1974-1981. Sono gli anni in cui Paolo Murialdi è stato presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana. Anni di profonda crisi e grandi stravolgimenti nel mondo del giornalismo e in tutta la società italiana, in cui anche il sindacato dei giornalisti ha dovuto confrontarsi con le rapide trasformazioni delle condizioni sociali ed economiche di un Paese attraversato da dilanianti battaglie politiche. Anni drammatici in cui la categoria ha dovuto fare i conti con il terrorismo, pagando anche un tributo di sangue alla stagione della lotta armata. Nel centenario della nascita di Murialdi, la Fondazione di studi sul giornalismo che ne porta il nome ha organizzato un convegno a lui dedicato, dal titolo 'L'informazione tra riforma e controriforma', per ricordarne l'impegno professionale e sindacale. Impegno che si può riassumere nelle soluzioni introdotte – per la prima volta nell'ordinamento italiano – nella legge 416 promulgata nel 1981.
Introdotto dal presidente della Fondazione, Vittorio Roidi, ad aprire i lavori è stato Vittorio Emiliani, che si è soffermato sulla figura umana e morale del Murialdi partigiano, prima ancora che del giornalista. «Figlio d'arte due volte – ha esordito – iniziò a lavorare a Milano Sera, andò poi all'Avanti di Milano, quindi al Corriere della Sera fino al Giorno, avanguardia sindacale dei giornali italiani. E da qui – ha riassunto – verso l'insegnamento universitario a Bologna, dove incontrò il gruppo della casa editrice il Mulino con cui poi fondò la rivista 'Problemi dell’informazione'.
Una storia, quella di Murialdi, che si intreccia con i principali avvenimenti politici che hanno fatto la storia recente dell'Italia repubblicana e del giornalismo italiano, oltre che del sindacato dei giornalisti italiani. «Anni di piombo ma anche di grande passione politica. In un contesto dove anche la situazione del mercato del lavoro era completamente diversa e dove anche i giornalisti erano in generale molto più sindacalizzati di oggi», ha concluso Emiliani.
«Poi a Rimini l'elezione a presidente della Fnsi al termine di un Congresso che ha visto protagonisti le Associazioni regionali di stampa e i Comitati di redazione», ha esordito Luciano Ceschia, segretario della Federazione negli anni in cui Murialdi ne fu presidente, che – dopo la proiezione di una videomessaggio di Nicola Tranfaglia – ha raccontato alcuni aneddoti sul Congresso di Rimini e sull'elezione di Murialdi, «persona seria e leale».
«Quello che mi ha colpito leggendo il volume curato da Giancarlo Tartaglia che raccoglie gli scritti di Murialdi presidente della Fnsi – ha poi detto il segretario generale Raffaele Lorusso – è l'assoluta attualità di alcuni dei temi che si dibattevano all'interno della categoria in quel periodo, e credo anche prima».
Nel confronto con il nuovo governo, ha aggiunto Lorusso, occorre «ripartire dall'articolo 21 della Costituzione, seguendo la direzione di marcia indicata dal presidente della Repubblica, e cioè che stiamo parlando di un bene, l'informazione, costituzionalmente garantito. Partire da qui per poi declinare altri temi, che abbiamo già messo sul tavolo con i precedenti governi, come lo statuto dell'impresa editoriale, la necessità di dare garanzie al cittadino-lettore sulla qualità dell'informazione, la regolazione dei conflitti di interessi, nuove norme antitrust, sostegno all'editoria e alle emittenti locali. E ancora: la riforma del diritto d'autore e l'accesso alla professione. Temi che in buona parte erano già nell'agenda di Paolo Murialdi e del sindacato 40 anni fa. La legge 416 del 1981 consentì di affrontare il passaggio epocale dal piombo alla composizione a freddo. Oggi serve una legge per governare la digitalizzazione e accompagnare imprese e mercato del lavoro nella fase di trasformazione».
«Un governo che ha a cuore la democrazia e l'informazione – ha proseguito il segretario della Fnsi – deve affrontare questi temi. In una fase di così profonda trasformazione, le istituzioni non possono tirarsi indietro, in Italia come in nessuna altra parte del mondo. Non chiediamo assistenzialismo né finanziamenti a pioggia. Cerchiamo solo di ottenere dal governo attenzione per il settore e l'impegno a difendere il pluralismo e combattere la precarietà del lavoro. Con il precedente esecutivo non si è potuto aprire alcun confronto. Del resto, se si pensa di poter aprire le interlocuzioni dopo aver disposto tagli e bavagli il confronto non può partire. Per questo è essenziale prima di ogni cosa cancellare il taglio al fondo per il pluralismo che provocherà la chiusura di testate e la perdita di posti di lavoro», ha concluso Lorusso.
La mattinata è proseguita con i racconti di Bernardo Valli e Alfredo Barberis; gli interventi di Raffaele Fiengo, che ha affrontato argomenti spinosi come l'allargamento della categoria, la manipolazione delle notizie in rete, la presenza dei giornalisti nei territori; e di Alberto Ferrigolo, che ha messo a fuoco i temi del ruolo dei Comitati di redazione e della frattura generazionale tra «gli 'anziani' ultragarantiti e i colleghi più giovani». A Ombretta Freschi, storica del giornalismo, il compito di chiudere il convegno con un ritratto del Murialdi scrittore, docente, studioso e storico del giornalismo e dei media, autore di libri e di numerosi saggi pubblicati, fra l'altro, nei numeri della rivista 'Problemi dell'informazione' che diresse per 22 anni.