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Editoria 07 Giu 2011

Per l’'Avvenire', la libertà di stampa non è stravolgere i fatti

"Stravolgere un evento e un discorso fino a renderlo letteralmente un'altra cosa non è 'criticare', è mistificare". Lo afferma il direttore di 'Avvenire' Marco Tarquinio che torna in un corsivo sugli attacchi del 'Giornale' all'arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, accusato di aver parteggiato per Pisapia sindaco di Milano. "In questa storia - chiarisce il direttore del quotidiano della Cei in risposta alle polemiche suscitate nei giorni scorsi dalla sua difesa del porporato - il diritto di critica non è in alcun modo in questione. In ballo, purtroppo, c'è il dovere di cronaca, di una cronaca rigorosa e rispettosa di fatti e persone".

"Stravolgere un evento e un discorso fino a renderlo letteralmente un'altra cosa non è 'criticare', è mistificare". Lo afferma il direttore di 'Avvenire' Marco Tarquinio che torna in un corsivo sugli attacchi del 'Giornale' all'arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, accusato di aver parteggiato per Pisapia sindaco di Milano. "In questa storia - chiarisce il direttore del quotidiano della Cei in risposta alle polemiche suscitate nei giorni scorsi dalla sua difesa del porporato - il diritto di critica non è in alcun modo in questione. In ballo, purtroppo, c'è il dovere di cronaca, di una cronaca rigorosa e rispettosa di fatti e persone".

"Quanto al bavaglio che io, giornalista, avrei voluto imporre a qualche collega, si tratta di un'accusa di maniera", sottolinea Tarquinio rilevando che "chiunque può, invece, constatare che l'unico bavaglio che sinora si è visto è quello idealmente imposto  all'arcivescovo di Milano" quando "si è parlato di ciò che avrebbe detto, ma ciò che ha effettivamente detto non è più stato pubblicato: non una riga, non mezzo virgolettato, nonostante che alla vicenda sia stata dedicata, appunto, una pagina intera con tanto di editoriale in prima". E continua: "Noto poi una certa tendenza a descrivere tutto questo come uno 'scontro' tra testate. No, grazie. Non abbiamo accettato questa logica ieri, non l'accettiamo oggi. Ad Avvenire facciamo un altro lavoro, siamo giornalisti". "Semplicemente - conclude - non si possono deformare pensieri, azioni e situazioni per condurre una qualche guerra. Possibile che non si sia ancora capito che, con simili squalificanti e squalificate armi, né chi fa politica nè chi fa informazione potrà mai vincere (od orientare) qualcosa di buono e di serio?". (AGI)

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