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Ordine 27 Dic 2008

Coordinamento dei consiglieri nazionali dell'Ordine aderenti ad "Autonomia e solidarietà" e "Giornalisti uniti": "Fare ordine nel disordine del praticantato"

"In una recente interrogazione rivolta al ministro della Giustizia, i deputati radicali hanno chiesto lo scioglimento dei Consigli dell'Ordine dei giornalisti che iscrivono al registro dei praticanti gli allievi delle Scuole di giornalismo e consentono loro di accedere all'esame di idoneità professionale in violazione dell'art. 34 della legge 63/69"

"In una recente interrogazione rivolta al ministro della Giustizia, i deputati radicali hanno chiesto lo scioglimento dei Consigli dell'Ordine dei giornalisti che iscrivono al registro dei praticanti gli allievi delle Scuole di giornalismo e consentono loro di accedere all'esame di idoneità professionale in violazione dell'art. 34 della legge 63/69"

"I deputati radicali ignorano, evidentemente, le numerose pronunce di molti tribunali della Repubblica, nonché la sentenza della Corte di Cassazione che considera irragionevole l'applicazione letterale di una norma pensata dal legislatore 45 anni fa per un sistema informativo completamente diverso dall'attuale, e ha dato il via a un'interpretazione evolutiva di quella norma. In sostanza, la Suprema Corte ha sentenziato che per non risultare irragionevole, la norma che indica valori numerici per i diversi strumenti informativi che possano dar luogo al praticantato debba intendersi come indicazione di un nucleo redazionale che può essere composto sia da giornalisti con rapporto di lavoro dipendente, sia da giornalisti con rapporto di lavoro autonomo. Da qui le maglie imposte dalla legge del '63 si sono allargate e per l'accesso alla professione il praticantato tradizionale convive col praticantato d'ufficio riconosciuto a chi lavora a tempo pieno senza che l'editore gli riconosca un contratto di lavoro giornalistico, col praticantato dei freelance e di chi lavora nelle emittenti locali e nei giornali online. In breve, questa interpretazione evolutiva ha portato a una parziale liberalizzazione dell'accesso. I deputati radicali ignorano, inoltre, che le Scuole di giornalismo trovano la loro legittimazione nell'art. 20-bis del Regolamento di esecuzione della legge 63/69 che affida al Consiglio nazionale dell'Ordine la facoltà "di promuovere la Scuola nazionale di giornalismo alla quale sovraintende". Le scuole di giornalismo, a cui si accede attraverso bandi di concorso e rigorose selezioni per titoli ed esami, oltre ad assicurare la formazione teorica, editano strumenti informativi regolarmente registrati di carta stampa e online, nonché radiotelegiornali, e gli allievi vi sono impegnati a rotazione acquisendo una preparazione multimediale che può consentire loro di lavorare in qualunque media. In breve, si può dire che assicurano, sul piano teorico e pratico, una formazione più qualificata rispetto al praticantato tradizionale. Ma andiamo all'essenza della questione. La parziale liberalizzazione dell'accesso ha prodotto una discrezionalità eccessiva nelle decisioni sull'iscrizione al praticantato, le cui molteplici regole hanno confini piuttosto incerti. La conseguenza è che ogni anno si presentano mediamente all'esame di idoneità professionale 1600 candidati. Troppi per poter essere assorbiti dal mercato. Le Commissioni d'esame, peraltro, sono solitamente di manica piuttosto larga. L'80% dei partecipanti agli esami proviene metà dal praticantato tradizionale e metà dal praticantato d'ufficio. Dalle Scuole di giornalismo proviene meno del 20%. Escludere gli allievi delle Scuole di giornalismo non è giusto, ma, soprattutto, non risolve il problema. La questione va affrontata con una radicale riforma dell'accesso: un unico canale che metta ordine nella molteplicità di forme del praticantato. Il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti ha approvato, di recente, un Documento di indirizzo che, grazie agli emendamenti alla bozza iniziale proposti dai consiglieri aderenti ad "Autonomia e solidarietà" e "Giornalisti uniti", conferma, per l'accesso alla professione, la scelta già fatta nel luglio del 2002: un percorso rigoroso che preveda la laurea triennale e un successivo biennio di formazione tecnico-pratica in una Scuola di giornalismo. Un periodo transitorio di cinque anni dovrebbe consentire l'accesso all'esame di idoneità professionale a chi è iscritto al Registro dei praticanti e a chi svolge da molti anni attività giornalistica a tempo pieno pur non essendo riconosciuto come praticante. Si tratta di una scelta che dovrebbe portare ad un accesso alla professione fondato sul merito e non più sulle conoscenze o sulle raccomandazioni. E tende ad avere giornalisti più qualificati di quanto non assicuri oggi il praticantato tradizionale. Esso poteva risultare adeguato ai tempi dell'approvazione della legge istitutiva dell'Ordine. Ma con l'accelerazione della lavorazione del prodotto giornalistico conseguente all'introduzione delle nuove tecnologie, in una redazione, nessuno ha più il tempo di insegnarti nulla. E ciò va a scapito della stessa qualità dell¹informazione". Coordinamento dei consiglieri nazionali dell'Ordine aderenti ad "Autonomia e solidarietà" e "Giornalisti uniti"

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