«Papa Francesco, da dieci anni, parla ai credenti e ai non credenti. E ci invita sempre a usare le parole non come pietre per uccidere le differenze, ma per costruire i ponti dell'incontro e dell'accoglienza». Lo ha ricordato Giuseppe Giulietti, presidente della Fnsi, intervenendo al convento Massimiliano Kolbe di Roma al convegno dal titolo "Comunicare: le dieci parole di papa Francesco".
«Nel messaggio di quest'anno – la riflessione di Giulietti –, il pontefice parla di ascoltare con il cuore e di illuminare le periferie: un messaggio molto intelligente, perché ci dice che se non illuminiamo le periferie e tutti i conflitti, quei conflitti ci entreranno in casa. E quindi, è un messaggio da ascoltare, su cui riflettere e magari utilizzare quotidianamente nel nostro lavoro di giornalisti».
All'incontro, organizzato dall'Ordine dei giornalisti del Lazio in occasione del decennale di inizio pontificato di Bergoglio, sono intervenuti, fra gli altri, in presenza o da remoto, le scrittrici Dacia Maraini ed Edith Bruck, padre Antonio Spadaro, gesuita e direttore di 'Civiltà Cattolica', padre Enzo Fortunato, già portavoce del Sacro Convento di Francesco d'Assisi.
«Le parole di papa Francesco sono sempre importantissime ed essenziali. Fra queste, sottolineo il suo continuo riferimento e richiamo alla responsabilità. Forse proprio la responsabilità è quel che manca di più, ad ogni livello, a partire dalla scuola che non è un'azienda e non deve produrre ma formare, per arrivare fino alla politica», ha detto, fra l'altro, Maraini.
Edith Bruck, ebrea e testimone della Shoah, ha evidenziato che «raccontare e ricordare è basilare, non è una sorta di terapia anche se risulta molto utile, ma è importante soprattutto per le giovani generazioni: guai dimenticare ciò che è accaduto, per capire cosa accade e cosa accadrà. Serve per il passato, per il presente e per il futuro».
Per padre Spadaro, «papa Francesco, nel suo messaggio, esorta anche i giornalisti a 'parlare con il cuore'. A chi pensa che tutto ciò sia in contrasto con lo spirito di un'inchiesta o di un reportage – ha rilevato – ricordo che il cuore muove e invita ad andare, a vedere, ad ascoltare per descrivere la realtà in tutta la sua complessità. Parlare con il cuore vuol dire anche discernere il suono dal rumore indistinto dell'indifferenza e della disinformazione, vuol dire distinguere il vero dal falso, i fatti dalle opinioni, all'interno di una società dove prevalgono polarizzazioni e contrapposizioni».
A padre Enzo Fortunato il compito di riflettere sul ruolo dei giornalisti oggi. «È quello di essere sentinelle: il rischio – ha ammonito – è che invece vengano percepiti come quei clown mandati dal padrone della città ad avvisare i cittadini che sta prendendo tutto fuoco e che poi vengono derisi. Il giornalismo, la tv, la carta stampata, le piattaforme web, tutti i mezzi di informazione devono illuminare le fragilità di questo mondo, affinché tutti ce ne prendiamo cura».
Ad aprire i lavori del convegno, il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Lazio. Al termine dell'incontro, una delegazione di giornalisti, presente anche la portavoce dell'associazione Articolo21 Elisa Marincola, ha reso omaggio a padre Massimiliano Kolbe, frate minore conventuale e giornalista deportato e ucciso nel 1941 nel campo di concentramento di Auschwitz.