di Nicole Corritore*
«Dobri moji, jako važna stvar! Nakon bezmalo tri godine dobio sam sudski spor protiv osobe koja mi je prijetila smrću». È con queste parole che il giornalista bosniaco Dragan Bursać ha esultato sul suo profilo Facebook lo scorso 4 marzo: «Cari miei, una notizia molto importante! Dopo ben tre anni il tribunale mi ha dato ragione nel contenzioso contro una persona che mi aveva minacciato di morte!».
Dragan Bursać è uno dei giornalisti della Bosnia Erzegovina più preso di mira, insultato e minacciato degli ultimi anni. Proprio il 28 gennaio scorso OBCT aveva pubblicato un articolo a firma di Elvira Jukić - Mujkić di Media Centar Sarajevo, in cui Bursać dichiarava di essersi arreso, di aver deciso di non sporgere più denuncia per le minacce di morte ricevute perché ne aveva già sporte 15 e non era cambiato nulla.
Come scriveva la giornalista, "Bursać è spesso bersaglio di critiche, insulti e minacce di morte a causa dei suoi articoli fortemente critici nei confronti della politica perseguita dalla leadership della Republika Srpska, ma anche nei confronti delle narrazioni dominanti [sui temi legati ai crimini di guerra, ndr], soprattutto quelle sulla guerra in Bosnia Erzegovina del 1992-1995. Bursać, così come altri membri della sua famiglia, spesso riceve commenti negativi, insulti e minacce anche sui social network – dove ha circa 10mila follower – e più volte gli è stato suggerito di andarsene da Banja Luka".
La sentenza emessa dalla Corte di Banja Luka, condanna il cittadino denunciato da Bursać alla pena pecuniaria di 600 KM (circa 300 euro) per il reato di "minaccia alla sicurezza". Il cittadino bosniaco in data 7 agosto 2017 aveva pubblicato sulla sua pagina Facebook una minaccia di morte – "(...) non salverai la tua testa, te lo posso assicurare" – provocando nella vittima, come cita la sentenza, "paura e sensazione di rischio per la sua sicurezza fisica e la sua vita".
Bursać ha annunciato che per quanto simbolica donerà la somma per intero al Memoriale di PotoÄari, dove sono tumulate le vittime del genocidio perpetrato a Srebrenica nel luglio del 1995. «Andiamo avanti», ha concluso, «nella lotta per la libertà di espressione, parola per parola, millimetro per millimetro».
*L'articolo di Nicole Corritore, realizzato per l'Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, è pubblicato a questo link.