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Osservatorio sui media 19 Lug 2005

Digitale terrestre, per le tv locali il d-day è il 25 luglio

Tutto il sistema televisivo italiano si converte al digitale. Dopo i test di Rai, Mediaset e La7, la “Legge Gasparri” lancia nella nuova era un altro pezzo del panorama tv, quello delle piccole emittenti.

Tutto il sistema televisivo italiano si converte al digitale. Dopo i test di Rai, Mediaset e La7, la “Legge Gasparri” lancia nella nuova era un altro pezzo del panorama tv, quello delle piccole emittenti.

(Astro9colonne) - Roma, 19 lug - Tutto il sistema televisivo italiano si converte al digitale. Dopo i test di Rai, Mediaset e La7, la “Legge Gasparri” lancia nella nuova era un altro pezzo del panorama tv, quello delle piccole emittenti. Per loro, scatta l’obbligo di adeguarsi al sistema di trasmissione numerico dal prossimo 25 luglio: una data che, come specifica il comunicato diffuso dal Ministero delle Comunicazioni, è al contempo la scadenza per la presentazione delle domande di rinnovo delle licenza e l’inizio delle trasmissioni in digitale delle ex ‘tv libere’. “Entro il 25 luglio le emittenti locali e nazionali che intendono ottenere il prolungamento della concessione televisiva per trasmettere in analogico dovranno farne richiesta al ministero delle Comunicazioni, impegnandosi però a trasmettere dalla stessa data in tecnologia digitale per almeno 24 ore alla settimana. La trasmissione in digitale può avvenire in 'simul cast', cioè in contemporanea sui due sistemi”. La prescrizione riguarda le circa 600 tv commerciali italiane che operano in gran parte su base regionale, provinciale o cittadina, sostenendosi con gli introiti che derivano dalla pubblicità locale. La transizione definitiva al digitale, fissata per il 31 dicembre 2006, si avvicina per queste aziende, dalle risorse spesso limitate, in modo graduale. ''L'obiettivo di questa normativa per il periodo di 'simul cast' – spiegano al ministero - è fare in modo che la transizione avvenga nella maniera più semplice e meno traumatica, senza imporre cioè regole troppo stringenti che rischierebbero di causare un bagno di sangue per le emittenti''. Inizia un’altra fase storica per le piccoli emittenti private, artefici nei lontani anni 70 di una rivoluzione che ha cambiato lo statuto del sistema televisivo italiano. Riuscirà davvero il digitale ad assolvere la sua funzione di stimolo del pluralismo, accreditando nuovi operatori? Tecnicamente sì, poiché il digitale terrestre moltiplica l'offerta stipando 4-5 canali su ogni frequenza (multiplex). Ma gli editori alternativi non avranno vita facile, poiché aprire un canale digitale costa molto. Meno costoso ma più faticoso si prospetta invece il passaggio della radio al nuovo sistema. La conversione dovrebbe iniziare di fatto solo a fine 2006, poiché è ostacolata dalla mancanza di disponibilità delle frequenze. Le radio digitali del futuro dovrebbero infatti occupare le frequenze di Terza banda, ancora utilizzate da Radiouno, fino a quando il passaggio al digitale terrestre della tv non avverrà in modo completo. "Stiamo studiando l'ipotesi di un piano di incentivi per la radio- annunciava il ministro Landolfi a metà giugno - per aiutare il passaggio al digitale, ma anche per la formazione delle professionalità necessarie. L'ipotesi è quella di dare contributi agli utenti per l'acquisto degli apparecchi digitali, così come è avvenuto per la tv digitale terrestre ". La transizione è vitale, ricordava il ministro, per un settore che conta "1648 radio private, 17 radio a concessione nazionale, un volume di affari che nel 2004 è stato di 500 milioni di euro, e soprattutto 37 milioni di ascoltatori al giorno".

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