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Osservatorio sui media 02 Feb 2011

Editori punto e a capo: l’ informazione si paga

Il giornalismo non è più solo carta e (un pochino di) online: ci sono gli smartphone, i tablets ed è diventato maturo un nuovo modello economico per l’ industria delle notizie, con l’ ‘’informazione ubiquitaria’’, mobile e multi-piattaforma – Ken Doctor, autore del famoso ‘’Newsonomics’’, in un articolo su NiemanLab, sostiene di vedere una  ‘’convergenza di fattori’’ che starebbe determinando ‘’un punto di curvatura, un punto a partire dal quale l’ industria giornalistica guarda a se stessa in modo diverso da prima’’, offrendo la ‘’possibilità di cancellare quello che alcuni hanno definito il peccato originale della gratuità dei contenuti’’

Il giornalismo non è più solo carta e (un pochino di) online: ci sono gli smartphone, i tablets ed è diventato maturo un nuovo modello economico per l’ industria delle notizie, con l’ ‘’informazione ubiquitaria’’, mobile e multi-piattaforma – Ken Doctor, autore del famoso ‘’Newsonomics’’, in un articolo su NiemanLab, sostiene di vedere una  ‘’convergenza di fattori’’ che starebbe determinando ‘’un punto di curvatura, un punto a partire dal quale l’ industria giornalistica guarda a se stessa in modo diverso da prima’’, offrendo la ‘’possibilità di cancellare quello che alcuni hanno definito il peccato originale della gratuità dei contenuti’’

Perché, dopo che l’ informazione online è stata gratuita per tanti anni, gli editori vogliono che venga pagata? Perché ora?

Per rispondere a questa domanda, rivoltagli qualche giorno fa da un giovane ricercatore della USC’s Annenberg School of Communication, Ken Doctor — il famoso autore di Newsonomics – ha scritto per il Nieman Journalism Laboratory un articolo su 'The Newsonomics of do-over', l’  ‘’economia del ricominciare daccapo’’.

Ci sono due ragioni, mi pare – afferma Doctor -. La prima è economica, è quella che aveva avuto grande risonanza nella sessione della Newspaper Association of America che si era tenuta a San Diego due anni fa. Fu lì che Rupert Murdoch e Dean Singleton lanciarono il guanto di sfida: Google stava rubando contenuti e bisognava che i lettori cominciassero a pagare. Si trattava della espressione pubblica – spinta in primo piano dalla terribile crisi economica – di quella che era diventata ormai una constatazione privata: il tasso di cambio fra il dollaro della carta e i centesimi del digitale non sembrava affatto conveniente. Insomma, non c’ erano nella pubblicità digitale – almeno per quello che si poteva vedere – abbastanza soldi per sostenere a lungo termine delle imprese editoriali di una certa dimensione.

L’ altra ragione – secondo Doctor – è di tipo emozionale: quello che facciamo ha un valore e quindi la gente deve pagare per ottenerlo; anche se, come il ricercatore della Annenberg aveva sottolineato, gran parte del prezzo di copertina andava ai costi di stampa e distribuzione e non nelle tasche dei giornalisti.

(segue su Lsdi)

@fnsisocial

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