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Unione Europea 30 Lug 2009

Sudan, si dimette dalle Nazioni Unite e affronta il processo la giornalista condannata a quaranta frustate per avere indossato i pantaloni

 Vuole un processo pubblico la giornalista sudanese Lubna Hussein, condannata a 40 frustate per aver indossato dei pantaloni. Comparsa davanti al giudice ieri, la donna ha scelto di dimettersi dal suo ruolo di funzionario delle Nazioni Unite e rinunciare ll'immunità che il suo lavoro le garantiva.

 Vuole un processo pubblico la giornalista sudanese Lubna Hussein, condannata a 40 frustate per aver indossato dei pantaloni. Comparsa davanti al giudice ieri, la donna ha scelto di dimettersi dal suo ruolo di funzionario delle Nazioni Unite e rinunciare ll'immunità che il suo lavoro le garantiva.

 La prossima udienza è stata quindi fissata per il 4 agosto. Le ragioni della scelta della Hussein sono "dimostrare la sua innocenza" in sede di processo, e in secondo luogo "cambiare la legge, aprendo una battaglia per i diritti umani" ha riferito il suo legale Nabil Adib Abdalla. I casi di condanne per abbigliamento considerato "indecente¯ non sono rari in Sudan, dove convivono una maggioranza musulmanana al nord e una cristiana al sud. Non è la Sharia, ma un paragrafo del codice penale sudanese che determina l'incriminazione per i reati di "indecenza". Hussein ha deciso però di opporsi a questa legge che considera ingiusta e ha pubblicizzato la sua storia. Al processo, in cui si è presentata vestita allo stesso modo del giorno del suo arresto nel ristorante di Karthoum, erano presenti in gran numero i suoi sostenitori, chiamati a partecipare attraverso volantini ed email.
    "Migliaia di donne sono punite con la fustigazione in Sudan, ma rimangono in silenzio", ha detto la giornalista. "La legge è usata per perseguitare le donne, e io voglio farlo sapere alla gente". Alcune donne che erano con lei al ristorante, anche loro indossando dei pantaloni, avevano subito la pena poco dopo il fermo giudiziario, ma lei aveva chiesto un
avvocato, dando quindi inizio a un regolare processo. All'udienza di mercoledi si sono registrati scontri tra i giornalisti e la polizia, che era armata con bastoni e ha sequestrato registratori e altro materiale. Molte donne hanno protestato indossando jeans e con manifesti che dicevano "La fustigazione è contro i diritti umani".  Erano presenti anche
ambasciatori di Francia, Canada, Svezia e Spagna oltre a membri dell'Unione delle donne sudanesi. Ban Ki Moon, segretario generale alle Nazioni Unite, si è detto preoccupato.  "Frustare è  contro i diritti umani", ha commentato. La fustigazione è una pena applicata in Sudan a una serie di reati contro la decenza. Spesso si esegue poco dopo il processo, in luoghi pubblici per gli uomini ma in privato per le donne. (AGI/REUTERS)   

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