Press Emblem Campaign, organizzazione internazionale non governativa con sede a Ginevra, denuncia le «continue violenze contro gli operatori dei media in Yemen». La condanna arriva dalla rappresentante per il Medio Oriente dell'associazione senza scopo di lucro fondata nel 2004 con l'obiettivo di rafforzare la protezione legale e la sicurezza dei giornalisti di tutto il mondo.
«Nello Yemen – scrive sul sito web della Ong – i giornalisti non solo affrontano i pericoli della guerra, ma sono anche presi di mira dalle autorità, da un lato, e subiscono gli attacchi di gruppi armati e terroristi, dall'altro. Secondo una ricerca di Press Emblem Campaign, dal 2014 sono stati uccisi tra i 38 e i 45 operatori dei media e almeno 16 giornalisti sono attualmente in carcere o nella mani di rapitori. Il numero di violazioni dei diritti umani contro i reporter raggiunge i 357 casi».
Anche se di recente il conflitto in Yemen è tornato a comparire sulla stampa internazionale, anche in Italia, «di rado – denuncia Pec – sentiamo cosa sta succedendo in quel Paese: si tratta una guerra dimenticata». Perquisizioni nei confronti di chiunque possegga una telecamera o un taccuino, sparizioni, processi sommari con «l'assurda motivazione di essere spie o di collaborare con il nemico», detenzioni arbitrarie anche solo «per aver postato sui social network», aggressioni fisiche e violenze psicologiche sono all'ordine del giorno.
Solo pochi giorni fa, il 23 marzo 2022, è stato ritrovato il corpo senza vita del fotoreporter Fawaz Al-Wafi, accoltellato a morte da ignoti a Taiz, città dello Yemen meridionale. Quattro giornalisti sono rinchiusi in una prigione di Sana'a dopo essere stati condannati a morte per il loro lavoro.
A tutto questo, prosegue Press Emblem Campaign, si aggiunge la difficoltà di reperire strumenti di protezione. I media indipendenti sono costretti a chiudere o a lasciare il Paese, i loro siti web vengono oscurati, «la crescente carenza di benzina, elettricità e carta ha reso più difficile la pubblicazione e la distribuzione dei giornali. Gli stipendi sono molto bassi e questo riduce la possibilità che i giornalisti possano guadagnarsi da vivere con il proprio lavoro».
E anche se alcuni giornalisti stranieri continuano a seguire il conflitto, «la loro presenza è rara e di breve durata», ribadisce la Ong, che sul proprio sito web stila anche una lista dei reporter vittime di questa guerra non così lontana dall'Italia e dall'Europa.