C'è un'emergenza informazione in Sicilia. La perdita di posti di lavoro, insieme con la situazione della 'Sicilia' di Catania, quotidiano collocato in amministrazione giudiziaria insieme con l'altro giornale del gruppo Ciancio, la 'Gazzetta del Mezzogiorno', rischia di rendere sempre più precaria l'informazione. L'Associazione siciliana della Stampa lancia l'allarme da Catania, dove riunisce il proprio Consiglio direttivo alla presenza del segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso. All'iniziativa, nella sede catanese dell'Assemblea regionale siciliana, partecipano anche il sindaco della città, Salvo Pogliese, e i rappresentanti provinciali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl.
Nelle relazioni introduttive, Roberto Ginex e Alberto Cicero, segretario regionale e presidente dell'Associazione siciliana della Stampa, illustrano la situazione della 'Sicilia'. Il quotidiano, finito nel provvedimento di sequestro emesso dal tribunale di Catania, su richiesta della Procura antimafia, nei confronti di Mario Ciancio Sanfilippo per presunto concorso esterno in associazione mafiosa, rischia di essere fortemente penalizzato dall'amministrazione straordinaria. Dal 25 settembre, giorno della confisca, ad oggi i giornalisti, guidati dal direttore Antonello Piraneo, hanno moltiplicato gli sforzi per garantire un'informazione di qualità. I riscontri in termini di vendite sono soddisfacenti, ma potrebbero non bastare.
Le difficoltà non risparmiano l'emittenza locale. In mattinata è stato arrestato Francesco Augusto Russo Morosoli, proprietario di una tv locale, al quale la Procura contesta, fra l'altro, anche il reato di estorsione nei confronti dei giornalisti. Una vicenda che la dice lunga sulla situazione dell'informazione nell'isola, considerato anche che il confronto con la Regione per la ricostituzione dell'ufficio stampa non è ancora entrato nel vivo e che anche al 'Giornale di Sicilia' si minacciano altri tagli.
«Il sindacato – avverte Roberto Ginex – ha già detto di no al licenziamento dei colleghi del 'Giornale di Sicilia' titolari di rapporti di lavoro ex art. 12 e non è disponibile a sottoscrivere accordi che prevedano licenziamenti». Ginex annuncia anche la volontà dell'Associazione siciliana della Stampa di promuovere nella prossima primavera gli Stati generali dell'informazione siciliana.
Per il segretario generale Raffaele Lorusso, l'emergenza informazione in Sicilia si inserisce in un quadro di difficoltà per il settore in Italia e, soprattutto, al Sud. Il comparto attraversa una fase di profonda trasformazione in tutto il modo e l'Italia non fa eccezione, sottolinea Lorusso. In questa situazione emerge però in modo sempre più prepotente una questione meridionale dell'informazione.
«Nel Mezzogiorno d'Italia – avverte il segretario della Fnsi – il numero delle voci libere si sta riducendo sempre di più, diminuiscono i posti di lavoro e si riduce l'offerta di informazione. Il rischio è quello di una vera e propria emergenza democratica: senza l'informazione non c'è opinione pubblica. Così si mette in discussione il diritto ad essere informati e a vivere pienamente e consapevolmente i diritti di cittadinanza».
Per questa ragione, insiste Lorusso, è necessario preservare il pluralismo dell'informazione ad ogni latitudine, cominciando ad impedire l'azzeramento del fondo per l'editoria. «Il progetto del Movimento 5 Stelle è una pugnalata alle spalle dei più piccoli e dei più deboli – accusa –. Va fermato e ci auguriamo che il Parlamento abbia un sussulto di dignità. C'è un chiaro disegno per colpire l'informazione, l'articolo 21 della Costituzione e il diritto dei cittadini ad essere informati: le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che per sette volte in poco meno di due mesi si è soffermato sul ruolo fondamentale dell'informazione per la tenuta democratica del Paese devono far riflettere tutti».
In questo clima di caccia al giornalista, ribadisce Lorusso, non ci sono le condizioni affinché il 10 dicembre si possa rispondere all'invito al confronto pervenuto dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio. «Il 10 dicembre, insieme con l'Ordine dei giornalisti – conclude Lorusso – al ministero ci andremo, ma per tenere un'assemblea pubblica per strada. Quella del ministro Di Maio è una mossa chiaramente strumentale e propagandistica. Non si può parlare di lavoro precario quando in Parlamento ci si appresta ad approvare l'azzeramento del fondo per l'editoria che farà crescere l'esercito dei precari di almeno un altro migliaio di giornalisti. Se il ministro vuole un confronto serio, cominci a chiedere scusa per gli insulti rivolti all'intera categoria, faccia ritirare o bocci l'emendamento con cui si vuole azzerare il fondo per l'editoria e impari a rispettare gli interlocutori. Non ci sediamo al tavolo insieme con non meglio identificate libere associazioni convocate da Di Maio: se pensa di negare in questo modo la soggettività del sindacato dei giornalisti, ha sbagliato i conti».