È morto a Torino Mimmo Candito, storico reporter e corrispondente di guerra del quotidiano 'La Stampa'. Lo annuncia il sito web del giornale. Aveva 77 anni. Candito è stato in Medio Oriente, Asia, Africa, in Kosovo e alle Falkland e ha seguito, fra l'altro, l'invasione sovietica dell'Afghanistan, la guerra tra Iran e Iraq, le due guerre del Golfo e quella di Libia. «Il 31 maggio 2015 – ricorda il quotidiano torinese – ha pubblicato su 'La Stampa' l'articolo 'Io, inviato sul fronte di guerra al cancro'».
Nato nel 1941 a Reggio Calabria, aveva iniziato la professione al 'Lavoro' di Genova per passare poi a 'La Stampa' nel 1970. È stato anche presidente italiano di Reporter senza frontiere, docente di giornalismo all’Università di Torino e scrittore. Fra i suoi libri '55 vasche', pubblicato nel 2016, sulla malattia che lo ha ucciso.
Il cordoglio della Fnsi e dell'Associazione Stampa Subalpina
La Federazione Nazionale della Stampa e l'Associazione Stampa Subalpina esprimono il loro cordoglio per la scomparsa di Mimmo Candito, giornalista coraggioso, impegnato sulla trincea della libertà dell’informazione fino agli ultimi giorni della sua vita.
Ci mancherà il suo esempio di inviato sui fronti di guerra dove non si è mai accontentato delle verità a portata di mano ma ha saputo cercarle mettendo anche a repentaglio la sua incolumità e salute personale. Ma ci mancherà anche la passione con la quale insegnava ai giovani i segreti di una professione in trasformazione. Anche la sua ultima battaglia contro la malattia, che ha saputo condurre e descrivere con la forza delle parole, racconta di un uomo che lascia un vuoto incolmabile nel giornalismo italiano.
Dai giornalisti italiani e piemontesi un abbraccio a Marinella, sua compagna di vita.
Il ricordo di Alessandra Comazzi
Arrivava alle assemblee, Mimmo, con l'aria e la forza dell'angelo sterminatore. Alto, bello, spigoloso, il fascino dell'inviato di guerra e la nobiltà d'animo del guerriero solitario. Le ragazze, che negli anni che ricordo io, fine Settanta, primi Ottanta, erano assai poche, lo guardavano con inevitabile ammirazione. Inutile ammirazione, visto che lui 'era' la sua Marinella: come davvero si potesse capire, attraverso loro, che cosa significassero due corpi e un'anima. Si erano sposati di primo aprile, nel 1978, uno scherzo che non era uno scherzo ma il modo per sancire un rapporto di amore, affetto, complicità durato tutta la vita.
E dunque Mimmo arrivava alle assemblee, e parlava, con voce tonante. Scambiandosi reciprocamente il ruolo con un'alta voce tonante, quella di Roberto Franchini. Parlava, analizzava, faceva il punto. Sollecitava gli animi e le coscienze di noi più giovani, magari ancora incerti sul nostro futuro ma tutti sindacalmente coinvolti. Tempi in cui la convocazione nelle fila del sindacato avveniva 'ope legis': se eri assunto ti iscrivevi, era automatico. Perché c'erano persone come Mimmo che rendevano inevitabile la scelta, che ci ricordavano continuamente come fosse importante partecipare; come le conquiste sindacali non si dovessero mai dare per scontate. Come la libertà di espressione, la libertà di stampa, non fossero luoghi comuni: ma la Costituzione andava continuamente assecondata, sostenuta con la partecipazione di ogni singolo giornalista, in qualunque settore, di qualunque età.
Mimmo ci ha insegnato molte cose. Ci ha insegnato anche il rimpianto, certo. Ma con il rimpianto la volontà di risalire. Le discese ardite e le risalite, come diceva Mogol per Battisti. E non a caso: Càndito non era soltanto inviato di guerra. Si occupava di musica leggera quando ancora la musica leggera era considerata un genere minore. Ma per lui non sono mai state solo canzonette. Solo che Mimmo era stonato: e bisogna dirlo, e dirlo con un sorriso, perché nessuno più di lui amava la verità dei fatti.
Il ricordo di Radio3 Mondo (di cui Mimmo Candito è stato, in passato, tra i conduttori)
Qui la versione integrale dell'intervista realizzata in studio a Radio3Mondo il 24 Febbraio 2016.