Evan Gershkovich e Julian Assange liberi. Alla vigilia del 3 maggio, Giornata mondiale per la libertà di stampa, la Federazione internazionale dei giornalisti torna a far sentire la propria voce schierandosi al fianco di tutti i cronisti arrestati a causa del loro lavoro. L'ennesimo appello per la liberazione di Gershkovich, l'inviato del Wall Street Journal arrestato a Mosca con l'accusa di spionaggio, e contro l'estradizione di Assange negli Stati Uniti giunge da Atene, dove si è riunito il Comitato esecutivo della Ifj.
Nel corso della riunione, alla quale ha partecipato Raffaele Lorusso, componente dell'esecutivo del sindacato mondiale, è venuto fuori un quadro allarmante sullo stato della professione nel mondo. L'emergenza informazione ha assunto una dimensione globale. Ovunque la crisi dei media tradizionali provoca chiusure, ridimensionamenti e perdite massicce di posti di lavoro. Una situazione ormai insostenibile alla quale si aggiungono arresti, omicidi e minacce ai giornalisti.
Per questo, alla vigilia della Giornata mondiale della libertà di stampa, l'auspicio è che in tutto il mondo possano essere adottate misure a sostegno del lavoro dei giornalisti e dell'informazione, la cui funzione essenziale per la tenuta delle istituzioni democratiche viene spesso ignorata dai governanti.
I licenziamenti di massa interessano ormai tutti i Paesi. Dal Nord America, dove i quotidiani locali stanno scomparendo, al Sud America, dove i giornalisti vengono messi alla porta senza alcun preavviso; dall'Europa, dove comunque resistono forme di protezione sociale per chi perde il lavoro, fino all'Australia. Ovunque, inoltre, si moltiplicano minacce, intimidazioni ed episodi di violenza contro i giornalisti.
In particolare, sono in aumento le intimidazioni attraverso il web e i canali digitali. In alcuni Paesi dell'Africa, e nelle ultime settimane soprattutto in Tunisia, gli arresti e i fermi di polizia sono ormai all'ordine del giorno. Lo stesso discorso vale per la Turchia, dove non si ferma la repressione di tutte le voci di dissenso.
Preoccupante è la situazione anche in Serbia e Bosnia Erzegovina, oltre che in America Latina. In Messico i giornalisti rischiano quotidianamente la vita; in Colombia l'anno scorso sono stati uccisi quattro cronisti. In Europa, crescono invece le minacce e gli attacchi agli operatori dell'informazione. Per la maggior parte dei casi, come documentato dalla Federazione europea dei giornalisti, si tratta di attacchi verbali, anche se non mancano giornalisti minacciati di morte, come i colleghi italiani sotto scorta.
Sono in aumento anche le intimidazioni attraverso azioni legali in sede penale e civile. Minacce di questo tipo riguardano molti Paesi: Belgio, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Polonia, Spagna, Svezia, Albania, Macedonia del Nord e Turchia.
Un discorso a parte, meritano i bavagli di Stato, ossia norme di legge e provvedimenti delle autorità con cui anche in alcuni Paesi della Ue si punta a limitare la libertà di stampa e a comprimere il diritto dei cittadini ad essere informati. La legge italiana di recepimento della direttiva europea sulla presunzione di non colpevolezza, che sta di fatto provocando la scomparsa della cronaca nera e giudiziaria, non è un caso isolato in Europa. Com'è noto, la Fnsi ha chiesto all'Ue di accendere i riflettori sul caso italiano e di valutare se esistono i presupposti per aprire una procedura d'infrazione.
L'approvazione del Media Freedom Act, di cui si sta discutendo a Bruxelles, potrebbe essere l'occasione per fissare regole vincolanti per tutti gli Stati membri a tutela della libertà dei media e del lavoro dei giornalisti, dando piena attuazione ai principi fissati nei trattati istitutivi dell'Unione, più volte ribaditi nelle sentenze della Corte europea dei diritti dell'Uomo.
All'Unione europea si chiede anche di intervenire sul fenomeno delle liti temerarie e delle querele bavaglio, le cosiddette Slapps, adottando misure che impegnino i singoli governi a mettere a punto efficaci norme di contrasto. Altrettanto necessario è avviare un'interlocuzione a livello comunitario per governare l'impatto dell'intelligenza artificiale sul lavoro giornalistico. Nessun dubbio sul fatto che i nuovi strumenti rappresentino un'opportunità: possono contribuire a migliorare la qualità dell'informazione, ma in un quadro di regole che impediscano il condizionamento dei processi informativi e dei processi democratici.
Il sostegno ai giornalisti ucraini e a quelli russi che sono riusciti a lasciare il Paese trovando rifugio nell'Unione europea è stato fra le priorità della Ifj e della Efj, che hanno anche promosso raccolte di fondi. La Federazione internazionale dei giornalisti è impegnata anche in un confronto con l'Onu per promuovere l'adozione di una Convenzione internazionale per la protezione dei giornalisti e degli operatori dei media nelle zone di guerra e nelle aree più a rischio.