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Libertà  di stampa 29 Dic 2015

Reporter senza Frontiere: nel 2015 uccisi 110 cronisti. La Fnsi: “Allarmante, serve soluzione internazionale”

110 i giornalisti uccisi nel 2015, mentre sono 54 i reporter rapiti e tenuti in ostaggio e 154 quelli in prigione. “Una situazione sempre più allarmante per quanto riguarda la sicurezza - commentano Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti – mentre in Italia è quanto mai indispensabile che siano finalmente affrontate e risolte le questioni relative al carcere per i cronisti e soprattutto alle cosiddette querele temerarie”.

110 i giornalisti uccisi nel 2015, mentre sono 54 i reporter rapiti e tenuti in ostaggio e 154 quelli in prigione. “Una situazione sempre più allarmante per quanto riguarda la sicurezza - commentano Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti – mentre in Italia è quanto mai indispensabile che siano finalmente affrontate e risolte le questioni relative al carcere per i cronisti e soprattutto alle cosiddette querele temerarie”.

Sono 110 i giornalisti che hanno perso la vita nel corso del 2015. E solo un terzo di loro è stato ucciso in zone di guerra, in controtendenza, spiega l’annuale rapporto di “Reporter senza Frontiere”, rispetto al 2014. E se 67 reporter sono stati assassinati mentre stavano svolgendo il loro lavoro, gli altri 43 sono scomparsi in circostanze avvolte dal mistero in Paesi dove la criminalità teme la libera stampa.
“L’annuale rapporto di Rsf – commentano il segretario generale, Raffaele Lorusso, e il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti – conferma una situazione sempre più allarmante per quanto riguarda il livello di sicurezza nel quale si trovano ad operare i giornalisti nel mondo e non solo nelle zone di guerra. I 2/3 dei 110 cronisti assassinati, infatti, sono caduti mentre svolgevano il loro lavoro lontano da aree teatro di conflitti. La gran parte di loro è caduta o per mano del terrorismo, a cominciare dalla strage della redazione di ‘Charlie Hebdo’ in Francia, o sono stati colpiti da associazioni malavitose che mal sopportano i tentativi di illuminare le storie del malaffare, come ad esempio è successo in Brasile o Messico”.
Nel bilancio di Rsf rientrano anche 27 cosiddetti “citizen-journalists”, reporter non professionisti, e sette operatori dell’informazione, tra cameraman, fonici e tecnici. I Paesi più a rischio sono Iraq (11 morti), Siria (10), India (9), Messico (8), Yemen (8), Francia, con le 8 vittime dell'attacco del 7 gennaio scorso, Filippine (7), Sud Africa (7) e Honduras, dove sono stati uccisi 7 giornalisti.
Per tentare di porre un argine a questo fiume di sangue, Reporter senza Frontiere chiede con il suo rapporto che venga nominato un rappresentante speciale del segretario generale dell'Onu per proteggere gli operatori dell’informazione. Richiesta appoggiata dalla Federazione nazionale della stampa che, annunciano Lorusso e Giulietti, “non solo sosterrà ogni iniziativa internazionale per arrivare alla ridefinizione della direttiva relativa alle condizioni di sicurezza dei giornalisti ma, per quanto riguarda l’Italia, ritiene quanto mai indispensabile che siano finalmente affrontate e risolte le questioni relative al carcere per i cronisti e soprattutto alle cosiddette querele temerarie, che sono ormai diventate un vero e proprio strumento di intimidazione”.
Anche Rsf, nel suo rapporto, del resto, pone l’accento sulla situazione della libertà di stampa nel mondo, dove altissimo è il numero di reporter rapiti e tenuti in ostaggio (54) ed ancora più alto è quello dei giornalisti incarcerati per aver svolto il loro lavoro: 154. Alla Cina, con 23 giornalisti in prigione, va il triste primato dei cronisti dietro le sbarre, mentre 22 reporter sono in carcere in Egitto, 18 in Iraq, 15 in Eritrea, 9 nella Turchia del presidente Recep Tayyip Erdogan.
“La situazione italiana - concludono il segretario Lorusso e il presidente Giulietti – continua ad essere critica per quanto riguarda il livello di pressioni e minacce ai cronisti, rivolte in particolare a quanti sono impegnati a contrastare le mafie e il malaffare”.

@fnsisocial

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