Approvata dal Consiglio nazionale della Fnsi la Carta di Firenze, contro la precarietà del lavoro giornalistico. Tre gli emendamenti rispetto al testo uscito dall’assemblea di inizio ottobre (riguardanti, tra l’altro, il valore degli accordi nazionali, il coinvolgimento dei CdR, la responsabilizzazione di tutti i colleghi contro lo sfruttamento del lavoro precario). La Carta è accompagnata da un documento del Consiglio Nazionale che la inquadra nella più generale azione degli organismi di categoria e riafferma l’impegno del sindacato in materia.
Il testo è stato inviato al Presidente dell’Ordine, Enzo Iacopino, e al Segretario, Giancarlo Ghirra, ai quali Siddi e Natale propongono di “concordare un incontro nel quale esaminare il modo in cui proseguire la proficua azione comune sulla Carta e sulle questioni collegate (come il disegno di legge sull’equo compenso)”.
DOCUMENTO DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELLA FNSI
SULLA CARTA DI FIRENZE E SULLA DIFESA DEL LAVORO AUTONOMO
Il Consiglio nazionale della Federazione della stampa italiana esaminata la Carta di Firenze l’approva, per quanto di sua competenza, con le modifiche e le integrazioni necessarie, riportate di seguito, al fine di renderla più efficace nel raggiungere gli obiettivi di garantire maggiore dignità e tutela del lavoro giornalistico non contrattualizzato.
Il Cn della Fnsi coglie l’occasione per ribadire l’impegno del Sindacato unitario dei giornalisti italiani sui fronti del lavoro autonomo e del precariato per una più corretta regolamentazione del primo e per un progressivo superamento del secondo.
Il Consiglio rivolge un invito ai colleghi dirigenti degli altri organismi di categoria affinché, ognuno nella propria autonomia e per le proprie specifiche competenze, cooperino a questa azione. In particolare, esprime apprezzamento per le iniziative che a questo scopo sono state progettate dagli enti economici della categoria come sono la decisione dell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani di accollarsi i costi degli sgravi contributivi triennali agli editori che opereranno stabilizzazioni a tempo indeterminato di giornalisti precari; il progetto della Cassa autonoma sanitaria integrativa di riformare, attraverso una iniziativa innovativa di apertura maggiore al lavoro autonomo, la cosiddetta Casagit 2, rendendola ulteriormente adeguata alle rapide mutazioni del mercato del lavoro giornalistico; l’impegno della componente giornalistica del Consiglio di amministrazione del Fondo pensione complementare di superare l’attuale impossibilità per i lavoratori autonomi di iscriversi al Fpcgi, frutto dell’ostilità espressa fin qui dagli editori, affinché anche in questo organismo possano essere presenti tutti i giornalisti a prescindere dal tipo di rapporto che regola il loro lavoro.
Il Cn rinnova l’invito alle Associazioni regionali di stampa – il cui ruolo sul territorio resta fondamentale - e alle rappresentanze sindacali di base affinché siano tenute sempre in considerazione, nel corso delle numerose vertenze nelle quali sono impegnate, le problematiche dei giornalisti che collaborano con le testate colpite da crisi ed interessate da progetti di ridimensionamento da parte delle aziende. Il Consiglio Nazionale richiama inoltre i dirigenti sindacali di ogni ambito alla responsabilità di impedire pratiche discriminatorie di genere e/o di condizione (maternità, figli) – che segnano anche la situazione di molte giornaliste precarie e lavoratrici autonome – e di favorire pari opportunnità.
Il Consiglio della Federazione della stampa ritiene questa una occasione per rilanciare il coordinamento e l’unità di progetto e di azione dei cinque organismi della categoria (Casagit, Fnsi, Fpcgi, Inpgi ed Ordine) a sostegno della stabilità e dei diritti del lavoro, sia esso subordinato o meno, sulla base del principio della pari dignità dei vari “giornalismi” così come sono stati individuati nel corso degli ultimi congressi del Sindacato.
Lo spirito e l’impegno concreto con il quale la Fnsi approva la Carta è quello di lavorare per l’unità del giornalismo italiano nel contrapporsi a comportamenti scorretti e di disconoscimento della qualità del lavoro professionale e del suo svilimento anche economico ad opera della controparte datoriale che deve essere continuamente richiamata al rispetto delle norme contrattuali e di legge a tutela del lavoro.
Le modifiche e le integrazioni approvate dal Consiglio nazionale della stampa italiana riguardano
- L’adeguatezza dei compensi attraverso la definizione di parametri nazionali per evitare discriminazioni territoriali;
- L’obbligatorietà delle segnalazioni accompagnata dall’obbligatorietà dell’azione;
- La sottolineatura del ruolo dei Comitati di redazione.
Esse vanno nella direzione e seguono la logica del raggiungimento dell’obiettivo di rendere più forte la battaglia per il diritto al lavoro e per la difesa della sua dignità in ogni ambito.
Approvato con 1 voto contrario e 2 astenuti.
CARTA DI FIRENZE
DELLA DEONTOLOGIA SULLA PRECARIETA’ DEL LAVORO GIORNALISTICO
In memoria di Pieropaolo Faggiano
PREMESSA – Lo scenario della precarietà lavorativa nel giornalismo
Mai come negli ultimi anni il tema della qualità del lavoro si è offerto alla riflessione pubblica quale argomento di straordinaria e, talvolta, drammatica attualità. A preoccupare, in particolare, è la crescente precarizzazione lavorativa di intere fasce della popolazione che, per periodi sempre più lunghi, vengono costrette ai margini del sistema produttivo e professionale, con pesanti ricadute economiche, sociali, psicologiche ed esistenziali. Il giornalista, infatti, costretto nel limbo di opportunità capestro, per lo più prive di prospettive a lungo termine, è a tutti gli effetti un cittadino di serie B, che non può costruire il proprio futuro, e nemmeno contribuire allo sviluppo del Paese, e ciò in netto contrasto con quanto stabilito dalla Costituzione.
ART. 3, comma 2: è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Nello specifico del lavoro giornalistico, in qualsiasi forma e mezzo sia declinato (Stampa, radio, tv, web, uffici stampa, ecc.) la situazione appare anche più grave. Un giornalista precarizzato poco pagato, con scarse certezze e prospettive e talvolta, per carenza di risorse economiche, anche poco professionalizzato, è un lavoratore facilmente ricattabile e condizionabile, che difficilmente può mantenere vivo quel diritto insopprimibile d’informazione e di critica posto alla base dell’ordinamento professionale.
Un giornalista precario e sottopagato – soprattutto se tale condizione si protrae nel tempo – viene di fatto sospinto a lavorare puntando alla quantità piuttosto che alla qualità del prodotto informativo, e con poca indipendenza, sotto l’ombra di un costante ricatto che dal piano economico e professionale passa presto a quello dei più elementari diritti, a partire da quelli costituzionalmente riconosciuti.
La condizionabilità e ricattabilità dei giornalisti sono inoltre strettamente correlate alla possibilità di trasmettere una buona e corretta informazione, andando a inficiare uno dei capisaldi del sistema democratico (Cfr. Corte Cost.: n.84 del 1969, Corte Cost. n.172 del 1972, Corte Cost. n.138 del 1985).
La professione giornalistica negli ultimi anni ha subito profondi mutamenti e molti altri ne dovrà subire con il progredire della tecnologia e delle nuove aspettative delle aziende editoriali.
Quello che resta e resterà inalterato è però il ruolo del giornalista e gli obblighi che questi ha nei confronti dei lettori e della pubblica opinione.
In un mercato del lavoro giornalistico come quello attuale, sempre più caratterizzato dalla precarietà, è quindi necessario un maggiore riconoscimento e rispetto della dignità e della qualità professionale di tutti i giornalisti, dipendenti o collaboratori esterni e freelance.
E’ necessario ribadire con forza che il primo diritto del giornalista è la tutela della sua autonomia, che in caso di precarietà lavorativa, fenomeno sempre più in espansione, è troppo spesso lesa da inadeguate retribuzioni, da politiche aziendali più attente al risparmio economico che ad investimenti editoriali e qualità finale del prodotto giornalistico.
Ma anche da scelte di organizzazione del lavoro da parte di colleghi giornalisti collocati in posizione gerarchicamente superiori.
Per queste ragioni l’Ordine dei Giornalisti e la Fnsi, nel promulgare la presente carta deontologica sui rapporti di collaborazione e solidarietà tra giornalisti per una nuova dignità professionale, affermano che l’informazione deve ispirarsi al rispetto dei principi e dei valori sui quali si radica la Carta costituzionale ed in particolare:
- Art. 1, comma 1: L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro.
- Art 21, commi 1 e 2: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
- Art. 35, commi 1-3: La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
- Art 36: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al risposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non può rinunziarvi.
- Art 41: L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Nell’enunciare una nuova disciplina dei comportamenti etici tra giornalisti si richiamano con forza anche
-Art.2, comma 3, della legge 63/1969, istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti:
Giornalisti ed editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti ed editori e la fiducia tra la stampa e i lettori;
- Artt. 4 e 5 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori (Strasburgo, 1989).
- Art. 4: Ogni persona ha diritto alla libertà di scelta di esercizio di una professione, secondo le norme che disciplinano ciascuna professione.
- Art 5, commi 1 e 2: Ogni lavoro deve essere retribuito in modo equo. A tal fine è necessario che, in base alle modalità proprie di ciascun paese:
- Sia assicurata ai lavoratori una retribuzione sufficiente equa, cioè una retribuzione sufficiente per consentire loro un decoroso tenore di vita.
- I lavoratori soggetti ad una regolamentazione del lavoro diversa dal contratto a tempo pieno e di durata indeterminata beneficiano di un’equa retribuzione di riferimento.
-Art 32, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Nizza, 2000):
I giovani ammessi al lavoro devono beneficiare di condizioni di lavoro appropriate alla loro età ed essere protetti contro lo sfruttamento economico o contro ogni lavoro che possa minarne la sicurezza, la salute, lo sviluppo fisico, mentale o sociale o che possa mettere a rischio la loro istruzione;
- Sentenza 11/1968 della Corte Costituzionale, ove si afferma:
[…] Il fatto che il giornalista esplica la sua attività dividendo parte di un rapporto di lavoro subordinato non rivela la superfluità di un apparato che […] si giustificherebbe solo in presenza di una libera professione, tale il senso tradizionale. Quella circostanza, al contrario, mette in risalto l’opportunità che i giornalisti vengano associati in un organismo che, nei confronti del contrapposto potere economico dei datori di lavoro, possa contribuire a garantire il rispetto della loro personalità e, quindi, della loro libertà: compito, questo, che supera di gran lunga la tutela sindacale dei diritti della categoria e che perciò può essere assolto solo da un Ordine a struttura democratica che con i suoi poteri di ente pubblico vigili, nei confronti di tutti e nell’interesse della collettività, sulla rigorosa osservanza di quella dignità professionale che si traduce, anzitutto e soprattutto, nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di critica e nel non cedere a sollecitazioni che possano comprometterla.
Art 1 – Politiche attive contro la precarietà
L’Ordine dei Giornalisti e la Fnsi, alla luce di quanto esposto in premessa, nell’ambito delle loro competenze, vigileranno affinché:
- sia garantita a tutti i giornalisti, siano essi lavoratori dipendenti o autonomi, un’equa retribuzione che permetta al giornalista e ai suoi familiari un’esistenza libera e dignitosa, secondo quanto previsto dal dettato costituzionale;
- venga posto un freno allo sfruttamento e alla precarietà, favorendo quelle condizioni tese ad assicurare un futuro professionale e personale ai tanti giornalisti oggi privi di tutele e garantire nel contempo un futuro alla buona e corretta informazione nel nostro Paese;
- vengano favoriti percorsi di regolarizzazione contrattuale e avviamento verso contratti a tempo indeterminato ed equi, e realizzate le condizioni per promuovere evoluzioni di carriera e progressioni professionali;
- vengano correttamente applicate le norme contrattuali sui trattamenti economici;
- siano valorizzate, in caso di nuove assunzioni, le professionalità già operanti in azienda e quelle dei colleghi già iscritti nelle liste di disoccupazione;
- vengano rispettati i limiti di legge e di contratto previsti per l’impiego di stagisti o tirocinanti;
- sia favorito il percorso di adesione alle casse previdenziali e di assistenza sanitaria e previdenza complementare della categoria, in modo da garantire le necessarie tutele sociali ed economiche anche a chi non è inquadrato come lavoratore dipendente.
Il direttore responsabile deve promuovere il rispetto di questi principi.
ART 2 – Collaborazione tra giornalisti
Le forme di collaborazione e solidarietà tra giornalisti devono riguardare tutte le tipologie di lavoro giornalistico ((Stampa, radio, tv, web, uffici stampa, ecc.).
Il direttore responsabile che rifiuti immotivatamente di riconoscere la compiuta pratica, è soggetto a procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 48 delle Legge 69/1963 e dell’art 43 del D.P.R. 115/1965.
La richiesta di una prestazione giornalistica cui corrisponda un compenso incongruo in contrasto con l’art. 36 della Costituzione, lede non solo la dignità professionale ma pregiudica anche la qualità, l’indipendenza dell’informazione, essenza del ruolo sociale del giornalista.
Ai fini della determinazione dell’adeguatezza dei compensi relativi a prestazioni di natura giornalista, ove non siano definite intese di ambito nazionale tra le parti sociali, i consigli regionali dell’Ordine dei Giornalisti adottano e rendono pubblici criteri e parametri nazionali di riferimento.
Gli iscritti all’Ordine sono tenuti a non accettare corrispettivi inadeguati o indecorosi per il lavoro giornalistico prestato.
In conformità all’articolo 2 della legge 69/1963, Ordine dei Giornalisti e Fnsi ribadiscono che tutti i giornalisti, senza distinzione di ruolo o incarico o posizione gerarchica attribuita, hanno pari dignità e sono tenuti alla solidarietà e al rispetto reciproco.
Tutti i giornalisti sono tenuti a segnalare ai Consigli regionali situazioni di esercizio abusivo della professione e di mancato rispetto della dignità professionale. Tutti i Consigli regionali hanno l’obbligo di avviare il relativo procedimento dandone comunicazione ai segnalanti.
Tutti gli iscritti all’Ordine devono vigilare affinché non si verifichino situazioni di incompatibilità ai sensi della legge 150/2000. Il giornalista degli uffici stampa istituzionali non può assumere collaborazioni, incarichi o responsabilità che possano comunque inficiare la sua funzione di imparziale ed attendibile operatore dell’informazione.
Ferme restando le competenze dei Comitati di redazione,
gli iscritti all’Ordine sono tenuti a:
a) Non impiegare quei colleghi le cui condizioni lavorative prevedano compensi inadeguati;
b) Garantire il diritto a giorno di riposo, ferie, orari di lavoro compatibili con i contratti di riferimento della categoria;
c) Vigilare perché a seguito del cambio delle gerarchie redazionali non ci siano ripercussioni dal punto di vista economico, morale e della dignità professionale per tutti i colleghi;
d) Impegnarsi affinché il lavoro commissionato sia retribuito anche se non pubblicato o trasmesso;
e) Vigilare sul rispetto del diritto di firma e del diritto d’autore;
f) Vigilare affinché i giornalisti titolari di un trattamento pensionistico Inpgi a qualunque titolo maturato non vengano nuovamente impiegati dal medesimo datore di lavoro con forme di lavoro autonomo ed inseriti nel ciclo produttivo nelle medesime condizioni e/o per l’espletamento delle medesime prestazioni che svolgevano in virtù del precedente rapporto;
g) Vigilare che non si verifichino situazioni di incompatibilità ai sensi della legge 150/2000.
Art 3- Osservatorio sulla dignità professionale
Al fine di garantire la corretta applicazione dei principi stabiliti in questa Carta, l’Ordine dei Giornalisti e la Fnsi promuovono la costituzione di un “Osservatorio permanente sulle condizioni professionali dei giornalisti” legato alle presenti e future dinamiche dell’informazione, anche in rapporto alle innovazioni tecnologiche.
L’osservatorio ha il compito di vigilare sull’effettiva applicazione della presente carta, di avanzare proposte di aggiornamento nonché di segnalare quelle condizioni di sfruttamento della professione che ledano la dignità e la credibilità dei giornalisti anche nei confronti dell’opinione pubblica.
Art. 4 – Sanzioni
La violazione di queste regole, applicative dell’Art. 2 della Legge 69/1963, comporta l’avvio di un procedimento disciplinare ai sensi del Titolo III della citata legge.