A chiusura del suo ultimo pezzo, pubblicato poco prima di morire, Daphne Caruana Galizia, la più nota giornalista investigativa maltese, aveva lasciato una frase che ora suona profetica: «Ci sono criminali ovunque io guardi. La situazione è disperata». Daphne è morta così: aprendo la portiera della sua auto che è esplosa pochi secondi dopo a causa di un ordigno molto potente.
«L'attentato alla giornalista è avvenuto il 16 ottobre 2017 a Bidnija, nella parte settentrionale dell'isola. Sappiamo per certo che non si è trattato di un incidente, ma a distanza di un anno non sappiamo ancora quali siano i mandanti del suo omicidio». Amnesty International ricorda con queste parole la reporter maltese e, per tornare a chiedere verità e giustizia sulla sua vicenda, lancia una raccolta di firme rivolta al primo ministro Joseph Muscat per chiedere un'indagine pubblica indipendente ed efficace sull'omicidio e per verificare se quella morte poteva essere prevenuta.
«L'inchiesta pubblica – incalza Amnesty – dovrebbe avere un mandato di riferimento completo e trasparente; assicurare un coinvolgimento significativo della famiglia; garantire la protezione delle fonti; e includere audizioni pubbliche».
Con il passare del tempo, la giornalista era diventata molto influente e il suo blog – dove pubblicava le notizie che riguardavano le sfere più alte dell'establishment maltese – era tra i più letti, con picchi di 400.000 visualizzazioni al giorno.
«Daphne – conclude Amnesty – ha portato avanti indagini sulla corruzione delle più alte cariche di governo e sui legami tra potenti funzionari, società private, riciclaggio di denaro sporco e vendita di passaporti maltesi, esponendo le debolezze istituzionali e i fallimenti di uno stato membro dell'Unione Europea. Un anno dopo la sua uccisione, le autorità maltesi devono ancora indagare su tutte le circostanze della sua morte, incluso chi potrebbe aver ordinato l'omicidio, perché e se avrebbe potuto essere protetta meglio».
PER APPROFONDIRE
Per firmare la petizione basta andare sul sito web di Amnesty International Italia (qui il link diretto).