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Unione Europea 23 Dic 2014

Turchia: manette e mordacchia alla stampa. Arrestato direttore e perquisita redazione Zaman

Il direttore di uno dei principali giornali di opposizione turchi è stato arrestato. Ekrem Dumanli, alla guida del quotidiano Zaman, è stato preso in consegna dalla polizia nella redazione del giornale, legato a Fehtullah Gulen, il religioso in esilio negli Usa e acerrimo nemico del premier turco Recep Tayyp Erdogan. Il suo arresto avviene nell'ambito i un'operazione di polizia condotta in almeno 13 città turche, compresa Istanbul. Già questa mattina la redazione di Zaman era stata perquisita ma una folla radunatasi sotto la sede del quotidiano aveva costretto gli agenti ad abbandonare l'edificio senza effettuare arresti.

Il direttore di uno dei principali giornali di opposizione turchi è stato arrestato. Ekrem Dumanli, alla guida del quotidiano Zaman, è stato preso in consegna dalla polizia nella redazione del giornale, legato a Fehtullah Gulen, il religioso in esilio negli Usa e acerrimo nemico del premier turco Recep Tayyp Erdogan. Il suo arresto avviene nell'ambito i un'operazione di polizia condotta in almeno 13 città turche, compresa Istanbul. Già questa mattina la redazione di Zaman era stata perquisita ma una folla radunatasi sotto la sede del quotidiano aveva costretto gli agenti ad abbandonare l'edificio senza effettuare arresti.

In totale nell'operazione sono stati arrestate 23 persone mentre in totale sarebbero stati spiccati 32 mandati. (ANKARA, 14 DICEMBRE - AGI/AFP)

SIDDI (FNSI): INACCETTABILI ARRESTI DI GIORNALISTI IN TURCHIA, DERIVA AUTORITARIA E VENDICATIVA
“Quanto accaduto in Turchia, con l’arresto di 32 tra giornalisti, editori e dirigenti dei media è sconvolgente, è un attacco sfrontato alla libertà di stampa e di espressione inaccettabile. La Fnsi è solidale con i colleghi dei media della Turchia e sostiene con forza le azioni promosse dal giornalismo tutto con le sue organizzazioni internazionali, la IFJ e la Federazione Europea di categoria (EFJ), che hanno denunciato una deriva autoritaria e vendicativa del potere politico contro le opinioni diverse dalle sue scelte e dal suo percorso. Quanto accaduto è l’ultimo atto di disprezzo per il giornalismo dopo che già in passato decine e decine di giornalisti e scrittori erano già stati messi in carcere ingiustamente e senza aver commesso nessun crimine. Il giornalismo italiano e mondiale non faranno passare sotto silenzio questa persecuzione intollerabile.
La Fnsi apprezza le  dichiarazioni delle autorità del Ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, per il quale “la libertà di espressione è un valore irrinunciabile” e su queste deve ispirarsi ogni azione che tende a tenere aperto il dialogo tra l’Unione Europea e la Turchia. Ma è ben chiaro e condivisibile quanto affermato dall’ex Presidente vicario del Parlamento Europeo e capogruppo dei Socialisti e Democratici, Gianni Pittella: “Le recenti tendenze autoritarie del Presidente Erdogan “sono completamente incompatibili con i nostri valori e forniscono argomenti solidi a chi non vuole la Turchia nell’Unione Europea”.
In conclusione per la Fnsi è più che mai fondamentale assumere i valori e la pratica della libertà di espressione e di stampa come paradigma essenziale delle alleanze strategiche di qualsiasi Paese democratico”.

#nobavaglioturco: UN HASHTAG DI LIBERTÀ, UNA FIACCOLATA DI DEMOCRAZIA.
IL 23 DICEMBRE ALLE 19 SOTTO L’AMBASCIATA TURCA DI ROMA
63 giornalisti sono in stato di arresto in Turchia. 23 arrestati il 14 dicembre. Ancora una volta alle porte dell’Europa un bavaglio contro la libertà di informazione. Un bavaglio che arriva in un Paese che ha chiesto l’aiuto dell’Italia per agevolare il percorso di adesione della Turchia.
Nell’ultima classifica di Reporeters Sans Frontieres la Turchia è al 148esimo posto fra i Paesi per la libertà di stampa sui 176 monitorati . Con questi arresti arriva a posizioni ben più profonde.
Il potere di Erdogan è così ramificato che arriva al controllo non solo dei palazzi del potere e delle attività produttive, ma anche di settori della polizia e della magistratura.
L’Europa continua a cercare nella Turchia solo un partner commerciale e non ha mai insistito in modo fermo e unitario perché il Paese maturasse realmente misure democratiche.
Nel 2002 ha preso il potere Recep Tayyip Erdogan. Si  proponeva come grande riformatore. Il Paese ha vissuto una grande crescita economica, accompagnata dagli entusiasmi per il possibile ingresso nell’Unione Europea. L’attività riformatrice è stata sostituita da una virata autoritaria con pesanti ripercussioni sui diritti fondamentali.
Chiediamo al governo Italiano, all’Europa di rispettare quanto stabilito dalle proprie Carte Fondamentali. Gli interessi economici, di qualsiasi genere non possono avere la prevalenza sul rispetto dei diritti. Chiediamo al Governo Turco di liberare i giornalisti arrestati e il pieno rispetto della libertà di stampa e di espressione. Per dimostrare la nostra solidarietà alla popolazione turca à cui viene tolto il diritto di essere informati e ai giornalisti a cui viene tolto quello di informare, lanciamo un sit in presso l’ambasciata Turca in Italia in Via Palestro 28 a Roma per martedì 23 dicembre 2014 dalle 19.00 alle 22.00. Ognuno porti una torcia, una candela, una fiaccola per illuminare la vicenda turca e manifestare il dissenso. Chiediamo alle associazioni dei giornalisti, alla stampa estera, ai colleghi, alle associazioni di difesa dei diritti umani di partecipare come promotori al nostro fianco.

NO AL BAVAGLIO TURCO

Al Presidente della Turchia
Recep Tayyip Erdogan
Al Presidente del Consiglio Italiano
Matteo Renzi
Al ministro degli esteri Italiano
Paolo Gentiloni
All’Alto Commissario per gli Affari Esteri dell’Unione Europea
Federica Mogherini

63 giornalisti sono in stato di arresto in Turchia. 23 arrestati il 14 dicembre. Ancora una volta alle porte dell’Europa un bavaglio contro la libertà di informazione. Un bavaglio che arriva in un Paese che ha chiesto l’aiuto dell’Italia per agevolare il percorso di adesione della Turchia.
Nell’ultima classifica di Reporeters Sans Frontieres la Turchia è al 148esimo posto fra i Paesi per la libertà di stampa sui 176 monitorati . Con questi arresti arriva a posizioni ben più profonde.
L’Europa continua a cercare nella Turchia solo un partner commerciale e non ha mai insistito in modo fermo e unitario perché il Paese maturasse realmente misure democratiche.
La Turchia ha vissuto una grande crescita economica, accompagnata dagli entusiasmi per il possibile ingresso nell’Unione Europea. L’attività riformatrice è stata sostituita da una virata autoritaria con pesanti ripercussioni sui diritti fondamentali.
Il 23 dicembre alle 19.00 una serie di associazioni per la difesa dei diritti hanno organizzato una fiaccolata silenziosa davanti all’Ambasciata di Turchia a Roma per avanzare alcune richieste che sono il senso di questa petizione.
Chiediamo alle Istituzioni turche di liberare i giornalisti arrestati e garantendo la libertà di stampa dei giornalisti e il diritto ad una informazione libera per i cittadini.
Chiediamo al Governo Italiano e all’Unione Europea di rispettare quanto stabilito dalle proprie Carte Fondamentali e di farsi parte attiva per ottenere il rispetto della libertà di Stampa dagli Stati con cui vigono rapporti diplomatici. La custodia degli interessi economici, di qualsiasi genere, non può essere raggiunta chiudendo gli occhi sul mancato rispetto dei diritti fondamentali delle persone
Articolo21 Liberi di, Ordine dei Giornalisti, Federazione Nazionale della Stampa Italiana, UsigRai, Tavola della Pace, Comitato 3 Ottobre, Stampa Romana, Libera Informazione

TURCHIA: LA VENDETTA DI ERDOGAN CONTRO GULEN, MANETTE A STAMPA
Manette all'opposizione e mordacchia alla stampa. Recep Tayyp Erdogan l'aveva promesso un anno fa e oggi, da presidente, si vendica del suo acerrimo nemico, Fehtullah Gulen, 72 anni, scrittore e filosofo, ex imam e predicatore, da anni in esilio volontario in Pennsylvania.
La polizia turca ha effettuato una serie di arresti nell'ambito di un'operazione contro esponenti politici e giornalisti legati a Gulen. Il blitz, compiuto in 13 città turche ha condotto in carcere almeno 24 persone, compresi i dirigenti di un canale televisivo vicino a Gulen. E in manette è finito anche Ekrem Dumanli, direttore del quotidiano Zaman. In totale sarebbero stati spiccati 32 mandati di cattura.
Il blitz rappresenta una escalation nella guerra tra Erdogan e Gulen, accusato dal primo di aver ordito da tempo una trama golpista utilizzando la propria influenza su magistrati, poliziotti e giornalisti che diede vita a una maxi inchiesta giudiziaria sul cerchio magico del presidente e scaturì in una serie di arresti il 17 dicembre di un anno fa. In carcere è finito, tra gli altri, Tufan Urguder, ex capo dell'antiterrorismo di Istanbul.
Ma è l'arresto di Dumanli che rischia di trasformarsi in un autogol mediatico. Il giornalista è stato infatti trasferito in caserma sotto gli occhi di tantissimi sostenitori che già si erano radunati sotto la sede del quotidiano per protestare contro una prima perquisizione avvenuta in mattinata. "Noi non abbiamo paura", ha avuto modo di dire Dumanli di fronte alle telecamere. "Hanno paura -ha aggiunto- coloro hanno commesso un crimine".
Per tutti l'accusa, ha spiegato il procuratore capo della città del Bosforo, Hadi Salihoglu, è di "aver messo in piedi un gruppo terrorista" e di aver propalato falsità e calunnie. Da tempo Erdogan denuncia l'esistenza di una "struttura parallela" di Gulen all'interno dello Stato sebbene il predicatore abbia sempre negato di voler rovesciare il governo, e secondo Fuat Avni, anonimo profilo Twitter che aveva anticipato di qualche giorno la notizia dell'operazione, in cima alla lista dei mandati di cattura c'è proprio Fethullah Gulen. L'opposizione parlamentare è in tensioni: "È un golpe del governo", ha detto il capo del kemalista Chp  Kemal Kilicdaroglu. "È un golpe -ha sottolineato- contro la nostra demorazia". (ANKARA, 14 DICEMBRE - AGI/REUTERS)

TURCHIA: ERDOGAN CONTRO GULEN, PERQUISITI MEDIA E 14 ARRESTI
La polizia turca ha effettuato una serie di arresti nell'ambito di un'operazione contro esponenti politici e giornalisti legati al suo acerrimo nemico Fethullah Gulen. Il blitz in 13 città turche ha condotto in carcere almeno 14 persone, compresi i dirigenti di un canale televisivo vicino a Gulen. Una perquisizione è stata compiuta anche nella redazione del quotidiano Zaman. Una volta saputo dell'operazione, una folla si è radunata fuori dalla sede del giornale di Gulen a Istanbul e costretto la polizia a lasciare l'edificio senza aver fatto alcun arresto.  (ANKARA, 14 DICEMBRE - AGI/AFP)

TURCHIA: UE CONDANNA ARRESTI GIORNALISTI, CONTRO VALORI EUROPEI
Il capo della diplomazia Ue, Federica Mogherini, ed il Commissario per l'Allargamento, Johannes Hahn, hanno criticato duramente a nome della Commissione i raid nelle redazione di diversi quotidiani d'opposizione turchi e l'ondata di arresti di giornalisti, finora 27, ordinata dal presidente turco Recep Tayyp Erdogan.
Si tratta di "un'operazione incompatibile con la libertà di stampa che è un principio chiave della democrazia...ed è contraria ai valori e agli standard europei di cui la Turchia aspira ad essere parte. Ci attendiamo che il principio della presunzione d'innocenza prevalga" e "ricordiamo che ogni passo avanti di qualsiasi candidato (all'ingresso tra i Ventotto, ndr) dipende dal pieno rispetto della legalità e dei diritti fondamentali. Illustreremo le nostre preoccupazioni martedì al Consiglio chiamato a discutere della politica di allargamento, inclusa la Turchia".
Il giro di vite contro la stampa dell'opposzione turca è solo l'ultimo episodio in ordine di tempo dello scontro del suo acerrimo nemico, Fehtullah Gulen, 72 anni, scrittore e filosofo, ex imam e predicatore, da anni in esilio volontario in Pennsylvania. (ANKARA, 14 DICEMBRE - AGI)

TURCHIA: 27 ARRESTI IN RETATE ANTI-DISSENSO, PROTESTE UE E USA
Retate anti-dissenso in Turchia, dove 27 persone sono state arrestate in 13 città nell'ambito di un'operazione di polizia giudiziaria che ha preso di mira il più acerrimo rivale del presidente filo-islamico, Recep Tayyp Erdogan. Il bersaglio erano in particolare il quotidiano più letto del Paese, Zaman, e una serie di altre testate e personaggi vicini a Fethullah Gulen, il predicatore autoesiliatosi negli Stati Uniti che ha lanciato una campagna contro Erdogan, al potere dal 2002.
In totale sono stati emessi 32 mandati di cattura. A finire in manette sono finiti anche molti esponenti dell'impero mediatico di Gulen, come un dirigente del canale tv Samanylou a lui vicino e Ekrem Dumanli, il direttore di Zaman. In precedenza l'arresto era stato impedito da decine di manifestanti che si erano radunati davanti alla sede del giornale per protestare contro una perquisizione da parte degli agenti.
Contro l'operazione hanno protestato Ue e Usa. Per l'Alto rappresentante della politica estera dell'Unione, Federica Mogherini, gli arresti dei giornalisti e dei rappresentanti dei media "vanno contro i valori europei e gli standard a cui la Turchia aspira di fare parte".
Il Dipartimento di Stato americano ha ricordato che "la libertà di stampa, processi giusti e un sistema giudiziario indipendente sono elementi chiave in ogni democrazia". "Come alleati e amici della Turchia", ha dichiarato un portavoce di Foggy Bottom, "chiediamo alle autorità turche di assicurare che le loro azioni non violino questi valori chiave e le fondamenta democratiche del Paese".
Proteste anche dall'opposizione laica turca: il capo del kemalista Chp, Kemal Kilicdaroglu, ha denunciato "un golpe del governo contro la democrazia".
Gli arresti segnano una nuova escalation nella guerra sempre meno sotterranea tra Erdogan e Gulen, l'imam accusato dal presidente turco di ordire un golpe utilizzando la propria influenza su magistrati, poliziotti e giornalisti. Proprio il 17 dicembre dell'anno scorso ci fu un'ondata di arresti fra ministri e collaboratori dell'allora premier Erdogan che prese di mira tra gli altri, Tufan Urguder, ex capo dell'antiterrorismo di Istanbul, e si parlò di un'operazione promossa da Gulen. Da allora Erdogan non perde occasione per denunciare l'esistenza di una struttura statale "parallela".
Non a caso il procuratore capo di Istanbul, Hadi Salihoglu, ha accusato il direttore di Zaman di "aver messo in piedi un gruppo terrorista" e di aver pubblicato falsità e calunnie.
 Oltre a un piccolo impero mediatico che comprende anche un'agenzia di stampa e una rivista, Gulen controlla un centinaio di scuole e una decina di università in Turchia e centri di istruzione privati in 110 Paesi, dalla Francia al Sudafrica. (ANKARA, 14 DICEMBRE - AGI/AFP/REUTERS)

TURCHIA: ARRESTATI SOTTO TORCHIO, ERDOGAN "UE PENSI AFFARI SUOI"  Tra rigidissime misure di sicurezza, la polizia turca continua gli interrogatori di 24 delle 27 persone arrestate in 13 città nell'ambito di un'operazione che ha preso di mira i media ostili al presidente Recep Tayyp Erdogan. Secondo l'agenzia Anadolu, tre persone sono state rilasciate dopo essere state interrogate nella notte. Intanto Erdogan ha invitato l'Unione europea, che aveva protestato per la retata nel mondo dei media, a "pensare agli affari propri". Bruxelles, ha avvertito, "non interferisca con le misre intraprese e con lo stato di diritto contro elementi che minacciano la nostra sicurezza".
Davanti alla sede della Direzione generale di sicurezza di Ankara, dove si svolgono gli interrogatori, un migliaio di persone hanno inscenato una protesta per chiedere la liberazione dei detenuti. Il bersaglio dell'operazione sono il quotidiano più letto del Paese, Zaman, e una serie di altre testate e personaggi dell'impero mediatico Samanyolu, vicino a Fethullah Gulen, il predicatore autoesiliatosi negli Stati Uniti nel 1999, che dopo esserne stato alleato ha lanciato una campagna contro Erdogan, al potere dal 2002.      Gli arrestati sono accusati di coinvolgimento in una organizzazione terroristica. Fikret Duran, avvocato di Hayrettin Karaca, presidente dell'impero mediatico finito nel mirino della magistratura, ha spiegato che gli interrogatori vertono in particolare sulle serie tv del colosso. Gli arrestati sono alti funzionari di mezzi di informazione, direttori e produttori di popolari serie tv, ma c'è anche qualche poliziotto secondo gli investigatori accomodante nei confronti di Gulen, la cui rete è accusata dal Partito Giustizia e Sviluppo (Akp) di Erdogan di costituire uno "Stato parallelo. Alcuni sono accusati di frode e calunnia. Il movimento di Gulen, è stato il più stretto alleato di Erdogan e del suo partito fino allo scorso anno. Ora è invece il peggior nemico del governo. Il governo di Ankara accusa il predicatore di tentare di voler trasformare la repubblica in uno Stato islamico. La sua rete, conosciuta come un movimento religioso transnazionale, ha attività in diversi campi, come la salute, l'educazione e i media. Gulen controlla inoltre un centinaio di scuole e una decina di università in Turchia e centri di istruzione privati in 110 Paesi, dalla Francia al Sudafrica.
In totale sono stati emessi 31 mandati di cattura. Tra gli arrestati c'è un dirigente del canale tv Samanylou vicino a Gulen e Ekrem Dumanli, il direttore di Zaman. In un primo momento l'arresto era stato impedito da decine di manifestanti che si erano radunati davanti alla sede del giornale per protestare contro una perquisizione da parte degli agenti.
Contro l'operazione hanno protestato Ue e Usa. Per l'Alto rappresentante della politica estera dell'Unione, Federica Mogherini, gli arresti dei giornalisti e dei rappresentanti dei media "vanno contro i valori europei e gli standard a cui la Turchia aspira di fare parte".
Il Dipartimento di Stato americano ha ricordato che "la libertà di stampa, processi giusti e un sistema giudiziario indipendente sono elementi chiave in ogni democrazia". Proteste anche dall'opposizione laica turca: il capo del kemalista Chp, Kemal Kilicdaroglu, ha denunciato "un golpe del governo contro la democrazia".  Il 17 dicembre dell'anno scorso ci fu un'ondata di arresti fra ministri e collaboratori dell'allora premier Erdogan che prese di mira tra gli altri, Tufan Urguder, ex capo dell'antiterrorismo di Istanbul, e si parlò di un'operazione promossa da Gulen. Il procuratore capo di Istanbul, Hadi Salihoglu, ha accusato il direttore di Zaman di "aver messo in piedi un gruppo terrorista" e di aver pubblicato falsità e calunnie. Il piccolo impero mediatico comprende anche un'agenzia di stampa e una rivista. (ANKARA, 15 DICEMBRE - AGI/EFE)

TURCHIA: PITTELLA (SD), ARRESTI NEI MEDIA INCOMPATIBILI CON UE
Le decine di arresti fra i giornalisti di giornali e televisioni turche sono "inaccettabili" e la deriva autoritaria di Ankara è "incompatibile" con il processo di adesione della Turchia all'Unione europea: è il commento del capogruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, Gianni Pittella. "Il presidente Erdogan sta portando il Paese nella direzione sbagliata, lontano dall'Europa", sottolinea Pittella, impegnato da oggi nella sessione plenaria dell'Europarlamento a Strasburgo, "abbiamo sempre sostenuto il processo di integrazione della Turchia per unirsi all'Ue. Ma le recenti tendenze autoritarie sono completamente incompatibili con i nostri valori e quel che è peggio è che forniscono argomenti solidi a chi non vuole la Turchia nell'Ue". (BRUXELLES, 15 DICEMBRE - AGI)

TURCHIA: GIORNALISTA SFUGGITO A ARRESTO, COSI' EDOGAN RAFFORZA OPPOSIZIONE
'DAL PRESIDENTE VENDETTA CONTRO GULEN CHE GLI SI RITORCE CONTRO'
Con l'ultima ondata di arresti di giornalisti in tutta la Turchia, il presidente Recep Tayyip Erdogan ha commesso un "errore grave" e otterrà il "risultato opposto" a quello sperato, rafforzando i suoi oppositori. Ne è convinto Kerim Balci, editorialista del quotidiano Zaman, legato al religioso Fethullah Gulen. Il direttore di Zaman, Ekrem Dumanli, è stato arrestato ieri insieme ad altre 26 persone. E lo stesso Balci era nelle lista delle persone colpite da mandato d'arresto. Si trovava però negli Stati Uniti, per una conferenza alla Indiana University.
"L'operazione - dice Balci in un'intervista telefonica ad Aki-Adnkronos International - è una vendetta del presidente per la vicenda dello scandalo in materia di corruzione", che alla fine del 2013 ha quasi fatto cadere il governo dell'allora premier Erdogan. L'attuale capo dello stato accusa Gulen e la sua rete di sostenitori, media e scuole di aver creato uno "stato parallelo" e di aver architettato quello scandalo con l'obiettivo di far cadere il suo governo.
 Con questi arresti, secondo Balci, Erdogan ha "fornito una prova" all'opposizione sulle sue reali intenzioni. "Ci aspettavamo questi arresti - dice - anche se non credevo che si partisse dai vertici. Mi aspettavo che avrebbero arrestato me, ma non il direttore Dumanli. Questo è stato l'errore di Erdogan, che ha scatenato uno scandalo internazionale, spingendo l'Ue e gli Usa a denunciare il suo operato". L'effetto che certo Erdogan non si aspetta, ma che secondo Balci ha invece ottenuto, è quello di rafforzare Gulen e i suoi media. "Sono certo - dice - che ora aumenteranno gli abbonamenti, in Turchia e fuori, a Zaman e a tutti i media del gruppo".
 La mossa di ieri è sintomo della "debolezza politica" di Erdogan, che secondo l'editorialista "ha perso la testa" e ha intrapreso una "lotta personale contro la democrazia", che fa male alla Turchia e, in fin dei conti, allo stesso presidente.
"Colpendo le banche legate a Gulen - spiega - Erdogan ha indebolito l'economia del paese", che dopo anni di forte crescita conosce una brusca frenata. "Chiudendo le scuole di Gulen - continua - smaschera le debolezza del sistema educativo nazionale, che solo gli istituti privati rendevano valido e che il governo non è stato in grado di riformare in tanti anni". Erdogan gode ancora in patria di un forte consenso ed "è stato abile a portare dalla sua la maggior parte della popolazione, quindi i tempi per un cambiamento - secondo Balci - saranno lunghi". Ma all'interno dello stesso partito islamico di Erdogan, l'Akp, "si cominciano a criticare i suoi errori, perché stanno distruggendo la credibilità internazionale della Turchia, così come la sua economia".
Balci dice di non sapere quando e se potrà tornare in Turchia. "Ho con me il mio biglietto di ritorno - spiega - e voglio tornare in patria per partecipare da dento a questa lotta per la democrazia. Ma i miei superiori a Zaman mi chiedono di stare qui, per fare rete con i mezzi di informazione internazionale e spiegare cosa succede in Turchia. Vedremo". (ROMA, 15 DICEMBRE - ADNKRONOS/AKI)

TURCHIA: GENTILONI, LIBERTÀ ESPRESSIONE È INDEROGABILE
"Noi non vogliamo fare la lezione a nessuno, ma facciamo presente che per la Ue la libertà di espressione è tra i valori fondamentali dell'Unione" ed in quanto tale essa "è tra i principi fondamentali e inderogabili".
Così il ministro Paolo Gentiloni commenta le dichiarazioni del presidente Erdogan rispondendo ai giornalisti dopo la conclusione del Consiglio Esteri a Bruxelles, precisando che il tema degli arresti dei giornalisti in Turchia non è stato però dibattuto nella riunione dei ministri.
L'Italia, ha tenuto a ricordare Gentiloni, è "un paese che ha le carte in regola" nei rapporti con la Turchia e che "nessuno può accusare di avere atteggiamenti pregiudiziali", visto che il il paese "per convinzione, per l'importanza dei rapporti economici bilaterali e per i tanti interessi storici comuni" si è "sempre battuto" a favore di Ankara nei rapporti con la Ue.  (BRUXELLES, 15 DICEMBRE - ANSA)

TURCHIA: UE, PARTNER FONDAMENTALE MA RISPETTI PRINCIPI DEMOCRAZIA
La Turchia rimane un "partner fondamentale" per l'Unione europea, nonostante l'arresto di decine di giornalisti negli ultimi giorni. Le conclusioni del Consiglio Ue Affari generali sottolineano "l'importanza" delle relazioni con la Turchia, la cui "dinamica economia offre un contributo notevole alla prosperità dell'economia europea".
Ma i recenti arresti di giornalisti "mette in dubbio il rispetto della libertà dei media, che è un principio fondamentale della democrazia".
Il Consiglio Ue ricorda che "i progressi nei negoziati sull'adesione alla Ue dipendono dal rispetto del diritto e dei diritti fondamentali". (BRUXELLES, 16 DICEMBRE – ADNKRONOS)

TURCHIA: GOZI, ARRESTO GIORNALISTI AFFARE UE, INCOMPATIBILE CON DEMOCRAZIA
Sono state "quantomeno sorprendenti" le dichiarazioni del presidente turco, Recep Erdogan, che ha invitato la Ue a farsi gli affari propri dopo l'arresto di decine di giornalisti in Turchia. Lo ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei, Sandro Gozi, al termine del Consiglio Ue Affari generali, l'ultimo sotto il semestre di presidenza italiana. Arresti che sono "incompatibili" con i principi della democrazia e che destano "preoccupazione".
E nel processo di adesione della Turchia alla Ue "è anche affar nostro essere preoccupati per questi problemi. Non possiamo stare zitti perché ci sentiamo coinvolti", ha aggiunto. (BRUXELLES, 16 DICEMBRE - ADNKRONOS)

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