Manila, 25 novembre - Continua a crescere ed è stato aggiornato a 57 morti il numero delle persone uccise l'altro ieri da un centinaio di uomini armati a Mindanao, nel sud delle Filippine.
L'ultimo bilancio della strage compiuta a fini politici è stato fornito dal portavoce del comando militare regionale, Jonathan Ponce
che ha spiegato come siano stati ritrovati altri tre veicoli contenenti cadaveri nei pressi del villaggio Salman della provincia di Maguindanao. (ADNKRONOS/DPA)
27 GIORNALISTI TRA LE 52 VITTIME STRAGE, OGGI LUTTO NAZIONALE ANCORA NESSUN ARRESTO, LA PRESIDENTE INVITA ALLA CALMA E PROMETTE GIUSTIZIA
Manila, 25 novembre - A due giorni dalla strage a fini politici di Mindanao che ha ucciso almeno 27 giornalisti tra le 52 vittime, crescono le richieste per l'arresto di alcuni componenti della famiglia Ampatuan sospettata di essere responsabile del massacro. La presidente delle Filippine, Gloria Macapagal Arroyo, ha dichiarato per oggi una giornata di lutto nazionale ma ha rivolto un invito alla calma.
"Speriamo che lo sdegno lasci il posto alla ragione e alla necessità di vivere in pace, onore e dignità", ha affermato, assicurando che i responsabili del massacro verranno individuati e puniti. Il portavoce della presidenza, Cerge Remonde, aveva rilevato che agli investigatori occorrono prove certe a carico della famiglia Ampatuan, stretta alleata della Arroyo, prima di arrivare agli arresti.
Le vittime del massacro erano in viaggio con il vicesindaco di Buluan, Esmael Mangudadatu, che si presenterà come candidato governatore di Maguindanao alle elezioni del prossimo maggio, sfidando il figlio del governatore Andal Ampatuan senior che per tre tornate elettorali precedenti non ha avuto mai rivali. Mangudadatu, che nella strage ha perso la moglie e due sorelle, si è detto sconcertato perché non è stato arrestato ancora nessuno. "Se i sospettati fossero stati persone comuni, sarebbero stati già arrestati. Ma quando c'è di mezzo un pezzo grosso, non li arrestano. Forse il governo ha paura?" si è chiesto il vicesindaco. (ADNKRONOS/DPA)
Manila, 24 novembre - Si aggrava ancora il bilancio della strage compiuta ieri per motivi di rivalità politica nelle Filippine. I morti sono almeno 46, è stato reso noto a seguito del ritrovamento dei corpi senza vita di altre 22 persone vittime dell'attacco sferrato da un centinaio di uomini armati contro un convoglio di mezzi.
Il gruppo era formato da decine di persone che stavano andando a depositare i documenti per la candidatura del vice sindaco di Buluan, Esmael Mangudadatu alla carica di governatore alle prossime elezioni di maggio. Tra le vittime la moglie di Esmael, 17 giornalisti, rappresentanti di organizzazioni per i diritti umani. La polizia sospetta della famiglia Ampatuan, rivale politica dei Mangudadatu. (ADNKRONOS/DPA)
46 I MORTI NELLA STRAGE, STATO D'EMERGENZA AL SUD
Manila, 24 novembre - E' salito a 46 morti il bilancio della strage di giornalisti e politici nell'isola di Mindanao, nel sud delle Filippine. Una fossa comune con 17 cadaveri crivellati di proiettili e seppelliti frettolosamente è stata scoperta su una collina nella provincia di Maguindanao e altri sette corpi sono stati rinvenuti nelle vicinanze. Del massacro sono accusati i miliziani del governatore provinciale, Andal Ampatuan. Ci sarebbero anche quattro superstiti al massacro, tenuti al sicuro dallo sfidante del governatore alle elezioni di maggio, Esmael Mangudadatu.
Intanto il presidente delle Filippine, Gloria Macapagal Arroyo, ha proclamato lo stato d'emergenza a tempo indeterminato nelle province meridionali di Maguindanao e Sultan Kudarat e a Cotabato City per impedire ulteriori violenze tra il clan dei Mangudadatu e quello degli Ampatuan, due famiglie musulmane rivali da generazioni. Nelle aree sono stati schierati migliaia di soldati. "Sarà fatto ogni sforzo per assicurare alla giustizia i responsabili e punirli con il massimo rigore", ha promesso la Arroyo in un discorso tv. (AGI/AFP/REUTERS)
Manila, 23 novembre - Imbavagliati, sequestrati e decapitati. L'orrore e la violenza contro i giornalisti va in scena a Mindanao, nelle Filippine, dove ventuno persone sono state uccise da un gruppo armato. La strage, scoperta dall'esercito che si era messo sulle tracce di un centinaio di miliziani che avevano assaltato una folla di sostenitori di un esponente politico locale e rapito una quarantina di persone, avviene in vista delle prossime elezioni amministrative e politiche, previste nel 2010 e a pochi giorni dall'apertura delle iscrizioni dei candidati nelle liste elettorali.
Tra i cadaveri c'è anche quello della moglie di Esmael Mangudadatu, il cui nome la donna si apprestava a far registrare nelle liste per la competizione alla carica di governatore provinciale di Maguindanao. La cosa non era stata molto gradita dal governatore in carica, Andal Ampatuan, che mantiene sempre pronto all'occasione un esercito privato. Non vi sono indizi che sia stato lui a ordinare direttamente il sequestro e la strage, ma il portavoce della delle Forze armate filippine, il tenente colonnello Romeo Brawner, ha collegato il massacro alla "faida politica" tra i due clan. "È a questo che stiamo prestando attenzione, al rapimento dei membri della famiglia Mangudadatu da parte degli Ampatuan". L'esercito è alla ricerca di altri cadaveri.
Stando alla professione di più della metà degli uccisi nel massacro di oggi, questo sembra aver avuto come obiettivo principale l'intimidazione nei confronti della stampa. I militari hanno recuperato i corpi di almeno dodici giornalisti: "Qui regna una cultura dell'impunita'", ha esclamato il presidente dell'associazione nazionale della stampa, Benny Antiporda. L'ufficio del presidente delle Filippine, Gloria Arroyo, ha fatto sapere che i responsabili saranno puniti: "Si tratta di un massacro di civili senza pari nella storia recente". (AGI)
“Una orribile strage si è consumata a Mindanao, nelle Filippine, contro cittadini inermi e giornalisti. Da quanto risulta, da notizie, ancora incerte e frammentarie, oltre quarantacinque sarebbero le vittime di un sequestro politico finito nel sangue. Tra loro donne, bambini ed anche una dozzina di giornalisti che stavano seguendo i sostenitori di esponenti politici locali in vista delle elezioni amministrative e politiche che si svolgeranno nei primi mesi del prossimo anno. Un eccidio raccapricciante, che vede ancora una volta colleghi vittime della violenza cieca e terrorista e che senza ombra di dubbio, se le notizie saranno confermate, sarebbe la più grande strage di cronisti nella storia del giornalismo mondiale. La Fnsi, nell’esprimere il proprio dolore ed orrore per questa insensata strage, ha inviato all’ambasciatore delle Filippine a Roma una richiesta di informazioni sull’episodio ed ha chiesto alla Federazione Internazionale dei giornalisti (Ifj) l’attivazione dei canali di solidarietà per assistere le famiglie delle vittime ed il loro Sindacato professionale”.
ISF, È MACELLERIA PER I GIORNALISTI
"L'assassinio di diciassette giornalisti nel massacro compiuto a Mindanao dalle bande armate del governatore locale che ha fatto contare finora 46 cadaveri, non rappresenta solo il più grande massacro di giornalisti mai avvenuto nella storia, conferma le Filippine come uno dei Paesi più sanguinari del mondo per chi esercita questa professione".
La denuncia viene dall'Esecutivo di Information Safety and Freedom, l'associazione per la libertà di stampa nel mondo, che ha emesso una nota ufficiale. "Fino ad oggi erano già 41 i giornalisti uccisi nelle Filippine solo a partire dal 2004 - prosegue la nota di ISF -. Il massacro di Mindanao fa balzare il conteggio a 58, collocando così il Paese al vertice della classifica della pericolosità per i reporter. Queste cifre rappresentano un pesante capo di accusa nei confronti del Presidente Gloria Arroyo che gestisce ormai un sistema solo formalmente democratico, ma in realtà in balia di bande armate legate ai notabili locali che agiscono in regime di totale impunità e con gravi compromissioni del governo".
"Qui regna una cultura dell'impunità", dichiara il presidente dell'Associazione Nazionale dei Giornalisti Filippini, Benny Antiporda. E infatti nessuno degli omicidi di colleghi avvenuto in questi anni ha mai visto condannati gli esecutori - commenta ancora l'Esecutivo di ISF -. Dal momento dell'arrivo al potere di Gloria Arroyo le organizzazione umanitarie hanno contato circa ottocento delitti politici rimasti tutti impuniti. L'Associazione dei Giornalisti denuncia che le aggressioni nei confronti dei reporter sono sempre più violente e sfrontate e che ai delitti seguono minacce di morte nelle redazioni colpite". "Alla vigilia delle prossime elezioni - conclude la nota di ISF - si è voluto dare un sanguinario avvertimento intimidatorio alla stampa filippina. Forse la comunità internazionale dovrebbe togliere questo Paese dal capitolo delle democrazie asiatiche e collocarlo nell'elenco dei regimi più sanguinari del continente, dove merita (dati alla mano) uno dei posti di testa ". (AGI)