“La tragica morte di Fabio Polenghi è l’ultima dei cronisti invisibili che continuano a portare luce a fatti del mondo che in tanti vorrebbero oscurare per nascondere verità inquietanti. Polenghi è morto sulla frontiera della ricerca e della testimonianza della verità, da professionista libero che vuole documentare fatti ed eventi ragione di vita non solo professionale.
Una passione anche civile pagata oggi a prezzo della vita e spesso, sempre più spesso come capita ai freelance, non riconosciuta per i sacrifici che essa comporta. La Federazione Nazionale della Stampa Italiana, l’Associazione Stampa Lombarda, con la Federazione Internazionale dei Giornalisti da anni, inascoltati da autorità e imprenditori poco scrupolosi, denunciano questa realtà e reclamano un impegno comune per una cultura della sicurezza e del rispetto del giornalista. E su questo non ci interessa se aveva o meno una tessera in tasca per fare giornalismo. Polenghi era uno di noi e oggi siamo colpiti e affranti per la sua tragica fine. Polenghi è caduto oggi come Ciriello anni fa in Palestina. Professionisti del giornalismo nei fatti, anche al di là della logica dei timbri. Alla famiglia, agli amici e ai colleghi il sentito cordoglio di tutta la Federazione Nazionale della Stampa Italiana”.
THAILANDIA: CAMICIE ROSSE SI ARRENDONO, UCCISO REPORTER ITALIANOBangkok - Un fotoreporter italiano di 45 anni è morto nell'offensiva finale dell'esercito thailandese contro le camicie rosse, a Bangkok, che ha portato alla resa dei ribelli fedeli all'ex premier Thaksin Shinawatra.
Nei combattimenti ci sono stati altri quattro morti e 18 feriti. Tra questi ultimi ci sono altri due giornalisti stranieri, un americano e un olandese, le cui condizioni non sono gravi.
Dopo che i capi della rivolta sono stati arrestati, altre camicie rosse hanno lanciato azioni di guerriglia nella capitale e in altre zone del Paese. La Borsa e il più grande centro commerciale della capitale thailandese sono stati dati alle fiamme. L'incendio è stato appiccato al primo piano della Borsa e a un'area di Central World, il secondo centro commerciale del sud-est asiatico. Poco prima era giunta la notizia che 2mila camicie rosse hanno dato fuoco alla sede del del governo provinciale di Udon Thoni, nel nord-est del Paese.
L'esercito ha imposto il coprifuoco notturno in tutta Bangkok.
Fabio Polenghi, milanese, si trovava da tre mesi in Thailandia per conto di una rivista europea. È stato colpito dai proiettili al cuore e allo stomaco mentre si trovava nella zona di Saladeng, a un chilometro dal presidio delle camicie rosse, ed è deceduto prima dell'arrivo in ospedale. Anche se ancora non c'è stato un riconoscimento ufficiale, il ministro degli Esteri Franco Frattini ha riferito che ci sono "alte probabilità" che sia lui l'italiano morto negli scontri.
Un migliaio di soldati sono avanzati con i blindati sfondando la barricata eretta a Silom e sono penetrati nell'accampamento dove si trovavano gli ultimi 2mila rivoltosi.
Alcuni militari sono arrivati dai binari della metropolitana sopraelevata Skytrain. Solo all'inizio c'è stata una certa resistenza, con spari e lanci di molotov, poi l'esercito si è fatto agevolmente strada con i gas lacrimogeni.
Poche ore dopo le camicie rosse hanno annunciato la resa e e l'esercito ha dichiarato concluse le operazioni dopo l'arresto di quattro capi della rivolta. Uno di loro, Nattawut Saikua, aveva invitato il resto dei manifestanti a dirigersi verso lo Stadio nazionale dove sono stati arrestati e portati via a bordo di pullman.
L'offensiva ha messo a sei settimane di occupazione del quartiere commerciale di Bangkok da parte delle camicie rosse, che chiedevano nuove elezioni. Negli scontri degli ultimi sei giorni si sono stati più di 40 morti.
Dall'esilio l'ex premier Thaksin Shinawatra ha agitato lo spettro di un'insurrezione armata. "C'è una teoria che dice che la repressione militare può diffondere rabbia e queste persone arrabbiate diventeranno guerriglieri", ha dichiarato il magnate. (AGI/AFP/REUTERS)
CAMICIE ROSSE ATTACCANO SEDI DI TV E GIORNALI COLPITO EDIFICIO DI CHANNEL 3, EVACUATE SEDI DEL BANGKOK POST E NATION
Bangkok - Le camicie rosse che non hanno accettato la resa decisa dai loro leader hanno attaccato oggi diverse sedi di televisioni e giornali a Bangkok. Centinaia di dimostranti hanno circondato l'edificio che ospita la televisione Channel 3, lanciando sassi contro le finestre. Mentre la sede del Bangkok Post e di Post Today è stata evacuata dopo che i dimostranti hanno appiccato incendi a diversi edifici circostanti e si sono posizionati a poche centinaia di metri dall'edificio, secondo quanto riporta lo stesso sito del quotidiano thailandese in lingua inglese.
Anche il Nation Multimedia Group, il gruppo editoriale a cui fa capo l'altro giornale in lingua inglese, ha detto a tutti i giornalisti e dipendenti di lasciare l'edificio di fronte le notizie dell'avvicinarsi dei dimostranti. (ADNKRONOS/XIN)
THAILANDIA: CON POLENGHI 12 I REPORTER UCCISI NEL 2010
ERANO STATI 76 IN TUTTO IL 2009, 26% IN PIÙDELL'ANNO PRECEDENTE
Fabio Polenghi, il fotoreporter italiano rimasto ucciso questa mattina a Bangkok, è il dodicesimo professionista dell'informazione morto sul campo in questa prima metà del 2010, secondo un elenco pubblicato sul sito di Reporters sans frontieres.
L'elenco delle vittime parte da Valent¡n Vald‚s Espinosa, morto l'8 gennaio in Messico, che lavorava per Z¢calo de Saltillo. Il 9 gennaio è stato ucciso in Afghanistan Rupert Hamer del Sunday Mirror.
Il 13 febbraio è stato colpito in Yemen Mohammed Shùi Al-Rabù del journal Al-Qahira.
Il 17 febbraio, in Pakistan, è morto Ashiq Ali Mangi della Mehran TV.
Il 19 marzo, in Colombia, è stato ucciso Clodomiro Castilla Ospina, che lavorava per El Pulso del Tiempo e La Voz de Monter¡a.
Il 14 Marzo, in Honduras, è stata la volta di Nah£m Palacios, giornalista della tv de Agu n, Canal 5.
Il 10 aprile in Thailandia, è toccata al giapponese Hiroyuki Muramoto che lavorava per la Reuters.
Il 16 aprile è morto in Pakistan Malik Arif della Samaa TV.
Il giorno successivo, 17 aprile, è toccato, sempre in Pakistan al collega Azmat Ali Bangash ancora della Samaa TV.
Il 4 maggio è morto invece in Iraq Sardasht Osman, di Ashtiname, sbeiy.com, awene.com, hawlati.info et lvinpress.com.
E sempre lo stesso giorno, in Somalia, è rimasto ucciso Sheik Nur Mohamed Abkey, di Radio Mogadiscio.
Sempre secondo Rsf, sono attualmente 163 i giornalisti imprigionati nel mondo, 9 i collaboratori.
Nel 2009 i giornalisti uccisi, sono stati 76 - il 26% in più del 2008 - 33 i rapiti, 573 quelli arrestati. (ANSA)