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Editoria 04 Mar 2022

Ipotesi di vendita dell'Espresso, i giornalisti pronti allo sciopero. Damilano lascia la direzione: «Cessione scelta scellerata»

«Dopo mesi di smentite e dichiarazioni in senso contrario, senza che negli ultimi anni sia stato presentato un chiaro piano di iniziative e di sviluppo, di fatto viene ammessa la volontà  di vendere», denuncia il Cdr, pronto ad «ogni iniziativa a tutela del lavoro della redazione e del valore della testata». Il direttore dimissionario: «Una questione di coscienza e di dignità ». La solidarietà  dei colleghi.

«Abbiamo incontrato l'amministratore delegato del gruppo Gedi Maurizio Scanavino per chiedergli chiarimenti riguardo le voci di vendita dell'Espresso al gruppo editoriale Bfc Media controllato dalla famiglia Iervolino. Di fronte alle richieste del Comitato di redazione, l'Ad ha dichiarato che l'azienda non ha ricevuto "alcuna proposta formalizzata"». È quanto si legge in una nota del Cdr dell'Espresso pubblicata anche sul sito web del settimanale.

sul sito web del settimanale.«Dopo mesi di smentite e dichiarazioni in senso contrario, senza che mai negli ultimi anni sia stato presentato alla redazione un chiaro piano di iniziative e di sviluppo per la testata, di fatto per la prima volta viene ammessa la volontà di vendere», proseguono i redattori dell'Espresso, che «denunciano piani aziendali che mirano a tagliare una voce libera e critica del panorama giornalistico italiano, la testata fondata da Carlo Caracciolo e Eugenio Scalfari da cui è nato il gruppo editoriale Espresso, il quotidiano Repubblica che si è poi allargato al gruppo Gedi».

I giornalisti si dicono «preoccupati per il destino del nostro settimanale e di tutte le testate giornalistiche di un editore che non si è fatto scrupolo a definire "non coerente con le strategie del gruppo" il primo newsmagazine di inchiesta italiano. Alla luce di questo – incalzano – l'assemblea dei giornalisti ha consegnato un pacchetto di giornate di sciopero al Cdr, riservandosi ogni ulteriore iniziativa a tutela del lavoro della redazione e del valore di una testata con 67 anni di storia, protagonista di battaglie civili, politiche e culturali che hanno inciso in maniera determinante nella nostra società».

Passa qualche ora e arrivano anche le dimissioni del direttore Marco Damilano. «Questa mattina ho scritto una mail all'ingegnere John Elkann, presidente del gruppo Gedi, per comunicare la mia decisione di lasciare la  direzione dell'Espresso, dopo quattro anni e mezzo», è l'annuncio affidato a un lungo editoriale.

«L'Espresso ha segnato la storia del giornalismo italiano. I diritti civili, le grandi inchieste, la lotta contro le mafie, le massonerie e tutti i poteri occulti, la laicità dello Stato, l'ambiente, la tenuta della democrazia italiana. Siamo sempre stati schierati, a volte sbagliando, ma mai venendo meno al nostro codice genetico», rivendica Damilano, per il quale «la cessione dell'Espresso, in questo modo e in questo momento rappresenta un grave indebolimento del primo gruppo editoriale italiano», una scelta che «recide la radice da cui è cresciuto l'intero albero e che mette a rischio la tenuta dell'intero gruppo», «una pagina di storia del giornalismo italiano che viene voltata senza misurarne le conseguenze», una decisione «che ritengo scellerata», prosegue il direttore dimissionario.

«Mi sono battuto in ogni modo, fino all'ultimo giorno, all'ultima ora. Ma quando il tempo è scaduto e lo spettacolo si è fatto insostenibile - incalza - , c'è bisogno che qualcuno faccia un gesto, pagando anche in prima persona. Lo faccio io. Lo devo al mestiere che amo, il giornalismo. E soprattutto lo devo alla mia coscienza».

Per Damilano, «se la casa viene cambiata, dall'arredamento alle suppellettili, fino a venderla, non resta altro da fare che prenderne atto. È una questione di coscienza e di dignità».

Solidarietà «ai colleghi della redazione e al direttore Marco Damilano che ha annunciato le dimissioni dalla direzione e dal gruppo a fronte della ventilata cessione dell'Espresso da parte del gruppo Gedi» arriva dal Cdr della Stampa. «Si tratta - scrivono i rappresentanti sindacali - di una decisione grave perché questa nuova dismissione priva il gruppo di una delle sue testate storiche, uno dei capisaldi del giornalismo di questo Paese, in nome di una strategia sino ad oggi mai chiarita e su cui è opportuno ed urgente un confronto con tutti i Comitati di redazione del gruppo. Una scelta che preoccupa tutti noi perché progressivamente riduce il perimetro aziendale e mette a rischio altre professionalità ed altri posti di lavoro. Non è in questo modo che si difende il ruolo di quello che vorrebbe essere il primo gruppo editoriale del Paese».

Il Comitato di redazione di Repubblica esprime «un forte allarme» sull'ipotesi di vendita dello storico settimanale ed esprime «solidarietà ai colleghi dell'Espresso di cui condividiamo la preoccupazione». Per questo, «pur prendendo atto che al momento non esistono conferme di questa ipotesi», il Cdr «vigilerà sul futuro di una testata che è stata il primo newsmagazine di inchieste in Italia, da cui è poi nato il nostro quotidiano. Nella convinzione che le strategie editoriali non possano basarsi su tagli ed eventuali dismissioni, ma soprattutto su investiment»i.

Il Coordinamento dei Cdr dei quotidiani locali Gedi (Il Corriere delle Alpi, La Gazzetta di Mantova, Il Mattino di Padova, Il Messaggero Veneto, La Nuova Venezia, La Provincia Pavese, Il Piccolo di Trieste, La Sentinella del Canavese, La Tribuna di Treviso) si schiera «a fianco dei colleghi de L'Espresso nell'opporsi a una spoliazione pezzo dopo pezzo di un patrimonio di testate che ha fatto la storia del giornalismo italiano, impegnandosi in battaglie civili, politiche e culturali. Dopo la cessione negli anni, con una drammatica accelerazione, del Centro, La Città di Salerno, de Il Tirreno, La Nuova Sardegna, La Gazzetta di Modena e La Gazzetta di Reggio, La Nuova Ferrara, l'Alto Adige, il Trentino ora si fanno sempre più insistenti le voci sulla vendita de L'Espresso: quanto avvenuto di recente fa temere che siano drammaticamente concrete», aggiungono i Cdr, che chiedono all'editore «di confermare l'appartenenza de L'Espresso al gruppo e parole chiare sul futuro dei nostri giornali tutti, a fronte di redazioni ridotte all'osso dagli stati di crisi e che si stanno impegnando al massimo per dare al gruppo un ruolo incisivo e di riferimento anche sul fronte dell'informazione digitale locale e nazionale: che non può però essere - concludono - l'unica fonte di informazione per i nostri lettori».

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