a me che sono uno dei più giovani direttori di quotidiani nazionali non si è neanche degnato di mandarmi un biglietto di congratulazioni il giorno del mio insediamento. Lui che però stringe la signora Sgrena come la madonna del rosario. Lui che nel giurassico mondo del giornalismo è il Serventosauro, una delle specie più longeve. Lui che di nome fa Paolo Serventi Longhi. A voi lettori questo nome dice poco e niente perché chi si occupa di politica non ha tempo di scrivere articoli quotidianamente: noi lavoriamo, loro si preoccupano degli affari nostri. O almeno dovrebbero. Già perché gratta gratta, mentre io sto tutto il giorno con i miei colleghi incollato alla sedia per fare il giornalista, il sindacato fa politica. A nome di tutti. Parla della libertà di stampa in pericolo e poi nel sito della Fnsi, nella rassegna stampa, la Padania non c’è, il Secolo non c’è ma trionfano il Manifesto, Liberazione, l’Unità. Dice di difendere i giornalisti, il Serventosauro, ma poi non una parola a difesa dei giornalisti della Padania quando vengono sistematicamente e gratuitamente attaccati con l’infame accusa di razzismo. Quando il sindaco albanese di Tirana mi diede del pagliaccio in una trasmissione di Raitre (Primo Piano), Serventi Longhi si guardò bene dal prendere posizione: evidentemente non tutti i giornalisti sono uguali. Infatti Paolo Guzzanti per lui è «un voltagabbana», Feltri, «un nemico al quale non debbo neanche rispetto, un insicuro e complessato». Fede «un buffone di corte». Di contro, nessuna dichiarazione ho letto contro il Manifesto dove una teologa, collaboratrice del giornale comunista, ha offeso Umberto Bossi con una battuta che trasuda volgarità vera e crudeltà umana: anche qui non tutti i politici meritano un giusto trattamento sulla stampa. A Serventi Longhi domando se serve davvero un sindacato quando tutti possono scrivere e tutti possono insultare. Del suo passato rosso, il Serventi Longhi non fa mistero: non ha mai negato di aver fatto il Sessantotto e di aver tirato sassi durante le contestazioni (a Sabelli Fioretti su Sette ha persino confidato che sbagliava mira e prendeva i suoi stessi compagni...), di esser stato comunista. E giust’appunto ieri l’altro prima dello sciopero dei giornalisti della carta stampata, il capo sindacalista dei giornalisti si vedeva con gli amici (suoi) dell’Unione per presentare la piattaforma politica della Fnsi, federazione nazionale stampa italiana. In cima alle cose da fare (con l’Unione) c’è l’abrogazione della legge 30, la legge Biagi. Potrei dire che porta non solo il nome ma l’idea di un riformista (Marco Biagi) vero, in tempi in cui sono tanti coloro che si riempiono la bocca di riformismi. Tuttavia non basta: questa legge sulla flessibilità del lavoro è una legge che ha tolto il tappo al Paese, che comunque dà la possibilità ai giovani di lavorare senza sacrificio dei diritti e senza le disparità di trattamento come invece faceva il precariato del ministro ulivista Tiziano Treu. Ma lui, Serventi Longhi, non lo può capire: uno che è stato tutta la vita solo all’Ansa e poi ha fatto il sindacalista, che esperienza di campo può avere per parlare di flessibilità? All’Ansa tutta la vita: se è quello il miraggio che vende ai giovani, Serventi Longhi, è proprio fuori dal mondo… Con la legge Biagi, il trend di disoccupazione si è invertito e i dati ci proiettano nelle zone alte delle classifiche europee, per numero di occupati. Questa è la notizia. Ma siccome il ministro è leghista, a capo dell’esecutivo c’è Silvio Berlusconi e il governo è di centrodestra, il Serventosauro non la vede, la notizia. Preferisce prendere il buco e schierare i giornalisti contro il governo. Invece che contro la controparte naturale delle trattative e cioè gli editori. Oggi in edicola, cari lettori, date uno sguardo ai giornali che ci sono e quelli che non ci sono. Poi capirete perché gli articoli su quei giornali sono a senso unico contro il governo, contro i suoi ministri e contro i risultati positivi. Se basta il fischio di un sindacato militante, che non solo sfila con i girotondini ma prende anche la parola, fa i comizi, se basta il fischio di un sindacalista che in molti danno come possibile ministro delle Comunicazioni (ecco perché tanto accanimento contro la Cdl...) per bloccare le rotative non tanto per migliorare i diritti dei giornalisti ma soprattutto per contestare il governo, non deve imbarazzare se i giornalisti scrivono in massa con la mano sinistra. Ma, per fortuna, le cose iniziano a cambiare: i giornali giovani, d’opinione, quelli che distinguono le battaglie sindacali vere da quelle ideologiche, vanno in edicola. E i giovani colleghi non ne vogliono sapere della Jurassic Press di Serventosauro. Ne abbiamo le scatole piene di una stampa che arriva addirittura a pensare di comandare come se fosse un partito politico, che chiede la testa di Silvio come di Fazio, che nega alla Lega e a Bossi la dignità politica, riservandole solo gli insulti. La stampa che oggi sciopera è quella autoreferenziale, quella che crede davvero di essere paladina di indipendenza e libertà. A questa stampa qui, dedico il monologo di Giorgio Gaber nella parte che riguarda la stampa e i giornalisti. A questa stampa giurassica, giro le spalle nel giorno dello sciopero e torno a fare il mio lavoro. In segno di rispetto ai lettori... Ps. Siccome Paolo Serventi Longhi crede molto nella libera stampa e nella libertà di opinione, mi querelerà. Troppa libertà fa male… GIANLUIGI PARAGONE