Cuba: prigionieri della parola. Un rapporto di Informazione senza frontiere
Firenze, 4 luglio – I comportamenti dei giornalisti indipendenti arrestati nel marzo scorso a Cuba e accusati di essere ''mercenari al soldo dell' Impero Usa'', più che nell' ambito di una attività di carattere sovversivo, rientrano nella sfera dell' esercizio della libertà di espressione e di riunione, diritti che sono internazionalmente protetti. Questa la conclusione del Rapporto – ''Cuba:prigionieri della parola'' – realizzato da Informazione senza frontiere e consultabile nel sito dell' associazione www.italian.it/isf/rapportocuba.htm. Il Rapporto sull' ondata repressiva che ha portato, fra il 18 marzo e il 7 aprile scorsi, all' arresto e alla condanna, con pene varianti dai 6 ai 28 anni, di 75 dissidenti cubani, fra cui 29 giornalisti, rileva come, nonostante le pesantissime condanne, non siano stati contestati ai giornalisti né l' accusa di spionaggio né progetti concreti di accordi o di attività eversiva, ma la violazione di norme ambigue come quella ''contro l' indipendenza e l' integrità territoriale dello Stato'' o la violazione della Legge 88 (soprannominata dalla dissidenza 'Legge bavaglio') che prevede restrizioni illegittime a diritti internazionalmente riconosciuti. Isf presenta ampi stralci dei capi di imputazione contro alcuni dei principali imputati e il relativo quadro legislativo, i brani chiave della torrenziale requisitoria d' accusa del ministro degli esteri Felipe PerezRoque e la lunga testimonianza d' accusa del giornalista Nestor Baguer, l' agente Octavio, uno dei 12 agenti dei servizi di sicurezza castristi infiltrati nella dissidenza. Ne emerge una intensa attività di pressione della Sezione di interessi Usa all' Avana e una fitta rete di rapporti economici e professionali fra i giornalisti arrestati e agenzie di informazione con sede a Miami finanziate con fondi provenienti in gran parte da strutture e programmi governativi degli Stati Uniti. Ma niente che possa dare corpo a concreti progetti sovversivi. Un' attività che le autorità cubane hanno sanzionato soprattutto sulla base della Legge 88, che anche Amnesty international ritiene assolutamente contraria agli standard internazionali relativi alla libertà di espressione e di riunione. La maxiretata di marzo rappresenta insomma un ulteriore inasprimento della spirale di azioni e reazioni che caratterizza da decenni il problema Cuba e che – col crollo del Muro di Berlino – sembra aver congelato la situazione in una sorta di cupa e ossessionante partita a due fra Castro e Washington. Oltre a produrre danni economici e sociali rilevantissimi, l' embargo ha alimentato un clima in cui i diritti fondamentali come la libertà di espressione sono stati costantemente calpestati e, nello stesso tempo, ha fornito un alibi al governo cubano per la sua politica repressiva e per il blocco di qualsiasi, pur timida, ipotesi di riforma del sistema. Isf ritiene che, come ha recentemente rilevato Osvaldo Paya (forse il più noto dissidente cubano, padre del Progetto Varela), bisognerebbe ''disamericanizzare'' il problema Cuba. Un obbiettivo che potrebbe realisticamente porsi per l' Unione europea, per esempio con una iniziativa politica che spinga Castro a liberare i dissidenti arrestati, impegnandosi a ricongelare la Legge 88, e Washington a ritirare la Legge Helms-Burton – come del resto più volte sollecitato dall' Onu – come primo passo di una riconsiderazione di tutta la sua politica nei confronti di Cuba.