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Componenti Fnsi 20 Mar 2013

Sanatoria, di quest'Ordine abbiamo ancora bisogno?

Una decisione irresponsabile, che danneggia tutti i giornalisti e ancor più collaboratori e freelance che della nostra professione vivono tra mille fatiche e ostacoli. La delibera approvata il 14 marzo scorso dall'Ordine nazionale, che delinea un cosiddetto "congiungimento" tra attività da pubblicista e lavoro professionale con l'accesso automatico all'esame di Stato, è un'operazione dilettantistica, apparentemente giustificata da alti intenti di tutela e garanzia dei più deboli, ma che in effetti mal nasconde bassi obiettivi demagogici ed elettorali.

Una decisione irresponsabile, che danneggia tutti i giornalisti e ancor più collaboratori e freelance che della nostra professione vivono tra mille fatiche e ostacoli. La delibera approvata il 14 marzo scorso dall'Ordine nazionale, che delinea un cosiddetto "congiungimento" tra attività da pubblicista e lavoro professionale con l'accesso automatico all'esame di Stato, è un'operazione dilettantistica, apparentemente giustificata da alti intenti di tutela e garanzia dei più deboli, ma che in effetti mal nasconde bassi obiettivi demagogici ed elettorali.

Quarto Potere sostiene da molti anni la necessità del passaggio tra le fila dei professionisti di chi è stato erroneamente inserito nell'elenco dei pubblicisti mentre esercita esclusivamente il mestiere del giornalista. Ma questo deve avvenire sulla base di criteri certi e certificati, e a precise condizioni. In contemporanea con una ampia e scrupolosa pulizia negli elenchi, l'eliminazione di decine di migliaia di iscritti all'Ordine che non risulta esercitino attività giornalistica, la revisione profonda di tutte le norme interpretative che hanno permesso in questi anni la moltiplicazione indiscriminata e ingiustificata delle tessere, un'applicazione più etica della legge da parte di chi è chiamato a scrivere e, finora, a far rispettare le norme deontologiche della professione.
Oggi invece, proprio chi ha voluto colpevolmente allargare le maglie dell'accesso, fabbricando illusioni e ponendo le premesse per la creazione di un esercito di precari sottopagati e sfruttati, ha ideato una nuova norma interpretativa che, se e quando sarà operativa, indurrà ancora maggiore incertezza, amplierà i già gravi problemi del mercato del lavoro giornalistico e non aumenterà in alcun modo le tutele per chi è precario e sfruttato. Anzi.
Il cosiddetto "ricongiungimento" riconosce infatti il diritto ad accedere direttamente all'esame ai pubblicisti che, genericamente, esercitino attività giornalistica in via esclusiva. Senza un minimo retributivo da rispettare, come invece è espressamente richiesto dal Sindacato a chi, pur pubblicista per l'Ordine, viene a buon diritto inserito nella categoria dei "professionali". E senza neppure l'obbligo di dimostrare l'avvenuta contribuzione all'Inpgi 2. Senza, insomma, alcuna possibilità di verificare seriamente lo svolgimento effettivo della professione. E senza quindi poter individuare e distinguere chi il giornalista lo fa per hobby o, peggio, ha "comprato" da presunti editori, sedicenti scuole e organizzazioni scaltre i requisiti per chiedere il tesserino da pubblicista.
Non solo. L'ipotesi di affidare ai Consigli regionali la definizione dei minimi di reddito prefigura una Babele di parametri di guadagno: una ulteriore confusione finalizzata esclusivamente a rendere la norma ancora meno stringente e le maglie dell'accesso sempre più larghe. In un attacco chiaro alla contrattazione nazionale, proprio alla vigilia della sua rinnovazione. E con buona pace anche della legge sull'equo compenso, che verrebbe spazzata via da indicazioni di retribuzioni anche irrisorie ritenute comunque sufficienti per diventare professionisti.
A tutto ed evidente vantaggio degli editori. Mentre a farne le spese, ancora una volta, saranno in primo luogo proprio lavoratori autonomi, freelance e collaboratori, che hanno visto negli anni ridursi enormemente i compensi per grave colpa dei datori di lavoro, certo, ma grazie anche all'immissione sul mercato di tanti colleghi, o presunti tali, disposti a pratiche di dumping o concorrenza sleale pur di accedere all'Albo con la complice leggerezza dell'Ordine.
Noi di Quarto Potere abbiamo sempre difeso, e continueremo a farlo, tutti i colleghi che vivono professionalmente ed esclusivamente di giornalismo, dentro e fuori dalle redazioni. Qualunque sia il tesserino che hanno in tasca. Con realismo e senza ideologie. Ecco perché, di fronte a questo ennesimo, demagogico e irresponsabile atto, ci chiediamo: ma di questo Ordine, abbiamo davvero bisogno?

Milano, 20 marzo 2013

ARIA DI DIASPORA ALL’ORDINE DEI GIORNALISTI

Romano Bartoloni presidente Sindacato cronisti romani

Aria di diaspora dentro l’Ordine dei giornalisti. Pubblicisti e professionisti ai ferri corti sul futuro di un’istituzione pletorica (oltre 500 graduati) e anacronistica. Le riforme negate da decenni stanno mettendo fuori gioco un OdG, nato quando la TV era ancora balbettante, il digitale era di là da venire, e la comunicazione era un fenomeno sconosciuto.
A meno di due mesi dal rinnovo delle cariche ordinistiche, si è varata all’ultima ora una sanatoria per offrire la casacca di professionisti ai pubblicisti tramite tirocinio ed esame di Stato. La pezza a colori, contestata in periferia (associazioni e ordini regionali), arriva troppo tardi per cambiare le regole di un mercato asfittico e a misura solo dei frelance. La mossa forse riuscirà ad incantare qualche sparuta pattuglia di creduloni, non a redimere i piazzati senza problemi.
Lo scenario del giornalismo è radicalmente cambiato. Secondo i dati raccolti dalla FNSI presso l’INPGI, il sorpasso del lavoro autonomo (rincorso dagli editori a corto di quattrini) a scapito del subordinato con la sbiadita veste di professionista, è ormai vicino: 22mila collaboratori (il 40%) contro 33mila giornalisti con il tesserino marrone.
I rapporti di lavoro subordinato sono crollati di quasi il 50% nel giro di pochi anni e il DNA del giornalista sta mutando rapidamente verso forme multifunzionali di operatori dell’informazione. I lavoratori autonomi stanno sostituendo progressivamente i dinosauri del mestiere in via di estinzione. I quali restano indifesi nel Fort Alamo di un Ordine sempre più mummificato e rappresentativo di sé stesso. Stanchi di essere accreditati come giornalisti di serie b nell’Odg, dove sono stragrande maggioranza, non pochi pubblicisti accarezzano l’idea di cogliere al volo l’occasione offerta dalla recente legge che prevede la costituzione di associazioni professionali in alternativa o in assenza di Ordini.
L’esodo non appare tanto utopico anche se non è dietro l’angolo, perché l’OdG corre ciecamente verso le elezioni di maggio. Sempre di meno, sempre più deboli, i giornalisti professionisti, salvo i riciclati collaboratori, saranno soverchiati in breve tempo dai free-lance ai quali si offrono migliori prospettive di occupazione. Di questo passo non è in gioco soltanto lo sbaraccamento dell’Ordine, prima o poi inevitabile, ma l’unità, la coesione e la solidarietà sindacale della categoria che finora, nel bene e nel male, ci hanno salvato dalla Caporetto. Già oggi la FNSI difende gli interessi di professionisti e pubblicisti a tempo pieno, riconoscendo a loro la comune identità di giornalisti professionali. Se decidesse di trasformarsi in associazione professionale valorizzando, prima che sia troppo tardi, le opportunità della nuova legge, indosserebbe la duplice veste di organismo sindacale e di organizzazione professionale, sintonizzandosi con i modelli degli altri Paesi europei, riscattando dall’OdG la perduta funzione di vigilanza deontologica, e recuperando credito nell’opinione pubblica. Peraltro, non sarebbe nulla di nuovo sotto il nostro sole. Alle origini, gli albi erano gestiti dal sindacato.

@fnsisocial