“Delibere come quella dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, che prevede la scandalosa e ridicola sospensione per 12 mesi di un giornalista reo confesso di aver collaborato (retribuito) con il Sismi, delegittimano di fronte alla categoria e all’opinione pubblica lo stesso ruolo e la funzione dell’organismo di autogoverno deontologico dei giornalisti. Renato Farina - ha dichiarato il Segretario Generale della Fnsi Paolo Serventi Longhi - andava radiato dall’Ordine e non sospeso per 12 mesi.
Lo stesso Consiglio Regionale della Lombardia afferma che Farina ha tradito la professione giornalistica e ha mantenuto un rapporto costante con il Sismi. Farina è stato regolarmente retribuito dai Servizi Segreti ed ha compiuto atti tendenti a orientare l’informazione del suo giornale sia sul caso Abu Omar sia relativamente alle falsità rispetto al ruolo dell’attuale Presidente del Consiglio Romano Prodi. E nonostante ciò ha continuato a scrivere editoriali per il giornale di Vittorio Feltri. A questo punto occorre che i giornalisti italiani riflettano seriamente su una istituzione che, in questo caso, tende a giustificare comportamenti inaccettabili di iscritti, con uno sconto di pena motivato da una presunta, inesistente, gogna mediatica, specie nei confronti di un reo confesso, con la singolare tesi che la sanzione mass mediatica sia più incisiva della stessa pena disciplinare. L’istituzione ordinistica ha un senso solo se tutela l’interesse collettivo dei cittadini e dei tanti giornalisti che fanno onestamente il loro mestiere, senza “stipendi” corrisposti dalle fonti. Proporrò al Consiglio Nazionale dell’Ordine di chiedere alla Procura della Repubblica di Milano di opporre appello alla sentenza dell’Ordine della Lombardia, perché sia possibile che lo stesso Ordine Nazionale possa comminare una sanzione molto più incisiva”. Intervento del Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Franco Siddi, sul caso Farina: “La delibera del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti di Milano che, con un voto pari (4 a 4), si è limitato a sospendere per un anno Renato Farina, collaboratore (pagato) per sua stessa ammissione dei servizi segreti, rischia di dare ulteriori argomenti a chi ritiene non più utile l’esistenza di un ordine di autogoverno deontologico e disciplinare dei giornalisti e lo ritiene non credibile. Nessuno contesta che Renato Farina o altri possa fare l’agente o il collaboratore dei servizi di sicurezza, ma se sceglie di fare questo non può fare in contemporanea il giornalista . Nessuno impedirà a Farina di far conoscere le proprie opinioni, ma non è credibile che possa esercitare, dopo appena un anno di pena, la professione di giornalista-cronista, che ha “l’obbligo inderogabile della verità sostanziale dei fatti” e di garantire un rapporto di lealtà con i lettori. Gli agenti riservati hanno la loro dignità e il diritto alla tutela di questa funzione, che era è e resta, però, incompatibile con quella di giornalista. L’inganno di tutta la categoria e del pubblico è il vero danno consumato in questa vicenda. Resto dell’avviso – prendendo atto di opinioni diverse – che la legalità sia fondamento morale oltre che civile della convivenza e della credibilità delle istituzioni. Per aver ripetuto queste cose per oltre due mesi, sono stato accusato di giustizialismo e di negare la regola del garantismo. L’Ordine di Milano si è preso il tempo di assicurare queste garanzie ma non ha individuato fatti diversi da quelli già noti da mesi. Di fronte a violazioni tanto acclarate l’unica garanzia da assicurare era e resta – a mio avviso - quella della trasparenza e del diritto dei cittadini a ricevere informazioni oneste e pulite. Quella del giornalista è, dev’essere una patente certificativa. Certo, dopo quanto accaduto è più che mai indifferibile, piaccia o non piaccia a chi vuole lasciare le cose come stanno o a chi reclama cambiamenti perché nulla cambi, una riforma seria della legge del 1963 dell’Ordine dei giornalisti. Va salvato l’articolo 2, che tutela le autonomie dell’informazione e dei giornalisti e il loro corretto rapporto con le fonti delle notizie. Sul resto va aggiornato quasi tutto, perché la certezza del diritto non sia un’opinione, perché la giurisprudenza disciplinare abbia una linea comune da Milano e Palermo e soprattutto sia veramente efficace e capace di punire violazioni e distorsioni e utile a tutelare, nello stesso tempo, i giornalisti onesti vittime di troppe invasioni di campo. Solo questo giustifica un ordinamento professionale autonomo. Governo e Parlamento, piuttosto che pensare a cancellare un’istituzione – tentazione presente in molti settori politici – riprendano il filo dell’assunto di libertà tradotto dall’articolo 2 della legge del 1963 e intervengano rapidamente con una seria modifica dell’ordinamento con procedure anche accelerate”. Renato Farina, spione reo confesso dei servizi segreti, non sarà radiato dall’albo dei giornalisti. L’Ordine lombardo si è limitato a sospenderlo per un anno. Una sentenza sconcertante che suscita sdegno e vergogna. E che toglie ogni credibilità a chi l’ha emessa. Noi da anni denunciamo l’obsolescenza della legge del ’63 - quella istitutiva dell’Ordine -, la sua incapacità ad affrontare e regolamentare i tanti cambiamenti anche tecnologici intervenuti nell’industria dell’informazione. Se non abbiamo mai chiesto l’abolizione dell’Ordine è solo perché crediamo nell’autogoverno della categoria come garanzia di autonomia professionale a favore della trasparenza e della democrazia. E proprio per questo chiedevano e chiediamo una radicale riforma della legge del ’63. Ma autogoverno non può significare che una spia reo confessa possa rimanere a far parte della categoria, non può significare abusare del proprio ruolo “istituzionale” per far perdere ulteriore credibilità a tutti noi. Sappiamo che la decisione dell’Ordine lombardo è stata sofferta e ha provocato divisioni. Ma alla fine contano le decisioni. E quella presa dall’Ordine lombardo è offensiva per tutti i giornalisti onesti. E’ stata scritta una brutta pagina della storia del giornalismo italiano. Noi non possiamo pensare di essere rappresentati da chi mantiene nel suo albo spioni prezzolati e reo confessi. A questi consiglieri non rimane che una scelta: quella di dimettersi. Non vi rimane che una scelta onorevole: dimettetevi. Nuova Informazione Giornalisti e Sismi Renato Farina sospeso per 12 mesi. Claudio Antonelli assolto Il Consiglio ha valutato sia la personalità di Farina (incensurato sul piano deontologico) sia il prezzo devastante che lo stesso ha già pagato sul piano dell’immagine e della credibilità dopo l’esplosione dello scandalo; prezzo, che comprende anche gli insulti ai suoi familiari. Nella moderna società dell’informazione, i mezzi mediatici sono in grado di incidere profondamente sul decoro e sulla dignità di una persona (ed è quello che è avvenuto con Farina bersagliato da una campagna denigratoria senza confronti). La sanzione massmediatica è più incisiva e affittiva oggi della stessa pena o della stessa sanzione disciplinare soprattutto quando il protagonista è un professionista. Pubblichiamo la parte finale della delibera disciplinare: 8. L’audizione di Renato Farina del 28 settembre 2006 e la decisione. Renato Farina, assistito dagli avvocati Grazie Volo e Cristiano Bianchini, è comparso davanti al Consiglio nella seduta del 28 settembre 2006. Ha confermato il contenuto del suo articolo (su “Libero”) dell’8 luglio (di cui al punto 3). Nella memoria depositata dall’avv. Volo si legge: “Nell’ambito del rapporto con il Sismi Farina ha accettato dei rimborsi”. La confessione pubblica di Farina, confermata davanti al Consiglio, ha consentito al Consiglio stesso di superare la questione posta dall’articolo 58 della legge professionale 69/1963 secondo il quale i procedimenti disciplinari debbano essere sospesi in presenza di un’inchiesta penale (quella nella quale sono coinvolti sia Farina sia Antonelli). Il Consiglio ha respinto la proposta di patteggiamento della sanzione prima a 2 mesi, poi a 4 e 6 mesi. La gravità dei fatti addebitati a Farina (compreso quello di avere carpito la buona fede del redattore praticante Antonelli) non hanno consentito di accogliere le proposte. Il Consiglio ha valutato sia la personalità di Farina (incensurato sul piano deontologico) sia il prezzo devastante che lo stesso ha già pagato sul piano dell’immagine e della credibilità dopo l’esplosione dello scandalo; prezzo, che comprende anche gli insulti ai suoi familiari. Nella moderna società dell’informazione, i mezzi mediatici sono in grado di incidere profondamente sul decoro e sulla dignità di una persona (ed è quello che è avvenuto con Farina bersagliato da una campagna denigratoria senza confronti). La sanzione massmediatica è più incisiva e affittiva oggi della stessa pena o della stessa sanzione disciplinare soprattutto quando il protagonista è un professionista. Farina ha tradito la professione giornalistica, asservendola al Sismi con il quale, almeno dal 2004, ha mantenuto un rapporto costante. Gravissimo l’episodio dell’intervista “pilotata” a due magistrati dell’Ufficio del Pubblico Ministero di Milano. Farina ha compromesso la sua dignità e quella dell’Ordine al quale appartiene, ferendo anche il rapporto di fiducia che deve esistere tra stampa e lettori. Il Consiglio ritiene che Claudio Antonelli vada assolto, perché ha collaborato con il suo vicedirettore all’oscuro dei rapporti di quest’ultimo con il Sismi. Anche i direttori Vittorio Feltri e Alessandro Sallusti ignoravano l’occulta attività di Farina. Il Consiglio respinge le argomentazioni dei legali secondo le quali Farina non può “rendere dichiarazioni sulla vicenda giudiziaria che lo riguarda” con una conseguente limitazione del suo diritto di difesa. Farina, invece, si è difeso con ampia libertà davanti al Consiglio, ha presentato proposte di patteggiamento, ha presentato una memoria (di 6 pagine) nella seduta del 28 settembre nel tentativo di giustificare due articoli: il primo sul “caso Abu Omar” del 14 maggio e il secondo del 9 giugno dal titolo “Sorpresa, dietro le missioni Cia il visto Prodi”. Nella sua memoria, Farina precisa che la Commissione Ue (guidata da Prodi) è “implicata direttamente in termini statutari”. Una versione, questa, che non ha convinto il Consiglio se è vero che “l’atto politico di aiuto reciproco in casi di “removals” esiste ed è stato concordato a livello di consiglio d’Europa allora presieduto dalla Grecia”. Il Consiglio è giudice dei comportamenti dei giornalisti. In questo caso il Consiglio era chiamato semplicemente a valutare se il rapporto di Farina con il Sismi fosse coerente con le prescrizioni deontologiche fissate negli articoli 2 e 48 della legge professionale in presenza peraltro di una norma (articolo 7, primo comma, della legge 801/1977) che vieta ai giornalisti di collaborare con i servizi segreti. La risposta è negativa: Farina ha violato pesantemente le norme deontologiche fissate nella legge professionale. Farina ha tenuto un atteggiamento processuale “ammissivo” peraltro confermato dalla proposta di patteggiamento a una sanzione da 2 a 6 mesi. Il Consiglio, infine, nega ogni valore alla pretesa giustificativa di Farina di combattere una guerra personale contro l’Islam e pertanto di avere aiutato il Sismi in tale contesto; PQM il Consiglio, valutate le prove raccolte e le audizioni di Antonelli e Farina, delibera a) di infliggere la sanzione della sospensione di 12 mesi al giornalista professionista Renato Farina. Dice l’articolo 54 della legge 69/1963: “La sospensione dall'esercizio professionale può essere inflitta nei casi in cui l'iscritto con la sua condotta abbia compromesso la dignità professionale”; b) di assolvere il giornalista professionista Claudio Antonelli. Nota. Hanno partecipato alla seduta 8 consiglieri su 9. La maggioranza era di 5 voti. Nessuna sanzione (radiazione o sospensione di 12 mesi) ha raggiunto il quorum dei 5 voti. E’ passata così la sanzione meno grave nel rispetto del principio generale del favor rei. In caso di parità di voti, generalmente prevale il voto del presidente, ma non quanto si decide sulle persone come in questo caso. Il Consiglio seguirà con attenzione le vicende processuali legate al caso Abu Omar e a “Spiopoli”. Eventuali fatti nuovi a carico di giornalisti saranno oggetto di altre istruttorie disciplinari.