Entra nel vivo il "week end con I giornalisti di tutto il mondo", che ha aperto ieri i battenti a
Ferrara. Tanta carne al fuoco alla quarta edizione del Festival della rivista "Internazionale", che si concluderà domani. Ieri il programma ha sviscerato lo stato dell'informazione, e ha
iniziato, grazie alla presenza di alcuni protagonisti, tra cui Horacio Verbitsky e Miriam Lewin e le loro indagini sui "voli della morte" in Argentina, il racconto del mestiere di reporter in Italia e nel mondo.
Gli incontri nel Castello di Ferrara e nelle altre location del centro storico della città estense erano gremiti di lettori, allievi di scuole di giornalismo, ma anche professionisti di tutte le età Il festival si è aperto con il conferimento del premio alla memoria di Anna Politovskaja al giornalista afghano Yaqub Ibrahimi, videocollegato da un luogo segreto, che ha raccontato l'esperienza che ha vissuto nel suo paese, dove il reporter oltre che scrivere è costretto a proteggersi per i diversi fondamentalismi in lotta tra loro,
tutti comunque contro la libertà di espressione. Poi il dibattito si è incentrato sul rapporto tra informazione e potere. Ne hanno parlato Miguel Mora (El Pais) Gerhard Mumelter (Der Standard) e Alexander Stille, moderati da Antonio Padellaro. Dopo gli interventi dei relatori molto critici sui sistemi di potere politici e sui mezzi di informazione che diventano 'macchine propagandistiche sono piovute le domande della platea. Si è parlato del ricorso
sempre più frequente dei politici ai videomessaggi, dei talk show con le solite facce, "perché costa meno mettere tre persone intorno a un tavolo che pagare un giornalista che trovi informazioni vere". Ma c'è spazio per una informazione diversa - come ha detto
Mora - non autoreferenziale, non serva dei personalismi politici che può viaggiare su internet ma viviamo "una fase di transazione verso un mondo che non conosciamo ancora bene". Tra i nuovi giornalismi, stanno crescendo le testate multiculturali, su carta stampata, web o tv, che danno informazioni di servizio, di cultura. Secondo alcune stime ce ne sono 150 in Italia e "colmano un deficit, ma propongono anche qualcosa di nuovo", come è emerso nel dibattito con i rappresentanti della rete Mier, di Associna, Crossing Tv e Radio Asterisco, moderati da Jamila Mascat. Molto gremite anche le sale cinematografiche dove sono stati proiettati tra gli altri due documentari: uno sul crack
economico in Islanda (¯God bless Iceland¯ di Helgi Felixson) e l'altro, "The town of badante women" di Stephan Komamdarev su un paese della Bulgaria, Varshets, da dove molte donne sono emigrate in Italia e dove sono rimasti solo gli uomini e i vecchi ad occuparsi dei bambini, dando vita a un nuovo sistema sociale. (ANSA).